Il comune di Manesseno, domina le colline di Genova ovest, e man mano che si sale, i palazzi si diradano facendo posto a più gradevoli abitazioni singole, molte delle quali appartengono di famiglia ad alcuni genovesi scesi a valle nella più servita città. I signori Pedemonte, insieme a poche altre famiglie, vivevano lì tutto l'anno, formando una piccola comunità agricola. La loro casa, era circondata da un piacevole appezzamento di terreno(in verità tutto il fianco collinare fino giù al torrente)coltivato prevalentemente a vigneto, nella fascia più ripida e soliva, e a terrazze secondo la tradizione ligure, nella parte più raggiungibile dalle donne di casa, dove freschi ortaggi crescevano rigogliosi. In questi luoghi e nei fitti boschi circostanti, crescono il pino ligure, i lamponi selvatici, ma anche erbe utili come la pimpinella, e la polmonaria. Quest'ultima dalle foglie pelose è utile per preparare espettoranti, ma anche per ricette gastronomiche, in quanto parte della famiglia delle Boraginaceae.(parenti delle bietole).
Tutto sommato, l'apparente asciuttezza della mia terra, nascondeva un cuore generoso, per coloro che la conoscessero più profondamente.
Altrettanto generosa, era la tavola della signora Maria, la quale superò brillantemente lo stupore della mia vista, con un garbato rimprovero al figlio, dicendogli, “claudio, se mi avessi detto che veniva qualcuno mi sarei tolta il grembiule!” e aggiunse con un sorriso, “prego si accomodi, mi chiamo Maria”.
Le strinsi la piccola mano nodosa, ma morbida, una mano che non lesinava sforzi pur non essendo pesante, ed entrai.
Claudio era il re indiscusso di quel castello, o meglio, la Regina. “ciao, zia troia” lo sentii dire poco prima di udire uno strillo acuto come di una bambina.
I miei passi imbarazzati, mi portarono al ciglio della porta della grande cucina dove una signora seduta si sporgeva col busto in avanti per scorgere il nuovo arrivato. Assuntina detta Tina, era la sorella del padre di Claudio, e viveva con loro da sempre insieme all'altro fratello Giuseppe.
Mi ci volle un attimo per cogliere in quella figura la disarmonia dei movimenti, in quanto la zia Tina, o zia troia, come la chiamava il nipote, era affetta dalla poliomielite incrociata sin dall'età di sei anni,(claudio era solito dirle “meno male zia Tina che sei sciancata se no facevi la bagascia, e lei le rispondeva Bagasciun, che per loro voleva dire ti voglio bene, sì anch'io) per cui un braccio e una gamba erano incapaci di alzarsi oltre il gomito l'uno, e di sostenerla in piedi, l'altra. Ma in quanto a spirito, Tina aveva una vitalità travolgente tipica dell'infanzia, acuita dalla capacità che spesso contraddistingue i “meno abili”,di intuire l'ipocrisia degli altri. I suoi occhietti penetranti non mi mollavano un secondo, intanto che, claudio e sua madre si prodigavano per mettermi a mio agio. La signora maria, girava il “toccu”(sugo), sponsorizzando il figlio, come per convincermi della sua bontà, e per giustificarne l'aspetto non proprio conforme a quello del classico bravo ragazzo, ma lo faceva a voce bassa, e la zia Tina, ormai esauriti i 5 minuti di diagnosi, mi palesava approvazione raccontandomi che suo nipote non era stato molto fortunato in amore. Credo volesse ammonirmi dal prendermi gioco di loro, ma io non ne avevo affatto intenzione.
Mangiammo al rientro del padrone di casa e suo fratello Giuse più introverso ma dagli occhi buoni.
In questo piccolo gruppo familiare si respirava un amore incondizionato, forse un po' rassegnato, ma pulsante per il proprio figlio, e la cima genovese era il giusto piatto per una festa. Se qualcuno sia stato in ansia non me ne accorsi, ma dopo pranzo, Claudio mi invitò a vedere il giardino, e sentii dalle finestre le due donne parlare eccitate....e la zia Tina terminare il discorso con un incoraggiante “Mai ben, Maria, me pà un brao garsonin”!(Sono contenta Maria, mi sembra un bravo ragazzo).
Seppi molto dopo che era la prima volta che Claudio portava a casa un “fidanzato” e la cosa si faceva seria........! to be continued
Ma le emozioni si sovrapponevano, il cenerel-lietofine sembrava pararsi al mio orizzonte, finalmente, e cosa puoi fare quando stai per fidanzarti ufficialmente?
Le brave ragazze incontrano le amiche, raccontano loro tutto l'accaduto, accettano gli auguri e le raccomandazioni, “quelle” come ero io, se la fanno sotto e vanno a fare danni in discoteca.
Una discoteca dovrebbe essere un luogo dove chi ama ballare si riunisce e socializza, ma per noi ragazzi gay a Genova, quell'unica discoteca era un tempio, un luogo dove varcata la soglia ogni ancella sceglieva o veniva scelta, dal suo centurione, non senza l'aiuto di qualche drink!
Anche lì bisognava scendere le scale (un giorno scoprirò la relazione tra scantinati e omosessualità), ma l'aspetto divertente è che quella scala ,era l'anticamera del “concorso”, uomini e ragazzi stavano in piedi ai lati, affinché le miss entranti, potessero passare sotto gli occhi di tutti. Scendere quella scala ti permetteva di valutare il punteggio iniziale del tuo sex-appeal, ed era terribilmente eccitante.
Essendo una new entry del locale, godevo di una certa attenzione, si sa, le facce nuove ….inoltre, le luci psichedeliche di scarsa qualità, mi irritavano gli occhi dandomi un aspetto misterioso.
La folla ballava al suono dei successi dance di quegli anni, alcuni sodalizi si “stringevano nella penombra dei separè, altri nei soliti cessi. Io avevo una tecnica tutta mia per rendere proficua la serata. Considerato che non avrei sopportato di non essere cagato da chi mi piaceva sul serio, e che la mia autostima non superava in altezza la tana di una talpa, io guardavo quelli che mi guardavano!
Per tale motivo, non potevo scegliere fino a quando non avevo almeno tre o quattro uomini che mi sorridessero(che sta per mano sul culo).Non accettavo mai che mi offrissero da bere, per evitare di assumere qualche droga senza saperlo, e la mia coca cola si sgasava col mio entusiasmo iniziale, nelle serate no. Niente sesso nel locale, perché anche se il brivido è interessante, l'igiene lo è di più, niente gruppi, niente proseguimenti a casa di tizio, insomma, tutto ciò con cui me ne volevo uscire era una bocca gonfia di baci e un appuntamento !
Non avevo allora, e non ho mai avuto, un profilo da cacciatore, ma non ero neanche una vera preda.
Io negli uomini ci inciampavo!....to be continued
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