Nel corso degli anni prima di conoscerle, avevo già avuto delle amiche come è ovvio che sia, ma queste di solito finivano per non vedere di buon occhio il mio fidanzato del momento.
Io del resto, ero una “fidanzata seriale”. Ero cioè, quello che pur accettando che quell'uomo non volesse una relazione con me come la volevo io, finiva ogni volta per mettersi “in relazione” a senso unico o a switchare il tasto: avanti un altro.
Probabilmente la parola “accettavo” era solo una bella maniera per dire che sapevo perdere, non senza però essermi prima prima comportato come se quella relazione ci fosse.
Quindi, ero quello che aspettava la telefonata che non arriva, quello che apre la porta quando lui ha tempo, perché la condizione di attesa si spezzasse, quello che quando lui spariva si chiedeva dove avesse sbagliato senza volersi davvero rispondere. E cioè che la verità era che non gli piacevo abbastanza.
Di conseguenza credo che le mie amiche di ogni tempo, oltre che una certa possessività, avessero la lucidità di vedere l'inutilità del mio prodigarmi, e quindi finissero per non giustificarmi se le mettevo da parte più del dovuto. I consigli che con lungimiranza mi davano prima circa le probabilità che quella persona fosse giusta per me, io li prendevo come gelosia, ma dopo tornavo mesto ad incassare il solito: te l'avevo detto.
A distanza di anni per una qualche teoria del contrappasso sarei finito a rivestire il loro ruolo con le mie nuove amiche, finendo quindi per capire meglio come mai alcune di loro a suo tempo ne ebbero le tasche piene di me!
Ci sono due modi in cui puoi stufare le tue amiche: o perché ti inceppi come un disco rotto e non cambi la puntina, o perché se il giradischi funziona suoni sempre lo stesso disco!
Questo vuol dire che se esci con un uomo ma non è mai abbastanza giusto per te, è inutile che ne parli in anticipo come se lo fosse, o che se è palesemente sbagliato, tu ti ostini a scusarlo con la solita tiritera fatta di : no maè colpa mia perché lo stresso, ogni volta che si cerca di farti capire che non puoi essere la sua scusa perenne e che quella relazione non solo è una merda, ma anche ti rende insopportabile. Ce ne sarebbe anche un terzo,e cioé, che tu trovi l'uomo che fa per te e questo ti tolga dalla totale disponibilità che avevi prima. Tu sei felice ma loro non possono esserlo se tu ci sei di meno.
Qual'è dunque lo stato ideale in cui l'amicizia tra due persone può definirsi sana? Quale la sinergia di avvenimenti reciproci che ne cementi la durata?
Le coppie si frequentano tra coppie per lenire la routine, i single tra single per formarne una che possibilmente non sia in tre, chi ha i figli frequenta chi ne ha per pascolare i propri, e chi ne vorrebbe frequenta chi ne aspetta uno. Unica eccezione a questa norma sono le vedove, le quali se giovani vengono escluse per paura degli ultimi ormoni, se vecchie come te perché hai la sensazione che ti portino sfiga, avendo queste già sepolto quel marito che tu pur detestando finisci per non voler perdere.
Sembrerebbe dunque che ogni step evolutivo della vita ci separi dagli amici che hanno sostenuto lo step precedente, o che quelli che restano amici si siano tutti affrettati a tenere lo stesso passo in questa buffa marcetta verso il cimitero che è la vita, sposandosi o divorziando, figliando o meno, ammalandosi o no, un po' tutti insieme!
Non a caso ogni tanto mi capitava di sentirmi come quella cugina che è l'ultima a rimanere incinta: incazzata e ridicola nel fare anche la cosa più normale. Le relazioni amichevoli sono come gradini su cui montare per salire al piano successivo?
Se lo fossero si spiegherebbe perché nel caso dovessimo riscendere sia così importante che siano ancora lì!
Chissà se Ahia quando rifiutò la mia offerta di pace se ne rendeva conto?
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