mercoledì 10 dicembre 2014

E io mi dichiaro marito e marito cap 7: in salute e malattia.




Mi scappa sempre da ridere quando penso alla salute e alla malattia. Non perché siano argomenti comici in se ma per come abbiamo saputo stravolgerne significato e importanza. Mi spiego: man mano che ci siamo farmacizzati a livello inverosimile, tanto che, al primo starnuto facciamo l'antirabbica, abbiamo coltivato alcune tra le più insane abitudini tra cui alcolismo tabagismo e abuso di antidolorifici. La salute intesa oggi sembra essere "assenza di segnale". Se non sento niente sto bene ma appena sento un crick o un tac o un prot chiamo il prete! Nel frattempo alcune tra le più mortali patologie come tumori aneurismi e difetti congeniti fanno il loro lavoro proprio zitti zitti! Un bel casino eh? I morti sarebbero sani come pesci ....
Della salute si occupano tutti non più solo i medici ma cuochi, truccatori shampiste impiegati direttori finanziari sacerdoti e stregoni...ognuno proponendo il suo elisir ideologico. Così se hai la sciatica non sai più se andare dall'estetista o a far due chiacchiere (in piedi senno che male) col prete, o dal medico di base che stai seduto diciasette ore e quando è il tuo turno la paralisi fa passare avanti un altro.
Della malattia altresì manco a parlarne...minchia se dici che ce n'hai una ma anche una banale candida  o un brufolo sulle gengive, ti senti già un paria sul Gange, che pur essendo un fiume di merda pare sia tale perché tu esisti e non perché milioni di persone di casta superiore ci si siano appena fatti il bidet!!!!! 
Porti sfiga se sei malato e lo dici a qualcuno, sgonfi i flan di un isolato e pare tu sia responsabile anche della morìa di piante, dato che è stato dimostrato che le mestruazioni di quella di sopra non c'entravano niente, perché non siamo mica retrogradi superstiziosi e ignoranti no? Nel frattempo malattie mentali e disordini alimentari  ci fanno entrare nella 38 ma questo è fantastico! 
Chi conosce me e mio marito come se fosse un marito, crede che uno di noi due sia più sano dell'altro perché uno di noi due è magro...detto tutto. 
Eppure nell'ordine io che, sono nato orfano di madre puttana...successivamente adottato da psicopatici e che dovrei aver avuto una paralisi cerebrale,  un piede equino, una scogliosi cifotica, una miopia notevole e una stravagante epilessia e che ho il successo sociale di una tigna favosa, non prendo un beato farmaco, mentre lui che è nato per l'amore dei suoi genitori naturali, ha fatto sport, è stato allattato col latte intero, che ha una autostima anch'essa allattata alla grande e  un riscontro sociale eccelso, credo possa contare almeno sedici pastiglie al giorno tra tutte le patologie che gli sono accadute suo malgrado. Ma chi di noi due può dirsi davvero sano?
Entrambi però abbiamo fatto un intervento chirurgico da quando stiamo insieme: una rinosettoplastica io, la cistifellea lui!
Grazie al fatto che non possiamo sposarci mi toccò avere mia madre come se fosse mia madre in stanza( perché in caso di casino avrebbe anche dovuto decidere per me ci pensate?) e quando sono tornato su dalla sala operatoria,  lei e lui si sono trovati di fronte all'unica decisione che non potevano prevedere: chi mi mettesse il pene nel pappagallo per liberarmi dall'anestesia. Come potete immaginare ci volle un po per decidere e mentre me lo strizzavo con le dita per non bagnare il letto, quella deficiente che mi aveva lavato il culo da piccolo si imbarazzò molto di più che se avesse dovuto regalare il mio fegato al primo passante cirrosico e lasciò il compito all'unico dei due che col mio pene aveva un rapporto più disinvolto!!!!!!!! Salvo poi dirmi che era rimasta scioccata da ciò che aveva "visto". Ridicolo se pensate che l'ultima volta che aveva visto il mio pene avrò avuto nove anni, no?
