giovedì 15 dicembre 2011

Qui e ora..c'è bisogno di cuore!


  • Avvicinandosi la fine dell'anno, mi chiedo a quale bugia, ho creduto più facilmente, se alla bugia politica di un mondo in costante crescita,  o alla ricchezza da grattare e vincere, alla moda democratica, o alla democrazia di moda? Avevo sospettato che la democrazia fosse un ideale un tantino gonfiato rispetto alla reale possibilità di praticarla, perché mentre compravo la borsa firmata all'outlet, in altre zone del mondo persone senza acqua potabile venivano arruolate per cucirla a costo zero, se le signore occidentali si dedicavano al compostaggio, altre si decomponevano senza tanti complimenti e clamori, o anche perché quando noi ci ripulivamo l'immagine su piattaforme virtuali, altre lanciavano disperati appelli per salvarsi su una rete che oscurata dai poteri forti, li consegnava ad una condanna a morte reale. Eppure nonostante le contraddizioni si siano fatte sempre più marcate, la speranza che il mio mondo non sarebbe cambiato tanto drasticamente mi aveva lusingato, portandomi a credere e a scegliere in base al mio criterio abituale, cioè che in fondo non mi sarebbe mai mancato il necessario. Che cosa fosse davvero "necessario", era in effetti il metro sbagliato di misura, se per tale includiamo il numero di amici sui social network, il terzo irrinunciabile filo di cashmere, o la suddetta borsa firmata. Queste cose di per se non sarebbero state altro che accessori di una vita normale qui da noi, se però non fossero diventati una vera e propria filosofia di vita, un valore affermativo di successo, e alla fine un valore assoluto. Per fortuna ci hanno pensato i tecnocrati a ridimensionarci, e per questo la loro ascesa ha un che di buono per alcuni, perché sembrerebbe riportarci ad una maggiore consapevolezza delle nostre reali condizioni e bisogni, ma siccome i tecnici sono gli stessi che a suo tempo congegnarono tutti gli strumenti finanziari necessari a farci credere nell'impossibile che a rate diventa possibile, ho qualche dubbio sulla loro sincerità, ma anche sulla nostra. Si dice che una bugia raccontata per lungo tempo diventi realtà, e se la stessa bugia viene condivisa largamente diventa storia, quale allora la bugia che abbiamo condiviso? Chi ce l'ha raccontata per primo? - I credenti direbbero che è la bugia del peccato originale: Ma è davvero così che Dio vi ha detto? che non dovete mangiare dell'albero del bene e del male? - I seguaci della moda direbbero che è la bugia del pret a porter, che voleva la moda per tutti. - I social networkisti direbbero che è la bugia della Privacy - I pensionati quella dei contributi - Gli imprenditori quella del diritto al sindacato - I lavoratori quella della flessibilità - Le mogli quella dell'uomo dei tuoi sogni - I mariti quella della donna dei paesi tuoi - I figli quella della famiglia felice. Ma ce n'è una che secondo me le raggruppa tutte. La bugia più grande che ci siamo raccontati da generazioni in questi duemila e undici anni di storia, è quella dell'eguaglianza e del diritto di essere liberi. Nessuno ha mai voluto essere davvero uguale a qualcun'altro,nessuno ha mai accettato la responsabilità insita nel poter scegliere liberamente, nessuno ha mai ammesso di aver fatto la scelta peggiore, nessuno ha mai pagato di tasca sua, la libertà che si è preso nel dire o fare ciò che vuole.Veniamo chiamati a fare fronte unico ad una crisi mondiale che ha già i suoi vinti, e vincitori che guadagnano sul ribasso, ma la verità è che non eravamo pronti ad "affratellarci" perché non eravamo coscienti di un nemico visibile contro il quale unirci. Quel nemico, non ha una patria, ma alberga da sempre nel nostro cuore, si chiama egoismo, e col fallimento dei precetti usati fin qui per contrastarlo, con l'avvento dell'ingordigia consumistica, e persino con la crisi economica, si è nutrito crescendo a dismisura. La libertà apparentemente garantita, ma non gestita per un bene comune, ha aggiunto all'egoismo l'invidia, cioè la convinzione che ciò che non possiamo più raggiungere, ci sia stato sottratto da qualcuno, ed ecco che l'occhio del Grande Fratello è timido in confronto alla spudorata violenza dell'occhio avido e senza freni dei singoli. Quindi si mente, si millantano valori come l'amicizia al solo scopo di capire chi convenga adulare, chi denigrare, a quale cerchia appartenere, per vedere confermato lo stato di vincitore. Basterà solo che comincino a scarseggiare le risorse fondamentali, e un orda di predatori liberi armati di diritto sarà pronta a irrompere nella nostra vita per servirsi di ciò che crederanno gli spetti? Ormai sempre più connessi, e sempre meno "in relazione" con gli altri, ciò per cui veniamo accreditati riguarda solo ciò che abbiamo e non più ciò che siamo, una banalità, certo, ma fu banalmente che l'umanità compì i suoi mali peggiori, con la banalità del male, con la detrazione degli invidiosi, e il braccio armato degli irrisolti. Più dolorosa di una fine di un mondo, è la sua sclerotizzazione, l'indurimento degli schemi di cupidigia e bramosia che ne determinano la mancanza di qualità fino all'inevitabile conclusione che nessuno è vincitore, nessuno è condottiero, se non c'è prima una profonda consapevolezza di quanto sia stato stupido reclamare diritti senza praticare doveri, di quanto sia stato inutile affermare una propria unicità a scapito di quella degli altri, di quanto in fondo, non siamo stati capaci di affrontare momenti difficili, con la serena coscienza che il nostro unico dovere, ciò per cui ha senso stare al mondo, non fosse altro che custodire il nostro cuore dall'egoismo. Mi auguro per l'inizio del nuovo anno, di veder sorgere un "anticopione" che riesca a far virare la rotta fatale del mio genere, che riporti al mio genere l'umanità perduta, che nasca dal passato o arrivi col futuro, non mi importa, comunque spero di saperne riconoscere l'avvento, di sentirlo sussurrare come il canto delle mondine,dall'umanità a cui vorrei appartenere, quella che tornerà ad amare il suo prossimo rinunciando una volta per tutte alla pretesa di vivere eternamente da qualche altra parte, ma incline ad accettare di buon grado la sua transitorietà, proprio qui e ora.

