giovedì 20 agosto 2015

La banda del 52 CAP 2: salsa e arena


L'estate in cui Alex si ruppe il braccio fu una tra le più funeste per noi. La famiglia Tondanelli pur abitando nella scala B era una famiglia simpaticissima. Come noi abitavano al pianterreno e nel 52 i piani terreni in realtà erano rialzati dal piazzale e gli unici ad avere un giardino.( dove finivano in continuazione i nostri palloni e dove le astute signore presero a coltivare rose per bucarceli).
La mamma di Alex portava un caschetto nero liscio e aveva una profonda voce da fumatrice incallita cosa che me la rendeva ancor più simpatica e Suo figlio Alex aveva il suo viso ma una voce assai più alta. A casa loro erano tutti un po rotondetti compresi i due gatti siamesi che io adoravo. Sembravano un pelo burberi, specie suo padre ma in realtà erano bravissime persone e avevano generato un autentico mostro di simpatia. 
Alex era il più alto di noi sgorbietti, ma non era agilissimo perché la sua qualità più grande era l'intrattenimento, come quelle volte in cui veniva a chiamarmi per scendere ma ero in castigo e lui allora si produceva in un autentico one man show per mia mamma, la quale affacciata alla finestra finiva per cedere e lasciarmi andare. Quanti castighi mi ha salvato Alex!
Comunque con un gesso dalla vita in su e un braccio ad angolo retto immobilizzato  sopra la testa,  neanche lui riuscì a ridere troppo. Era accaduto alla partita piccoli contro grandi che l'instancabile provocatore Alessandro aveva imbastito con i ragazzi dell'età dei nostri fratelli maggiori. 
Non spenderò una parola per quella ciurma di deficienti ma diciamo solo che gli ormoni che ancora tardavano ad agire in noi, in loro, erano l'ottanta per cento della materia grigia, infatti, più che una partita si rivelò una carneficina. Provai a dirlo ad Alessandro ma ottenni solo la salvifica esclusione dalla squadra. Un successo visti gli eventi.
A metà del primo tempo organizzai un ospedale da campo tra cerotti e disinfettanti, perché i grandi erano fallosi come tori e a nulla valeva l'arbitraggio di non mi ricordo chi. Con la sorella di Giuseppe e quella di  Marcolino formavamo una vera equipe di crocerossine: certo io ero un pò dissonante ma avevo sangue freddo da vendere alla vista del sangue e mi sentivo come la dottoressa Ellen Carter di Spazio 1999! 
Giocare sull'asfalto del piazzale era veramente una cosa stupida ma noi eravamo così stupidi da farlo anche in calzoncini corti cosa che i grandi a causa dei peli si vergognavano a fare. Comunque, nel bel mezzo di un tentativo di scarto Alex fece un volo che sfidava le leggi della natura e quando cadde fu evidente a tutti che i nostri miseri cerotti non sarebbero bastati.
Il braccio di Alex si gonfiò diventando subito bluastro e lo udimmo piangere di un pianto inumano!
Dall'ultimo piano della scala B fece la sua apparizione una delle figure più autorevoli del 52: la signora Burlando. Lei era infermiera, una donna altissima e possente con un marito gigante e dei figli giganti ( per un periodo avrei provato a fare il filo a sua figlia Paola, la quale più virile di me, mi ignorò come logico) ed era quella che mi fece da bambino dodici dolorosissime punture di penicillina,  che sopportai intimidito dal suo imperio. La faccia della signora Burlando fu eloquente ma disse:pronto soccorso subito; è rotto. 
La mamma  di Alex si affacciò subito dalla finestra con gli occhi strabuzzati e la sigaretta e accorsero giù altri genitori, per curiosità e per aiutare. La mamma di Marcolino, ovviamente, ingiunse al figlio solo di tornare a casa e chiuse le finestre.
Chi era stato? Un paio di nomi e un paio di "io no" da parte dei Grandi, i quali, non brillavano di coscienza e oltre ad aggiudicarsi vilmente la partita non seppero che altro fare. Alex era volato da solo: questo il verdetto! I genitori lo portarono all'ospedale e i nostri ci gonfiarono come tamburi, tant'è che Alessandro trovò scampo fuggendo nella pineta. Il mio ruolo di ospedaliero quella volta mi valse solo una pallosa reprimenda sulla violenza. Nessuno sembrava accusare i ragazzi più grandi, vuoi perché c'erano i figli maggiori di tutti, vuoi perché in fondo era stato un atto virile che nessun padre si sentiva di punire del tutto, vuoi perché alla fine la legge del più forte sembrava essere quella che vigeva. 
"Sono ragazzate" diceva uno dei padri, "sei un imbranato" diceva l'altro. Le madri invece passarono l'estate a lamentarsi per ciò che gli toccava sopportare.
Quando tornò con quella imbracatura dall'ospedale e il ferale obbligo di tenerla quaranta giorni, Alex era mesto e rosso come un peperone, ma ci trovò tutti li gonfi di botte,  incerottati e  pronti a scrivergli qualcosa sul gesso col pennarello.
