Mi ero sempre sentito attratto da uomini più grandi me, forse, per colpa della mia prima cotta "omo", quando avevo circa vent'anni o poco più, e lui ne aveva già quarantadue, eppure io non riuscivo a considerare questo gap come insormontabile, perchè la mia natura introspettiva, oltre che il mio passato tragicomico, mi aveva tolto i tratti superficiali del ragazzo, focalizzando la mia attenzione su un livello differente. Se i ragazzi della mia età amavano sfottersi, io preferivo ascoltare con attenzione, se loro si misuravano fisicamente, io lo facevo con le parole, di conseguenza, una persona matura, mi affascinava per la sua stabilità, per la quiete con cui sapeva godere di una passeggiata, del cibo, e della compagnia. Del tutto diversi dai diciottenni di oggi, noi non godevamo di una libertà così ampia, per cui, ciò che desideravi fare, dovevi per forza, farlo di nascosto. Ricordo ancora, l'emozione di percorrere, la collina dietro casa, dicendo che andavo a giocare, per raggiungere un punto dal quale potevo osservare il terrazzo di casa di "Lui", senza esser visto, la precisione con cui sapevo quando sarebbe uscito per bagnare le piante, o fare qualche lavoretto. Dal mio nascondiglio, balzavano i battiti del cuore ad intervalli irregolari, mentre l'attesa era croce e delizia al tempo stesso, fino a quando lo vedevo e sentivo il sangue scendere come piombo alle caviglie, impedendomi ogni passo!
Cosa mi spingeva a rischiare tanto? E se qualcun'altro mi avesse visto appollaiato sull'albero come un condor?
L'innamoramento giovanile, è un istinto sordo che non accetta moderazione di sorta, per me, il mondo in quel momento era fatto solo per noi due, e da noi, unicamente abitato, pur essendo tanto spavaldo però, non riuscivo a fare un passo verso di lui, sapevo che non l'avrei mai fatto, e che quel privilegiato momento era perfetto così com'era. Lo so, che molti pensano al povero ragazzo senza una figura paterna, che cerca un modello d'uomo a cui ispirarsi, ma vi sbagliate, io un padre ce l'avevo, e anche adeguato, che cosa dunque mi spingeva verso quell'uomo invece che verso un coetaneo?
Con i miei amici di piazzetta, ci andavamo a guardare i giornaletti porno, sotto una grande quercia, ma dopo le prime volte, non ci provai più nessun gusto, in quei giornali, le figure maschili erano sempre di sfondo o di spalle, e non mi andava di fare tanta fatica con la vista, inoltre sebbene si dica che le prime esperienze pseudo sessuali si abbiano fra amici, io dovevo aver scelto i più ritardati tra loro.
Quell'uomo non aveva attirato la mia attenzione per caso, diciamo che era una sorta di amico di famiglia, i miei lo conoscevano e si salutavano cordialmente di tanto in tanto, comunque, dopo un certo periodo, quell'emozione svanì, insieme a qualche grado della mia vista ormai consumata, ma non smisi però di sentire come un languore alla bocca dello stomaco, per uomini del suo genere, chiamiamolo "inprinting". Senza saperlo avevo fatto un'istantanea mentale, associata ad una sensazione che pur non essendo proprio di benessere, sapeva motivarmi quanto la fame o la sete. Degli uomini più grandi, ammiravo l'autonomia, il loro stare al mondo apparentemente senza paura, e forse alcuni tra loro, che non mi trattavano come un ragazzino, provavano tenerezza per la mia evidente seppur apparente fragilità.
Pur avendo creduto di avere le gambe instabili come un cerbiatto appena nato, nei confronti della vita, io sviluppavo a mia insaputa, una forza incredibile, una tenacia simile allo spirito di sopravvivenza, perché sapevo bene, quanto strano e preoccupante fossi ritenuto dai miei genitori, e sentivo sibilare il gelo con il quale cominciavano anche a ritenermi "pericoloso".
Erano i miei genitori, e ben sapevano che gli ormoni, preparavano la loro miscela esplosiva dentro di me, ed avevano anche ben capito l'orientamento verso il quale l'ordigno si muoveva, come vedete, il kamikaze non era una novità neanche allora, infatti, penso che mi vedessero proprio così, armato di una cintura ormonale, che prima o poi sarebbe esplosa con le logiche conseguenze del caso. Da bravi artificieri, cercarono di neutralizzare il mio "innesco", di contenere il "danno", mentre studiavano come rendermi inoffensivo! Ne seguì una lunga quanto inutile novena di ragazzine che i miei mi infilavano tra i piedi, fino a quando veramente stufo lasciai che mia madre trovasse una lettera, verosimilmente da inviare ad un fermoposta, in cui rispondevo ad un annuncio erotico gay! Il resto ve lo lascio immaginare, ma tornando a noi, molti anni più tardi, di anni ne avevo quasi trenta, e vivevo già a Milano, e cominciai a notare che aumentava il numero dei ragazzi di almeno dieci anni più giovani, che cercavano di sedurmi.
Non la presi benissimo, nei locali io puntavo sempre verso i dieci sopra e per riuscire a concludere qualcosa, dovevo spostare a manate, questi insopportabili canarini che mi cinguettavano intorno, tranne una volta in cui il canto di uno di loro finì per incantarmi.
