lunedì 6 settembre 2010

"indovina chi viene a cena?" Ge-Mi storia banale di un gay speciale cap 9



L'appartamento pur trovandosi sotto il livello della salita, era molto luminoso, e la luce mostrava un velo di polvere qua e là sulle superfici lisce dei mobili, e questo mi metteva a mio agio. C'erano voci e musica provenienti da una delle camere, e almeno tre gatti in posti diversi. La Betta mi fece gli onori di casa, presentandomi i suoi tre fratelli, Enrico, Manuel, e il piccolo Edoardo,dopodiché mi presentò sua madre. La signora Mennella, era in cucina, e si volse sorridendo come se mi avesse sempre conosciuto, scusandosi del casino, e rimasi lì con lei mentre la ragazza si lavava i capelli.

La cucina dava in un giardinetto con poche piante, ma con una bella vista. “Nigel, scendi giù dal pensile!” esclamò la signora con poca convinzione, e aggiunse “in questa casa, fanno tutti quello che vogliono..ti faccio un caffè?”- “ Piacere, fabrizio, grazie sì!”. Poggiò la moka sul bordo di un lavandino colmo di stoviglie da lavare...e si sedette con me, accendendosi una sigaretta. Io amai la sua tranquillità, nel concedersi quel tempo nonostante l'evidente stato della cucina, e pensai che fosse eccezionale. “La betta, mi sgrida perché fumo troppo, tu fumi? Mi farebbe comodo un complice” -” Certo, signora,volentieri...” e ne accesi una, convincendo Nigel a scendere dal pensile, “chiamami Maria ok?” - “ok io sono fabrizio”.

Non so se il mio lavoro fece felice quella ragazza, ma io lo ero quando la Mari, mi chiese di rimanere per cena. La mia educazione mi imponeva di dissimulare tale piacere, con una serie di convenevoli, ai quali ella pose fine con una carezza, “guarda che qui siamo abituati ad avere ospiti, infatti i piatti non sono tutti uguali, così come i bicchieri e le posate! E poi, se ti fa piacere, mi darai una mano”.

Saranno state le sei del pomeriggio, e all'arrivo dell'Ingegner Maggi, mancavano almeno due ore, che io e la Mari, passammo nel fresco giardinetto. Io, sentii di doverle dire il più possibile di me, di aprirmi, o forse, avevo bisogno da così tanto tempo di essere ascoltato, che le parlai di me, della mia condizione, del matrimonio, della adozione e così via. In altre condizioni mi sarei suicidato subito dopo, una simile libertà, ma quella sera, era magica, lei mi ascoltava, non come una madre, né ancora come un amica, piuttosto come un altro essere umano, che riconosce nei suoni dell'altro e nei suoi gesti, la propria stessa natura. Sotto gli occhi obliqui di Nigel, Calais, e Lulù(che scoprimmo poi essere maschio) due anime suggellavano un patto di verità, di accettazione reciproca, o più semplicemente, si ritrovavano. Lei mi raccontò della sua gioventù londinese, o di quando mentì ad un colloquio di lavoro circa il desiderio di sposarsi,(infatti lo fece il giorno dopo l'assunzione), del girovagare di quella famiglia itinerante, infatti, durante la carriera del marito, avevano abitato ovunque la multinazionale per cui lavorava, avesse ritenuto di mandarlo per svolgere il suo compito, tanto che la Mari, partorì il suo ultimogenito sull'isola di Aruba, e di come essere stata figlia di un padre dongiovanni e di una donna troppo mite, le avesse creato non pochi problemi.

L'ingegnere, arrivò per le otto, e salutò come si conviene moglie e figli, mi strinse la mano e venne informato della mia presenza a tavola! Sembrava canticchiare nel dire “ ma certo, mi fa piacere”, ed effettivamente, la sua voce era un po' alta e nasale. “non farci caso fabri, ha la voce da checca, ma ce l'ha sempre avuta!” disse lei leggendomi il pensiero e permettendomi di ridere liberamente.

Roberto era un uomo sulla cinquantina forse più giovane, ma di aspetto non proprio glamour. Portava spessi occhiali e questo, unitamente ad un capello impomatato, aumentava di molto il suo potenziale comico, ma la bontà di quella persona, era emozionante davvero. Non mancò di chiedere ad ognuno circa l'andamento della giornata, si complimentò con la moglie per la cena, e mi fece garbate domande di ordine generale. Poteva sembrare un po' formale ma era torinese di origine, e la mari sosteneva che quello era il suo modo di fare ordine nel casino di una famiglia, generata dall'amorevole caos di una donna come lei”. Voler male a quell'uomo era impossibile, non c'era nulla che lo giustificasse, ma i suoi figli rispondevano alle sue domande con monosillabi

Il grande, Manuel un bellissimo ragazzo con laceranti occhi azzurri, e capelli biondi, mugugnava qualcosa a fatica, Enrico altrettanto bello ma moro, faceva qua e la un “Minchia pà! Che storia!” la Betta, era silenziosa e non sembrava amarlo molto, ma in realtà aveva intuito anzitempo un certo andazzo ..e si mostrava cauta nelle parole, e fulminea nell'osservazione. Edoardo fingeva di avere appetito, e sperava che io fossi un X-files, mentre la mari, tra portare in tavola e sparecchiare, evitava la cena e fumava di nascosto!

