I mesi passavano, e io ricevevo ogni mese un orsetto trudi della collezione streetbears, (in tutto 6), dal mio fidanzato. Sapendo che la collezione finiva al sesto, pensai di dovermi sbrigare.
A quel tempo, tutto il mio essere era proiettato nel desiderio di “rifarmi una famiglia”, e secondo la legge di attrazione, le cose si disponevano esattamente così.
Cosa mi portava verso lo stare in coppia? Perchè, invece, non assaporare fino in fondo la tanto agognata libertà?
Il vantaggio della diversità, è anche quello di avere più opzioni di vita possibile, rispetto alla condizione che ci vorrebbe tutti obbligati a riprodurci, pertanto a fungere da strumento caduco di diffusione dei nostri geni, abbiamo infatti grazie al limite imposto da una natura bizzarra o saggia, non saprei, il privilegio di pensare alla nostra vita come ad una esplorazione “non finalizzata.” Senza le pressioni esterne che riceviamo, questo sarebbe un modo più lussuoso di vivere, a mio avviso, ma la “colonia umana” che tutti ci comprende ma non tutti ci accoglie, condiziona tale libertà, spingendoci quindi ad una qualche definizione. Per tale motivo, ho individuato alcune tipologie di gay, in relazione al bisogno di coppia, o alla sua negazione totale. La mia osservazione della natura, che imprudentemente mi aveva “girato le spalle”, e l'amore per le favole, me le fanno immaginare così.
Le formiche, sono gay “operosi” di aspetto banale, che “militano” nei gruppi culturali e nei movimenti sociali. Organizzano modeste colonie e condividono i frutti del proprio lavoro. Generalmente impostano rapporti durevoli e solidali non senza divagazioni. L'atteggiamento è laconico,tendente alla pallosità.
Le cicale, sono gay “frivoli”, non amano riunirsi in colonie, ma sono parassiti paganti dello stesso nido, dotato di ogni confort, compresi saune e bagniturchi, e salette relax. Di aspetto sfavillante, si contemplano l'un l'altro per perfezionarsi, e raccogliere lusinghe individuali. Dichiarano l'intenzione di avere una relazione, ma la rifuggono appena possibile, in quanto affetti dalla sindrome di “c'è in giro di meglio”.L'atteggiamento è sempre un po' eccessivo.
Le api Regine, sono gay non sempre appariscenti nell'aspetto ma camaleontici e poliedrici. Non si riuniscono in colonie ma si incontrano tra loro spesso, amanti come sono delle comunicazioni. Costruiscono un nido accogliente e funzionale che proteggono da sguardi indiscreti, dove consumano ripetuti accoppiamenti tra una migrazione e l'altra. Amano circondarsi di attenzioni, e sanno essere protettivi. La coppia non trova posto in maniera durevole durante l'età “fertile”, e viene di solito rimandata alla tarda maturità, dove poi rischia di essere sostituita dai viaggi l'atteggiamento è “regale”.
I fuchi, sono i gay a cui credo di appartenere. I fuchi, non sono fichi. I fuchi hanno la fissa di farsi una famiglia, e per tale motivo sono sempre disponibili a fare “nido”e ad esserne poi sfrattati. Appartengono ad una categoria migratoria e nomade, capaci di grandi spostamenti per raggiungere il proprio scopo. Dopo l'accoppiamento, diventano quasi fastidiosi e pigri(capirai dopo tutto quel girare in cerca) in quanto la coppia decreta di solito l' esaurimento del proprio scopo. L'atteggiamento è implorante !
Le zanzarine, sono gay giovani, o immaturi che si muovono in sciami annuali e rumorosi attraverso le vie del centro, ronzando slogan e mostrando pubblicamente il “pungiglione, per poi sparire nel resto dell'anno dietro a cespugli nei parchi pubblici .
L'atteggiamento è noioso e l'ideale di coppia promiscuo.
Che siate formiche, cicale, api regine o fuchi, tutti siamo più piccoli dello spazio a nostra disposizione, pertanto la mancanza di confini può rendere il territorio vasto e per lo più inesplorato. Io, non avevo l'animo della giovane marmotta, inoltre, pare che gli esseri umani sprechino gran parte del loro tempo sulla terra, nel compensare il senso di perdita provato prima. Non feci eccezione alla regola, quindi volevo dimostrare, che una coppia “diversa” si poteva formare con ugual dignità rispetto alle coppie cosiddette “normali”. Questo non aveva a che fare con l'amore, ma con una spinta idealistica, e una certa dose di lotta sociale a noi genovesi tanto cara.