Lo conobbi, grazie ad una ragazza, che vedevo di tanto in tanto, lui arrivava dalla Calabria, e il suo accento aspirato, mi faceva ridere, non molto alto e moro il fringuello aveva peli e voglie di un cinquantenne, non so come, ma la spontanea ingenuità con cui approcciava chiunque, mi spinse a salvarlo da una fine certa, e in qualche modo a prenderlo sotto l'ala. Mi domandai se avrei sopportato di vederlo farsi male senza muovere in dito, e data la fatica che avevo fatto io a individuare i pericoli di una libertà troppo a lungo negata, scelsi di istruirlo un pochino, anche perché, il led della sua "cintura ormonale", lampeggiava di rosso, quindi era necessario agire tempestivamente, e cominciai perciò ad accompagnare il mio "mozzo" tra i mari della vita gay, dei locali, discoteche, parchi pubblici, e quant'altro un piccolo calabrese voglioso, avrebbe deciso di vedere per placarsi. Nei suoi profondissimi occhi neri, c'era una luce di vita accecante, ma molte di quelle luci si erano spente in quegli anni, troppo rapidamente a causa della mancanza di prevenzione e informazione, e anche a causa di detestabili untori, che pur sapendo di essere malati, non prendevano deliberatamente alcuna precauzione!
Diventai perciò la sua "Nave scuola" un posto sicuro dove migliorare le proprie capacità di percezione, pur godendo della sua piena libertà, cercai di insegnargli che per portare la nave in porto, occorre prima diventare abili in alcune manovre, e che la fretta, non avrebbe migliorato le sue qualità, che il mare dell'umanità è mutevole, e cambia improvvisamente, che rasentare gli scogli, è possibile ma non senza una carena rinforzata, e non da ultimo, che non si esplora una nuova fetta di mare senza una mappa!
Seduti al bar, gli chiedevo che cosa notasse nelle persone da cui si sentiva attratto, e a parte qualche ovvia localizzazione inferiore, cominciò a capire quanto fosse più eccitante alzare la mira del cannone verso l'alto. Cosa vedi nel suo viso? Ti sta invitando o vuole essere invitato?
La sua irruenza e il calore del suo Sud, lo rendevano adatto a prendere l'iniziativa e così comprese che avrebbe avuto maggiore soddisfazione nel conquistare un ragazzo che si lasciava scegliere, invece di ingaggiare una inutile sfida con un pirata suo pari.
In discoteca, gli mostrai che per appartarsi, con qualcuno c'erano luoghi più dignitosi del cesso, e che soprattutto ballare era come gettare le reti, un semplice preliminare da non esaurire in loco, tuttavia la sua curiosità, era anche rivolta alle vere e proprie manovre di abbordaggio, e a come poter possedere il vascello altrui, quindi mi trovai ad un bivio imbarazzante. Non avevo nessuna pulsione nei suoi confronti, quindi non volevo oltrepassare un certo limite, ma mi rendevo anche conto, che non volevo pensasse al sesso in maniera troppo distaccata dal sentimento di unicità di quel fare con l'altro. Come insegnargli a non "usare" un corpo ma a solcarlo, circumnavigarlo, ed infine raggiungerlo, senza violare in qualche modo il mio principio di tutela? Ripensai all'ipocrisia dei tutori greci che si facevano i ragazzi con la scusa di favorire propedeuticamente il loro ingresso nella società adulta, e mi decisi al varo di quest'Amerigo Vespucci che ormai avevo accettato di essere, lasciando che lui si facesse strada nel mio mare calmo.
La grossolana avidità tipica della gioventù, costrinse il ponte della mia nave ad inarcarsi come sotto una secchiata d'acqua gelida, ma solo un istante dopo, il mio "mozzo calabrese" dimostrò di saper aver cura del legname pregiato di cui ero fatto, e finirono nello scarico della doccia, tutti i miei sensi di colpa e le sue paure, lo abbracciai ma mi sentii abbracciato, e guardandoci privi di ogni malizia, i suoi denti bianchi si mostrarono in un sorriso fiero e riconoscente.
Il passo successivo fu quello di non creare con lui nessun legame tranne quello che le nostre anime avevano intrecciato reciprocamente, perché non c'è persona con la quale la mia pelle si sia unita, che non mi sia rimasta addosso in qualche modo, un mese più tardi, mentre io mi dedicavo alle pratiche di carenaggio del mio vecchio scafo, mi arrivò una cartolina con l'immagine di un galeone, in verità me ne arrivò una ogni mese, fino a quando lui non fu talmente lontano e sicuro al timone di se stesso, che ormai i gabbiani che la portavano non avrebbero più potuto tornare indietro.
Sì non si può diventare grandi da soli, e ogni tanto sentire che, sia che si tratti di amore, di conoscenza intellettuale, che di ogni ricchezza di sapienza che la vita ha donato all'umana natura, noi essendone fruitori e non possessori, possiamo attingere a nuove ricchezze solo facendone dono a nostra volta, senza chiedere nulla in cambio, mi pare cosa buona e giusta. Forse, solo con questo spirito, nessuno depreda, nessuno trafuga, nessuno estorce per egoistico piacere, ma tutti contribuiamo alla circolazione di un energia vitale, che sospingerà lievemente, anche le vele del nostro ultimo viaggio... un giorno o l'altro.
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