Le pulizie domenicali, erano un vero incubo per me, ma mica ci avevo la colf! Non avevo neanche la golf, che tanto si usava a Genova, e i miei maglioni pungevano come vi ho già detto. Ma per rendere il dovere, un piacere, io usavo la musica. Non avrei sopportato di strizzare lo straccio senza cantare “non gioco più, me ne vado” o passare lo spazzolone senza urlare a squarciagola, “ Ancora ancora, ancora”, ma il meglio veniva quando pulivo il cesso sibilando “nessuno mi può giudicare ….nemmeno tu!”.
Mentre mettevo la cera, suonò il campanello, che siccome non suonava mai, mi sembrò un suono estraneo quindi suonò due volte. Non era il tanto agognato postino, era mia madre!
Il bagno con viakal era pulito, ma lei non si era fatta cinque piani a piedi per sincerarsene, quindi sentivo odore di casini. “Ah, “ faccio io, “stavo pulendo, entra!” “ ma cosa la passi a fare la cera, che magari scivoli e ti fai male?” fece lei entrando. Si era dimenticata, di quando a sette anni camminavo con le pattine per casa, e raggiungevo il cesso in derapage, perché la signora aveva passato la cera.
La casa era un po' desolante ma non abbastanza da giustificare quello sguardo, anche se i pensili della cucina ancora da pagare, giacevano sul pavimento in ordine sparso, “ senti, io non so proprio come puoi essere così”, le mani sostenevano una testa pesantissima di pensieri, e il gomito non era allineato al polso, facendola sembrare spezzata, mentre sperava che il tavolo reggesse lei e tutto il suo dolore.
Mia madre, aveva impiegato quasi tutta la sua vita a sopportare la normalità, a considerare i suoi coinvolgimenti emotivi o fisici, come doveri, ad assolverli con un certo scrupolo per un altro numero di anni, e a farceli pagare tutti ora che era rimasta sola. Per carità, io non nego che fosse stato un bel colpo, vedere nello stesso anno un matrimonio, un funerale, un divorzio, e la casa improvvisamente vuota, ma avrebbe dovuto essere un sollievo per lei, visto tutto il roccolare fatto negli anni su ognuno di noi, invece, ora non aveva più nessuno da incolpare, e molto tempo per pensare!
“ma cosa le dico?” mi ripetevo nella mente mentre facevo il caffè, e spegnevo mina, affinché non si rovinasse la giornata, “Così come?” mi sembrò una pessima idea, ma ormai le corde vocali avevano già vibrato, “a fare “la vita che vuoi fare” proprio non ce la faceva a chiamare le cose col suo nome
“ma guarda che mica mi faccio pagare eh?” dissi cercando d'essere di qualche conforto, e aggiunsi “ senti mamma, farò come hai fatto tu, solo che io ne sono un po più contento!” - sgomento e silenzio “quanto zucchero?” Quello sarebbe stato il momento perfetto per annunciarle la mia imminente partenza, e chiamare un ambulanza, ma non lo feci, mi sedetti lì con lei, e le dissi che non doveva neanche provarci a capire, perché io non avevo mai voluto capire cosa ci trovasse mio padre in lei, ero solo contento per loro più di quanto loro non lo fossero per loro stessi. “ma io e tuo padre, siamo un uomo e una donna!” che argomento convincente, pensai.
“ma mica gli unici sulla terra, in fondo, spero che papà non abbia vissuto solo di te, mamma, perchè se così fosse, allora la sua scomparsa si tingerebbe di mistero, per me!” Ciò che intendevo dire, era che, siccome litigavano sempre, e lei ci aveva infarcito le orecchie di lamentele, non potevo credere che “L'UNIONE NATURALE” bastasse a rendere tutto giusto, e quindi era probabile che se mio padre le fosse stato fedele, a 65 anni si augurasse una via d'uscita! Sapete quegli stupidi pensieri che si fanno quando sei infelice e insoddisfatto “ma che vita di merda, per vivere così....sarebbe meglio...”. Ecco, visto che gli ultimi anni, lui viveva in “esilio” in salotto, e lei in cucina, poteva forse averlo pensato? E se fosse stato esaudito?.In ogni caso, io che colpa ne avevo?
“Senti, mamma io vorrei solo provare ad essere felice, e lo sarei di più se sta cucina sparisse dai miei occhi, e con questo credo di rispondere ai tuoi dubbi”. Lei, non rispose, perché quando si scaricava, poi stava bene, ed era pronta a ritornare alla sua vita e a dimenticarsi di te. Lo faceva anche quando ero piccolo, si sfogava insultando sua sorella al telefono o mio padre, e poi non li cagava più! Infatti, si alzò dalla sedia e disse” vado che tra dieci minuti, passa il 50! “.
Chiusi la porta, con la serenità con cui forse mio padre chiuse gli occhi, quindi poca e riaccesi lo stereo. Donatella rettore cantava "Lamette”,
Qualche tempo dopo, la mia genitrice aveva avuto una brillante idea “ La nonna, è sempre più svanita, e siccome qua dice che non ci vuole venire, mi sa che dovrò andare io la, mica posso lasciarla da sola? “. C'eravamo,! La “ samaritana” aveva deciso di incamminarsi sul sentiero, solo che la mia, era "seriale" e il passante , prima di curarlo, lo infortunava di proposito.
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