mercoledì 27 settembre 2017

Maschiario: cap 5 Parco della Vittoria

“Devi farlo quando ti senti pronta, con qualcuno con cui ti senti a tuo agio e che ami, perché la tua prima volta te la ricorderai per sempre perciò è importante”.
Nella migliore delle ipotesi era questo il consiglio che si dava alle ragazze quando, una volta scoraggiato il più possibile l’evento, bisognava rassegnarsi alla volontà della natura. E ai maschi?
Se le ragazze venivano protette, a tratti persino impedite al grande passo per la vita adulta, i maschi, ci venivano lanciati come palle in buca: con un colpo secco. Nessuno ti avrebbe chiesto come ti sentivi o come si sarebbe sentita lei, meno che mai lui,  l’importante era far capire a papà che eri come lui e agli altri uomini, che eri uno di loro.

Nessuno ti parla della tua prima volta, di come dovrebbe essere e nessuno, vuole sentire che non ti senti “pronto” se nasci maschio, come se la natura ti avesse fatto pronto solo perché nasci con un coso a penzoloni, invece che con una cavità. Tu non sarai invaso, sarai l’invasore fiero, l’esploratore audace, colui che possiede per diritto naturale la chiave di una porta che altrimenti non si aprirebbe alla vita. I maschi non ce l’hanno una prima volta, o meglio ce l’hanno uguale a tutte le altre volte, perché a loro è concesso il lusso di  non subirla. Di non perdere nessuna innocenza testimoniata col sangue. Nessun ragazzo direbbe mai che l’ha disgustato o che non è stato poi un granché perché non troverebbe altro che sospetto e riprovazione. La cosa è semplice, basta continuare a ripeterla finché campi, col maggior numero di donne  possibile senza porsi altra domanda che queste: chi è la prossima? Mi piacerà di più?

Nessuno di noi aveva un padre gay a cui chiedere o dal quale sentirsi dire: sono fiero di te. Se c’era uno zio non sposato ne fidanzato, la cultura famigliare lo compativa e di solito, lo ammantava di  altre qualità alle riunioni canoniche, o semplicemente, lo si diceva “tanto affezionato alla mamma”, quindi di certo non ti sognavi di chiedergli più del nome di un buon sonnifero.  A chi nasceva come sono nato io, toccava improvvisare, la nostra si, che era una prima volta di quelle vere ma anche nel caso ci fosse stata, non potevi contare su nessuna approvazione perché il solo sospetto che la tua prima volta sarebbe stata “QUELLA”, sarebbe bastata a ricevere ben altro che il pass per il mondo degli adulti e una pacca virile sulla spalla: dottori, preti, esorcisti, mignotte e amici di tuo padre col quale “recuperarti”, solo nella migliore delle ipotesi. Non c’è da meravigliarsi dunque se, alla vaga idea della propria differenza nel mondo, a quella sensazione di essere un cazzo di punto e virgola tra i consueti linea e punto che ti circondano, non provi altro che imbarazzo e una pietrificante paura che non ti succeda mai, come anche che stia per succederti.

Grazie al cielo la società degli adulti ha molto da offrire ai ragazzi, specie se maschi, perciò c’è sempre un “amico di famiglia” pronto a chiarirti le cose. Uno, che è cresciuto nel mondo dei maschi e ha fatto tutto per benino, che ha una moglie e dei bambini ma che ad un certo punto, sente il dovere di fare qualcosa per te. Data la sua tessera di “maschio certificato” e dato che tu sei un maschio, generalmente, il fatto che ti avvicini non è considerato sconveniente, come lo sarebbe se avvicinasse una ragazza, anzi, succede persino che i genitori lo considerino un insperato aiuto in un caso difficile. Lo fa, con vigorose pacche e battute da osteria al principio,  tenerezze dure che si addolciscono solo quando nessuno vede. Uno che non desta alcuna preoccupazione circa l’ambiguità dei suoi fini e piano piano, si ricava uno spazio di permesso nello starti intorno. A me toccò l’amico di mio fratello. 

Come le ragazze, neanche io ero del tutto ignaro di ciò che mi succedeva o che sentivo dovesse succedere, perciò non si tratta di un vero abuso da parte di un adulto. La differenza era che le ragazze, potevano contare sulla disposizione dei loro coetanei maschi a lanciarsi in buca, perciò avrebbero prima o poi sperimentato l’altro in un incontro/scontro non del tutto imprevisto dalla società e sebbene i genitori avrebbero assolto al compito normativo di non passargliela, alla fine, tutti si sarebbero consolati con una sbornia di “normalità”, che avrebbe consentito  ai padri di vantarsi, alle madri di lamentarsi che “fosse troppo presto” e una buona pagella, avrebbe chiuso il cerchio della sceneggiata. Per me, che neanche avevo partecipato a suo tempo alla gara di seghe tanto i voga tra i maschi preadolescenti, non restava altro che immaginare la mia prima volta con la certezza che il culo sarebbe stato coinvolto, certezza che un maschio gay adolescente, riceve  dagli insulti  come i soldi del monopoli ancora prima di raggiungere il suo Parco della Vittoria e farci gli alberghi.
Non ci fu da sorprendersi dunque se ancor prima di sapere il come e il dove, dopo qualche tempo di virili passeggiate e incontri casuali come una indagine “sotto copertura”, una sera accadde. Una sera perché fu un bacio rubato dopo una revisione dell’auto che lui fece con mio fratello e mentre io lo accompagnavo a buttare i pezzi avanzati nei bidoni di un garage, che pensa un po la casualità erano lontani dall’auto e in una stanza chiusa. Il sesso, o quel che doveva esserlo avvenne un pomeriggio d’estate invece, quando dopo una “giustificata” uscita insieme mi portò a casa sua e della moglie a bere qualcosa di fresco. Caldo era caldo, ma non mi aspettavo di trovarmelo in mutande tanto in fretta ne che queste, fossero esattamente come quelle di Giovanni. 
Il punto non era la mia ingenuità, come ho già detto, sentivo che quella tensione era foriera di un  esito naturale che, pur sapendo il mare di guai che avrebbe portato risultava impossibile da rimandare ancora per forza di attrazione. Il fatto, è che, l’ignoranza e la vergogna non facevano di me un peccatore o una Messalina col pisello, quanto invece,  una persona completamente vulnerabile che qualunque cosa fosse successa, non avrebbe potuto dirlo a nessuno senza sentirsi trattare come colui che l’aveva provocata. Ovviamente piansi, anche se gli uomini non piangono. 
Tornando a casa, con più domande che risposte ma anche con il cuore più leggero per aver scoperto di non essere l’unico, lasciai quell’uomo ai suoi di quesiti. Qualche giorno più tardi compresi che lui aveva raccontato di noi, che la moglie lo aveva lasciato non prima di chiamare in casa mia per assicurarsi che ricevessi la giusta punizione per averle rovinato il matrimonio. Lui non lo vidi mai più e imparai che anche gli omosessuali sono maschi e come questi capaci di sparire il giorno dopo. Io restai, ma nessuno era fiero di me e la pagella di quell’anno non servì a niente.

La tua prima volta è importante solo se è quella che ci si aspetta da te, altrimenti è solo un grandissimo casino. 

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