mercoledì 7 agosto 2013

Tacchi e Rintocchi ultimo capitolo: fai un salto, fanne un altro.



Se le mie amiche erano come le descrivo perché non le mandavo semplicemente 
al diavolo seguendo l'idea femminile che ce ne fossero di migliori altrove? Nella Milano che avevo tanto amato per il suo anonimato leggero come ero finito in questo gine-praio?
In parte, perché nei dieci anni, che avevo vissuto col mio uomo, avevo avuto modo di apprezzare il suo amore per le donne, e in parte perché con i maschi non potevo avere rapporti di amicizia, che non fossero velati di una qualche impurità tra l'attrazione o l'invidia.
Mi ricordo però la prima impressione nell'entrare in un locale gay: il fatto di non vedere donne mi sembrava la cosa più simile alla perfezione che ero in grado di immaginare, e inoltre, vedevo ognuno di questi uomini come un esempio di coraggio, perché è chiaro che in un mondo machista ce ne voleva molto ad essere “noi”, e sebbene ci fossero come imparai col tempo diversi pezzi di merda anche tra “noi”, non potevo che sentirmi anche io parte di una “fratellanza” mondiale che cominciava ad osare a dire il suo nome.
A queste sensazioni rimasi legato per molti anni, a tal punto che quando incontrai il mio Sagittario, lui mi disse: tu vedi tutto il mondo gay! Riflettei molto su quella frase, e immaginai che forse rischiavo davvero di avere una visuale troppo “di parte” e mano mano che le nostre vite si fondevano, mi addentrai come Dante nei gironi di quell'inferno femminile che rappresenta il necessario equilibrio della vita.
Questa esplorazione mi fu agevolata da lui e da alcune sue amicizie femminili che con gli anni , in parte si affievolirono rimanendo conoscenze effettivamente affettuose ma meno vincolanti. La tendenza ad avere con le donne un rapporto molto intenso gli era rimasta essendo cresciuto come unico maschio in una grande famiglia di femmine, per cui,  lui era uno di quei gay che trovano opprimente la sola frequentazione di uomini, ma che però facilmente finiscono “schiacciati” dal   mutevole favore delle donne.
In fondo, dovevo aver pensato che  invecchiando i locali e la vita gay mi sarebbero apparsi meno sfavillanti, anche a causa del fatto che come le donne i gay dopo i quaranta non interessano più a nessuno, e che non avrei sopportato su di me lo sguardo di patetica commiserazione riservato ai “vecchi” nel mio ambiente, come alle donne “vecchie” nell'ambiente degli altri. Ben poco mi consolava inoltre la nuova tendenza dei giovani a concupire anziani signori e signore che in entrambi i mondi finivano col farsi troppo male, quindi quando incontrai i dolci occhi di Ahia, il sorriso da “ragazzaccio” di Secondo Te, e l'energico dinamismo di Assolutamente, mi dissi che in fondo dopo anni passati a considerarmi figlio di una donna “mio malgrado” potevo considerare la loro amicizia come una pacificazione con le mie origini.
Le dinamiche che vi ho raccontato di loro, non sarebbero poi così singolari se ad attuarle non fossero proprio state loro tre, perché se è vero che al buio le gatte si assomigliano, è vero che ognuna ha un suo miagolìo e che quel suono è fastidioso o infinitamente tenero a seconda della quotidianità in cui si produce. 
Resto dell'idea che conoscerle mi abbia chiarito che l'amore così come l'amicizia è eterna finché dura, ma che dura anche quando è negata o lasciata in disparte,  che per certi versi siamo tutti più uguali di quanto ci piaccia ammettere, che crediamo di dover fare la differenza solo se scambiamo l'esistenza per un casting da “protagonista” che non possiamo sempre vincere, ma più di ogni altra cosa vivere gli anni della nostra amicizia mi ha fatto immaginare un futuro in cui ormai vecchi potremo ancora scorgere nei nostri occhi quel “qualcosa” che abbiamo rotto o rattoppato mille volte ancora,  come un segreto tutto nostro. Sapere chi siamo stati e chi non potremo più essere, senza vergognarci. 
Perché questo credo sia davvero ciò che non si può comprare in una amicizia con una donna: la certezza di riuscire a viverle  abbastanza a lungo da permettergli di rinunciare a  mistificare chi siano, senza più il timore di essere abbandonate o giudicate per questo. Abbastanza da provare la gioia di “saperci” nei nostri  aspetti meschini e umani al tempo stesso, come nessun altro. Di saper  costruire la  fiducia che quella persona che ci ha detto di noi, ciò che non volevamo sapere, o che non vorremmo si sapesse,  lo ha fatto per restare con noi, con quella parte di noi che arriviamo a far finta che vada bene o a rifiutare fino a quando non sia più importante né l'uno né l'altra opzione.
Nella mia  incomprensione affettuosa, e nel ticchettìo del tempo che ci è voluto per accettarci come siamo, scandito dai loro tacchi che col passare del tempo non potranno essere più tanto alti, io mi auguro che i nostri passi possano continuare a scorrere vicini fino quasi a confondersi, così come il tempo confonde i generi e nella sua inclemenza ci spinge ad ammettere che siamo solo esseri umani e non dee o dei .
Tra le panchine di un parco, una di loro noterebbe un pampano disegnato per terra con un gessetto da qualche bambina: ogni casella un numero, ogni numero un salto o una giravolta da fare, e seduti vicini i nostri occhi forse velati( i miei) forse troppo truccati(i loro), si muoverebbero furbetti aspettando che Secondo Te si alzi fingendo che non le importi, si avvicini al disegno e tra le rughe che il botox non può più distendere, ci sorrida poggiandoci dentro un piede, come se volesse sfidarci ancora una volta. Allora Assolutamente tuonerebbe una risata fragorosa dicendole: tu sei matta, io ero bravissima a quel gioco e  Ahia  stringendosi a me con le scarpette morbide che diversi anni dopo avrebbe accettato in regalo, mi direbbe: sarà meglio che andiamo anche noi, prima che si faccia male malferma com'è diventata...e io che, a quel punto della vita, sarei un vecchio come tanti altri se non fosse per quel papillon rosa e la paglietta in testa regalata da loro, farei il primo salto strizzandogli l'occhio come se fossimo ancora noi, come se il tempo non fosse mai passato. Come se “qualcosa” ci fosse ancora. La vita, l'amicizia.

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