Quando toccò a mio marito operarsi eravamo circa in trentacinque...e altrettanti erano i gradi di quell'estate. Incapaci di stabilire in quale punto del piano operatorio era stato piazzato io e i miei suoceri come se fossero dei suoceri, e mia cognata come se fosse mia cognata ci davamo i turni..certi che non sarebbe mai stato solo. Ma la certezza frega e fu così che riuscimmo in tanti che eravamo a ricevere la telefonata di mio marito che ci avvisava che non appena usciti per andare a pranzo un energumeno se lo portava via senza che nessuno di noi potesse congedarsi dalla sua cistifellea come si conviene. Ricordo ancora come il nostro esercito rimase frustrato dal fallimento della nostra strategia amorevole. 
In salute e malattia ognuno di noi aveva sorpreso l'altro. Ma come io non potei parlare col medico insieme a mio suocero lui non potè farlo al posto di mia madre e questo, nonostante il personale medico fu in entrambe le situazioni disposto a riconoscerci i "benefici" di coniugi, rimase un fatto che sapevamo si sarebbe potuto ripetere.
Non conosco una malattia peggiore di quella che ha colpito la nostra società, se dopo anni che vivi accanto a qualcuno tu possa trovarti escluso dalle informazioni vitali che riguardano il suo stato. Sono stati sprecati quintali di trattati circa l'importanza dello stato d'animo nella ripresa fisica di una persona ammalata e ancora mi chiedo: c'è niente di più importante della forza che si può attingere dal proprio compagno di tutta una vita? Se non ci è concesso di sapere la verità sullo stato di salute o sull'esito finale di un intervento chirurgico, salvo che le famiglie siano aperte, come possiamo non sentirci utili a metà? insieme ma non del tutto?
In tempi in cui la problematica circa il matrimonio per tutti sembra riguardare solo il pecunio pubblico e privato...da spartire ci sfugge l'importanza vitale dell"essersi fedele in salute e malattia". L'essere cioé capaci di assumersi per primi o al posto dell'altro se il caso lo necessita, non solo il gravoso carico della verità circa "lui, ma anche la responsabilità di dargli speranza certezza e coraggio. Coraggio che guarisce più di cento "integratori" e speranza che solo negli occhi di chi ti ha "scelto" puoi cercare ancora! Perché per quanto i genitori possano essere aperti e collaborativi nella malattia e ancor più nella salute di una coppia non dovrebbero entrare se c'è un compagno di una vita. Oltretutto anch'essi avrebbero diritto a non portare da soli il fardello di certe notizie e il figlio,  il diritto di scegliere come meglio proteggerli.
Mi dispiace ma non possiamo accontentarci di dividere solo la sala fitness o la spa  gay friendly in cui i nostri compagni possono avvalersi del nostro abbonamento open.
Non ci accontenteremo di stupidi testamenti olografi che ci ingaggino in lotte legali intestine coi parenti ostili di chi amiamo.
Non staremo seduti in un corridoio di un ospedale o peggio di un obitorio ad "aspettare il nostro turno". Nessuno dovrebbe farlo.
"Non ho paura delle emozioni, dei sentimenti forti persino strazianti" con queste parole di Ferzan Ozpetek io ribadisco il concetto che dichiararsi marito e marito da soli non può bastare non a me ma a nessuna società civile che riconosca la vita per quello che è: fragile unica preziosa e breve ma tuttavia impossibile da gustare a fondo se non condivisa il più liberamente possibile. Nessuna società è più minacciata e malata di quella in cui la morte non venga considerata come parte integrante della vita. Ne io potrei considerarmi sano se non fossi pronto ad affrontare in prima persona la malattia o la morte mia o di colui col quale ho sognato di vivere. Voi potreste? 




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