Se c’è una cosa che mi è sempre piaciuta sono gli uomini. Croce e delizia del genere umano a cui sembrano appartenere, gli uomini sanno sempre farti dubitare proprio di questo e siccome, ho sposato il teorema che sia meglio il dubbio della certezza, ecco che l’uomo per me, è diventato nel tempo il più appassionante soggetto delle mie curiosità. Forse dovrei dire i maschi dato che uomini è ciò che si diventa, ma poi tutti i maschi diventano uomini?
Questo annoso problema fu il più ricco paniere di dubbi nel quale saziare la mia fame di risposte ed infine, il mio personale modo di ovviare, essendo maschio a mia volta, all’angosciosa responsabilità di “diventarlo”.
Certo, un significativo contributo alla perizia della mia investigazione me lo ha dato la natura che mi ha voluto precocemente incredulo sulla storia “delle patatine e dei pisellini". Come tutti i maschi del resto, ho passato più tempo col mio Pisellino in mano, che con il libro di grammatica e tantomeno, con le patatine di Tizia e Sempronia che, a parte quell’età in cui le femmine si alzano le gonne da sole, non ho mai più visto tanto facilmente. Tra l’altro alla stessa età, le femmine per me, erano quelle “senza” e invece di fantasticare come i miei amichetti, sulla natura di quel vuoto, io persi irrimediabilmente l’interesse.
Ero un bambino pratico, perciò non capivo perché dovessi darmi pena per una misteriosa creatura a cui mancava qualcosa, ma essendo sensibile sviluppai una certa dolcezza per quelle creature coi fiocchetti che non avevano, a mio avviso, niente da torturare per superare momenti di grave incertezza sul da farsi. Credevo che per questo, le femmine, si riunissero tra loro in gran numero finendo per tirarsi i capelli e piangere. In un certo senso, mi sembravano tutte uguali tant’è che, visto che nessuna di loro ce l’aveva e questo lo sapevo da mio fratello, decisi di sceglierne una come amica che avesse qualcosa che le altre non avevano. Gli animali mi sono sempre piaciuti perciò io, Patrizia e i suoi pidocchi, diventammo amici. Durò il tempo di un paio di settimane e due shampoo al catrame che distrussero le mie immediate relazioni sociali di già precarie.
Quando ero ancora maschio ma non ancora uomo, presi molto seriamente l’ammonizione materna a “ non toccarmi”, forse anche perché il tempo passava e la gente intorno a me non era più divertita come prima dal vedermelo fare di continuo, anzi, mostrava segni di fastidio e riprovazione. Lo feci talmente scrupolosamente che alla ingiunzione di lavarmi rispondevo lavando tutto tranne quello. Le madri non sono mai contente, perciò se i miei indumenti risultavano troppo sporchi, la mia, nemmeno credeva che mi fossi lavato…ma voleva credessi alla storia della cecità, valle a capire tu. Una cosa era certa, non ero più bambino.
Le femmine, quando mi scappava di darmi una strizzatina, scappavano dicendomi cose brutte e le anziane mi apostrofavano. Che rimane ad un maschio in quel periodo? I suoi amici.
Altri maschietti puzzolenti che si schifano delle femmine solo perché li schifa di più il sapone, e coi quali si poteva allegramente fare i rutti, la lotta e tirarsi il coso sentendosi fieri di essere tra quelli che “ce l’hanno”e se possibile, meglio se più lungo degli altri.. Che momento meraviglioso che è quello per i maschi! D’accordo, non saremo uomini ma chi ha fretta di fare, come loro, le smancerie alle ragazze e di profumarsi come femmine per poi non poter giocare a rigori perché loro si annoiano? Io di sicuro non ne avevo, ne tantomeno presi bene il defilarsi progressivo dei miei amici dal “club delle puzzole” come ci chiamava ,mio papà. Che rimane ora ad un maschio non più bambino, neanche uomo e senza amici ? Non ve lo dico neanche, arrivateci da soli.
Al ciglio del gran burrone, dove gli implumi maschi si lanciano attratti dallo starnazzare delle femmine, io, che non avevo orecchio musicale, rischiavo solo di sfracellarmi al suolo della dura verità: che le femmine non mi piacevano abbastanza da rischiare le penne! Venne il tempo delle spiegazioni e compresi con una disgustosa visione longitudinale, presa dall’enciclopedia medica, che le femmine non erano proprio senza niente ma che a differenza nostra erano più brave di noi a nascondere la loro natura. Come molti di noi dopo questa spiegazione mi toccai ma con motivazioni diverse credo. Per fortuna c’era l’ora di ginnastica dove potevo ritrovarmi tra gli amati miasmi dei miei compagni e dove Giovanni, con le sue mutande gonfie che al confronto tutti noi sembravamo femmine, cominciò a rendere alquanto disagevole lo studio del flauto nell’ora di musica. Ebbi un momento di grande celebrità in quel tempo anche tra le femmine, poiché, fui il primo a radermi tra i miei compagni maschi. Mi parai davanti alle mutande gonfie di Giovanni col mio labbro superiore depilato al profumo di mentolo, in attesa della sua approvazione ma purtroppo, l’odiosa Gilda, aveva fatto sapere a tutti che si faceva la stessa cosa sulle gambe. Cosa potevano i miei tre peletti sotto il naso contro la lunga gamba di colei che mi soffiò l’interesse di Giovanni?
Non erano le femmine ad essere senza qualcosa, mi sbagliavo, lo erano i maschi. Ricordo di aver pensato: i maschi con le mutande gonfie a cui piacciono le ragazze, nascono senza cuore? Almeno le medie erano finite e le superiori, si annunciavano come un ingresso nella società dei maschi quasi uomini. Società alla quale mi approccio come un imbucato ad una festa, con la paura cioè, che qualcuno avrebbe scoperto la natura tarocco del mio invito e mi avrebbe cacciato fuori a calci in culo.
Per fortuna un paio di occhi azzurri vennero in mio soccorso.
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