martedì 7 settembre 2010

"metti una sera che,,," Ge-Mi storia banale di un gay speciale cap 10



Erano tutti usciti, e io e la mari ci godevamo l'eco delle fusa dei suoi gatti altrettanto contenti di non doversi rifugiare in qualche pertugio, per sfuggire al consueto traffico umano. Caffè, sigaretta in pace assoluta, e parlando sottovoce pensavamo al menù.

Non era mai un problema il cibo a casa Maggi, perché le manine sapienti della padrona di casa si tuffavano abili in volute di farina, che diventavano torte salate, focacce o farinate in un batter d'occhio. Forse cucinare non era per lei una passione, ma una logica conseguenza dell'amore. Chi ti ama ti nutre, senza eccezioni, materialmente e moralmente, e lei, anche se stanca morta, non ti negava mai il suo amore! Inoltre lo faceva con grazia, con ironia, con nessuna preoccupazione per la quantità dei pellegrini accorsi al profumo della tavola. Un amore fragrante di maggiorana, e fresco come un sorriso.

Enrico il bello, tornava da fuori, e salutò sua madre con un flebile “ciao, mà”! Era poco loquace, ma un vero rubacuori, solo che quel pomeriggio sembrava corrucciato.

“che ha?” - chiesi, “Mah, c'è una della scuola, che gli si è appiccicata, e non chiedermi perché, non riesce a farsi mollare, lo sentivo raccontarlo a suo fratello”, rispose la mari, aggiungendo “tra l'altro è strano perché di solito è piuttosto brusco se non gli và! Certi vaffa, al telefono li sento fino in cucina!”.

“Enrico, quella maglia sarebbe da lavare se ti decidessi a toglierla!”- “Non rompere” la risposta.

“Allora mari, claudio viene per le otto, dopo il negozio, sono curioso di sapere che ne pensi” dissi stupidamente preoccupato che potesse non piacergli “Dimmi una cosa, tu sei felice?” - “non saprei, ma sto bene con lui”. Le domande sulla felicità mi hanno sempre confuso, non ero abituato a chiedermelo, né sapevo fino ad allora cosa fosse per me.

“ci sarà anche mia madre, Roberto la porta qui tra poco”. Mi prese un colpo! Va bene i figli, il marito già mi pareva un miracolo, ma pure la nonna! Sarebbe stata sufficientemente forte di cuore?

La Tilde era un donnino, magro, che la vita, insieme ad una bella artrosi,e una discreta collezione di corna, avevano lievemente piegato. Sposata al sciù Mennella detto Beccia,(sinonimo dialettale di dongiovanni), ad una riunione di condominio, qualcuno lo propose come consigliere, ma avevano un vicino che faceva Besca di cognome, e per contrastare l'entusiasmo degli astanti, e defilarsi dalla carica, il papà della Mari aveva esordito così ”Ma femmu consigliere lì u sciù Beccia!”,(ma perché non facciamo consigliere il signor besca) e la Tilde, che era timida come un riccio, gli sussurrò “Besca, si chiama Besca!” aggiungendo con un sottile risentimento per le scappatelle del marito “U sciù Beccia tei ti”(il dongiovanni sei tu!). Quando la mari partì per Londra, non fu l'unica a far la valigia, suo padre, aveva avuto la brillante idea di fare lo stesso, lasciando la povera Tilde sola con i suoi pensieri.

La cena si fece, e fu come la vita, mai come te l'aspetti! Cladio era caduto nel suo profumo preferito, rendendo la pasta al forno, una pasta N°5, la passione ci travolse in cucina, ignari del passaggio della Tilde che disse alla figlia “Mia mari, nu saivo che anche i bulicci se bagian in ta bucca”(guarda maria, non immaginavo che anche gli omosessuali, si baciassero sulla bocca), Manuel consigliò ad Enrico di telefonare alla ragazza appiccicosa, e con una scusa propinarle lo show famigliare, assicurandogli l'effetto desiderato, la Betta, era “antropologicamente” euforica, e ridacchiava in continuazione, il padrone di casa parlava ma il suono delle parole ricordava pitupitumpa, e lei, la mari, guardava il mio futuro fidanzato con tenerezza e approvazione. “Non ti raggiungerà mai mentalmente, ma il suo cuore è sincero, come il suo eccessivo uso di orpelli, sarete baraccone e felici insieme”!

Ebbi la benedizione che cercavo, e io e claudio quella sera ci fidanzammo “dal basso”.

Che relazione c'è, tra il sesso fra due persone e il loro legame? Un denominatore comune nei gay, è la forte carica possessiva dei rapporti di coppia. Non so se questo, dipenda dall'infiltrazione di elementi narcisistici in un rapporto tra “stessi”, o se le pressioni esterne, esigono una maggiore coesione. In ogni caso la fisicità nelle nostre coppie è vissuta generalmente, come conferma del sentimento, e la si vive con grande intensità. Io, di intenso, avevo solo l'imbarazzo di un corpo sgraziato e di un educazione pudica e repressiva, quindi credo che il mio fidanzato abbia fatto l'amore da solo per un bel pezzo. Ma nonostante questo, la sua pervicacia nel continuare a desiderarmi, mi spinse ad osservarmi con i suoi occhi(i miei li tenevo chiusi) mentre mi restava accanto nel mio labirinto. Il senso di appartenenza trovò terreno fertile per crescere e questo rimase per me indelebile. Il senso dell'unicità di ciò che accadeva tra noi, era ciò che lo rendeva importante.

Non era di certo la mia prima volta, ma come ebbi modo di capire poi, nell'arco di una vita intera, ci sono molte “prime volte”!

Tornando a casa, passai dal mare, e lanciai un sasso, affidandogli le mie emozioni, mentre le barche ormeggiate di Boccadasse, si scontravano spinte dalle onde, come comari che si sgomitano, per l'ultimo pettegolezzo!

To be continued.




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