In seguito divenne il nostro modo di comunicarci le emergenze. Trovare una sigaretta accesa in cucina, durante una cena, faceva capire a tutt'e due che dovevamo dirci qualcosa di impellente!

Dopocena, la truppa si disperse, il marito si addormentò e noi eravamo ancora insieme ben svegli e con le idee chiare! Dopo qualche giorno, andare dalla mari, era diventato naturale ancorché quotidiano, così come uscire qualche volta a passeggio.

L'armadio della mari, sembrava essere appartenuto a una legione di donne, tutte diverse tra loro (la mari era più alta di me e il suo peso ,era nel tempo, andato verso tutti gli estremi), ci trovavi dalla gonna della catechista di Novara,( di panno grigio oltre il ginocchio) alla mini gialla della ragazza del Piper, dalla giacca bonton, al fai da te, e non avresti mai pensato di vederla vestita bene. Invece, la ragazza, aveva un talento nel mescolare le cose, che le conferiva uno stile piacevole, specialmente con la maglieria e con gli accessori. Fu lei che anticipò la mia vena gitana, e ancora lei a praticare l'etnochic, anzitempo.

Del resto avendo viaggiato così tanto, dovette imparare in fretta ad assomigliare alle signore ora novaresi, ora torinesi, ora genovesi, o arubane, quel tanto che bastasse per sopravviverci in mezzo.

Ma la cultura non le faceva difetto, aveva preso due lauree in teologia, prima di essere ingiustamente accusata di essere l'amante del don Ettore,(solo perché insegnava catechismo partendo dal dubbio e non dal dogma), conosceva l'antiquariato e anche l'arte in genere, la letteratura, e i lavori manuali. Cuciva alcuni pezzi del suo guardaroba leggendo Neruda, o cucinava manicaretti commentando classici del Liberty o del Déco, ma anche scoreggiava volentieri e qualche volta quando la facevo ridere troppo a lungo urlava “Bollataaaaaaaaaaaa” e correva in bagno! Cosa poteva mai trovarci una donna così in un gay secco con la terza media?

Io non lo sapevo, ma mi confessò che era tutta colpa del Mauro Lancia, e dei miei occhi!

Il Lancia era stato un suo grande amore di gioventù, nella Camogli degli anni 60...che non fu libera di amare, e che morì prematuramente, e pareva che quando mi vide per la prima volta, credette di rivedere i suoi occhi, e non potè fare a meno di fare qualcosa per trattenerli ancora un po'..

Uno dei nostri divertimenti maggiori, era raggiungere la Spianata Castelletto, a piedi scimiottando i discorsi delle signore bene, “signora, sono andata da Pescetto a comprare un foulard, ma non facevano le consegne, e sono veramente stanca, e lei?”- facevo io - “Ma guardi, io ho ricamato tutto il giorno, poi ho fatto un bocchino a mio marito...così per la sera mi sono portata avanti, e posso leggermi Burda in pace”- faceva lei - “Ha provato a bere un prosecchino prima di fare il suo dovere coniugale? ..guardi che rinfresca!”....,continuavo, e scoppiavamo a ridere, appoggiati alle ringhiere della panoramicissima spianata. Come pubblico, solo i tetti delle case sottostanti, e le gru curve del porto in lontananza.

Le raccontai di Claudio, e della mia esitazione ad impegnarmi con lui, e lei ascoltava senza mai pensare di impormi la sua opinione, ma mi suggerì di invitarlo a cena da lei, tanto per farsi un idea, e io approvai. "Non è che per tuo marito, due gay a cena, saranno un pò troppi?"- dissi perplesso " -"Non lo conosci ancora bene, fabri, Roberto non cena mai con la stessa famiglia, e comunque siamo troppi da sempre, sapessi quanto ho desiderato che uno dei miei figli fosse come te! E invece ho due granatieri e una scienziata "- " Forse non tutto è perduto ", le dissi, "c'è ancora Dodo". lei sorrise e disse "l'altro giorno è venuto da me con un foglio dove aveva scritto Mamma ti voglio bene, anche se" scureggi " non nutro grosse aspettative. Comunque a roberto dirò come al solito, indovina chi viene a cena?"

Non ce lo vedevo Roberto come lo Spencer Tracy della situazione, ma la mari era troppo Hepburn, e anche se io non ero nero, la mia differenza non faceva rumore in quella casa!

Il giorno convenuto fui lì da lei, già al pomeriggio, ma in casa al posto del solito andirivieni c'era un silenzio immobile.........to be continued



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