Claudio, era una persona amabile, e provai per lui un sentimento onesto, ma rappresentava anche il “mezzo” tramite cui ottenere conferma del mio valore, il pensiero magico poteva essere questo “se lui accetta di vivere con me, allora io valgo davvero, e la mia famiglia si sbagliava”.
La volontà di dare torto a chi mi aveva imposto un “segno meno”, pesò non poco sugli eventi, forzandone il corso.
Lui, dalla sua parte, probabilmente faceva pensieri simili, e siccome la suddetta legge di attrazione è infallibile, i nostri pensieri crearono una realtà oggettiva, materializzarono un progetto, che dava a ciascuno di noi il proprio tornaconto!
La decisione di frequentare quella scuola, era il suo alibi per giustificare l'uscita da casa, io la sua sicurezza nel farlo. I momenti di grande disagio che vivevo con la mia famiglia, mi spingevano a desiderare di non incontrare più nessuno. Nessuno che col suo sguardo mi accusasse, o mi compatisse. Mi dicevo che se me ne fossi andato, il tempo avrebbe reso per tutti meno doloroso il suo passare, per l'ennesima volta caddi nel tranello di essere io a risolvere il problema. La convinzione di averlo creato, sottilmente si era radicata e faceva il suo lavoro.
La caratteristica principale di Claudio era la “travolgenza”. Come nessuno, lui sapeva dare l'incerto per certo, ed in questo possedeva più potere di quanto ne immaginasse.
“Bambi,( per bambino) domenica andiamo a Milano, devo portare i soldi dell'iscrizione, e ci facciamo un bel giretto!”- mi annunciò con entusiasmo.
Di entusiasmo ce n'era ben poco nella cucina di sua madre, dove lei e la zia Tina non contenevano le lacrime. In fondo, i ruoli tra figlio/genitore, qualche volta si invertono, e loro sembravano bambine abbandonate dall'unico oggetto del loro amore e ragione di vita.
“ghe lù dito, mia Cloudio, aspeta in po..”- “ ma ti sé, u cria e alua ghe diggu vanni dunde t'oi “( glielo detto, Claudio guarda aspetta un po', ma lo sai, lui grida, e allora gli ho detto vai dove vuoi)
mi sussurrava in cucinino, mentre la consolavo. “Quellu garsunin, ne fa muì”( quel ragazzo ci farà morire) aggiungeva la zia, mistificando la paura con una finta rabbia. Io, non sapevo proprio come mitigare quella pena, perché non l'avevo mai vista negli occhi di mia madre, quelle donne, erano impaurite non contrarie alla felicità del figlio, ma impreparate al cambiamento. Sembrava che nulla avesse potuto placare l'irrequietezza di quell'anima mite, a nulla era valsa l'accettazione dei suoi genitori, i vestiti da donna che la zia Tina stessa, gli confezionava, ora per carnevale, ora per uno spettacolo, a nulla l'accogliere in casa, il suo compagno, e accettare di saperci amanti rumorosi in camera sua, con il loro permesso. Ma l'accettazione e l'apparente resa ai suoi desideri colorati, e la gioia di saperlo felice con qualcuno, erano parte del giusto amore incondizionato di una vera famiglia. Per tale motivo, se ai miei occhi, lui mi sembrava ingrato ed esigente, di fatto non lo era. Lui voleva che loro fossero fieri di lui, e anche lui sentiva di doverli rendere tali con qualcosa di più della “normalità”, mentre io non trovavo proprio il modo di farlo.
“Dai, bélin non fate così!” ci ingiunse un Claudio trionfante, “quando sarò diplomata, a te zia, ti trucco da troia, e a te mamma da diva di Hollywood!”, poi fece urlare una con un pizzicotto, e abbracciò teneramente l'altra, mentre io piangevo di gioia.
Questo era Claudio in quei giorni, croce e delizia di noi che l'amavamo!
Passammo il resto della giornata, lì nella vigna a far progetti, fino al tramonto dove milioni di lucciole ci circondavano tra i tralicci. Davvero non potevo immaginare niente di più romantico del cielo stellato e della terra pulsante di altrettanta luce, luce che, rendeva i contorni dei nostri corpi sfumati in un tutt'uno!”ti amo, Bambi”.mi sussurava insieme a promesse.
Forse l'amore è altro? Non lo so, a me sembrava molto simile alla sensazione di pienezza che cercavo, e anche se Claudio aveva la bazza, era metà di me d'altezza, e pieno di orpelli, io lo vedevo “azzurro” come nessuno. Non ci restava che comunicare alla Mari la lieta novella.
Ciao Fabrizio, allevo fuchi e api regine e questa storia mi è piaciuta molto.
RispondiEliminaBuona vita!