Imparare a stare in equilibrio con quel coso e in quella posizione fu un gravoso compito per lui ma io lo andavo a trovare e dopo un po gli fu permesso di scendere giù e sedersi con noi sui gradini del portone, dove trovammo ogni genere di modo per farlo sentire speciale e tornò a sorridere come sapeva fare meglio di tutti.
L'estate non era solo stagione di fratture scomposte ma anche di "composte". Per la divisione tra settentrionali e meridionali accadeva che, i garage del 52 cambiassero destinazione d'uso e che alla signora Lendini si staccasse puntualmente la tappezzeria. I settentrionali ci mettevano la tenda da campeggio per le vacanze, i meridionali un bel pentolone di ferro e quintali di pomodori perini che bollivano per quindici giorni di fila producendo un vapore che oggi si dipanerebbe solo in tribunale.
Ma nonostante li chiamassero "terroni" c'era verso quella famiglia una sorta di indulgenza (forse perché erano gli unici a farlo) nel lasciargli fare quel macello, anche perché era l'unica occasione in cui i coniugi in questione  si concedevano un minimo di vita sociale. Erano riservati i genitori di Marcolino e ci tenevano alla tradizione della salsa fatta in casa. Gia, perché se la tradizione la voleva fatta in casa loro la facevano nel loro garage sotto l'appartamento della signora Lendini? Semplice data la loro natura riservata non volevano con lei condividere il destino della sua tappezzeria! 
Tra cassette di pomodori impilate dentro e fuori e rumore di bottiglie lavate bollite nei canovacci e tappate per riposare nessuno poteva riposare meglio delle bottiglie.
Non mi ricordo se ci corrompessero con qualche bottiglia della meravigliosa salsa, ma credo fosse possibile perché saran stati anche terroni ma non erano mica scemi?!
A noi ragazzi però, questa cosa piaceva e pur se non erano di molte parole, ci era permesso curiosare un po nella filiera rossa.
Inutile dire che Marcolino in quel mese, non potendo esimersi da un impegno a tempo pieno, era più facile alla nevrosi che mai.
Mio papà pur essendo siciliano di origine in garage ci si rifugiava solo se non ne poteva più di sua moglie o di noi, e diceva che doveva cambiare delle pastiglie. Non mi spiegai per diverso tempo perché non andasse in farmacia, ma mi dissero che li non vendevano le pastiglie dei freni. Chissà quant'erano malati questi freni se dovevano prendere tanto spesso delle pastiglie, ma mio papà era un uomo buono e li curava assai.
Ogni tanto, ci andavo a vedere cosa facesse, ma i garage del 52 erano pericolosissimi perché la discesa, che consentiva alle auto di entrarci, era piastrellata e scivolosa, infatti, io cadevo spesso scoordinato com'ero e se non cadevo, una volta li dentro, non sapevo che fare. Quegli attrezzi sudici, la puzza di olio di motore e l'inquietante tenda da campeggio che sormontava lo scaffale in fondo, mi davano la nausea. Preferivo di più  gli avanzi la pasta dei ravioli di mamma, che a furia di smanazzarla si sbriciolava. Con la salsa di pomodoro la Maria Luisa ci faceva dei ravioli 10x10 i cui bordi spessi rimanevano sempre crudi. Suppongo che non ne avesse molto voglia e cosi poteva fare presto a fare i ravioli perché nel piatto di ognuno ce ne stavano due al massimo e li potevi masticare per qualche ora! Certo le casalinghe ne sanno una più del diavolo eh?!
Nel resto del tempo, lucidava i pavimenti così potevo cadere anche in casa senza andare in garage. In quei frangenti, venivo spedito in giardino. La Maria Luisa non brillava di intelligenza perché pur essendo impaurita da tutto, avendo me come figlio, mandarmi in giardino non era proprio sicuro. A forma di L il lato più corto e nascosto dava sul salice piangente che si sa, vuole ombra, e sula finestra smerigliata del bagno da dove sentivo ansimare mio fratello il pomeriggio.
"Mamma Pier luigi ( ma come diavolo si fa a chiamarsi Pier qualcun'altro?) ansima nel bagno. Schiaffo (quello non si sprecava mai a casa mia), poi mi spiegò qualcosa sull'asma ma io capii solo che facendo la cacca puoi smettere di respirare e non la feci per una settimana di fila.
Il lato più lungo invece, era metà piastrelle, le stesse del garage, e metà cemento. Da bambino piccolo mi ci ero già spaccato la testa, chissà se coi pattini a rotelle avrei saputo fare un salto?
Per fortuna sopra c'erano i Martino e dal balcone la voce argentina e forte di Giuseppe mi distrasse dai miei propositi. Vi ho già parlato di Giuseppe?


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