mercoledì 30 novembre 2011

tutti giù per terra!

Non ci sto! Non ci stanno nemmeno gli altri. Dove, nel calendario? beh, certo, lo sappiamo che c'è gente che non arriva a fine mese, gente, che un mese non ce l'ha davanti, e  gente che in un mese spende uno stipendio medio, ma non è questo il punto.
Qualcuno o qualcosa, ha deciso che dopo decenni di giro girotondo, girotondini e girolimoni, è ora di finire il ritornello, col classico "tutti giù per terra", ed eccoci qui, smunti, stupiti, a tornare a guardare i leccalecca dalle vetrine, come bambini, solo che il dolcetto non è più firmato Prada, ma comincia a somigliare di più al pane quotidiano. Il benessere degli anni ottanta e la crescita degli anni novanta, ci ha resi infantili, capricciosi, e viziati come Nelly Oleson nella Casa nella Prateria, o ciechi come la sorella di Laura Ingalls?
Incapaci di concepire difficoltà, che non riguardassero l'autostima, ci siamo serviti di tutti mezzi disponibili allo scopo di realizzarci, di seguire i nostri sogni, di ritrovare noi stessi o il punto g, credendo che il sistema ci avrebbe tenuto in piedi, anzi, che sarebbe rimasto in piedi da solo come l'arcobaleno, e oggi dopo aver detronizzato i cattivi, deposto i dittatori, ucciso i principi del terrore e raggiunto almeno ogni tanto un orgasmo consapevole, invece della neve è arrivato lo "spread" ad ammantare di biancosilenzio i tetti delle nostre case di marzapane. E' lui il nuovo Ezechiele lupo, che soffia sulle casette di noi poveri "pigs", il Gargamella differenziale che  ci fa blu dalla rabbia, sia che siamo ricchi e non sappiamo in che fungo nascondere le nostre birbe, sia che siamo poveri, e senza più nemmeno la speranza di poterci inbucare al Gran ballo di Corte. Più della realtà, ciò che ci ha scosso è l'impossibilità di focalizzare il nuovo nemico, non ce lo vedo un cartello wanted con l'immagine dello spread, come non ce lo vedo, in cima alla lista nera dell'FBI, perchè lui una faccia non ce l'ha, non ha razza, religione, non ha una base segreta, un bunker da espugnare, quindi, chi gli darà la caccia mentre noi proseguiamo lo shopping, o guariamo dall'ultimo lifting??? 
D'accordo saremo stati anche superficiali, lo ammetto, creduloni, rincitrullite dalle svendite on line, ma una sorpresa del genere chi se l'aspettava? Chi pensava, che dopo l'Afganistan ridotto in gruviera, la guerra spostasse la sua partita nella finanza  mondiale?  Finiremo a farci cucire i vestiti dai topini,  e dopo aver messo sette nani in parlamento, affronteremo lo specchio del guardaroba, chiedendogli, specchio delle mie brame, che me ne faccio di sto ciarpame? Sarebbe di qualche consolazione immaginare  Anne Wintour, in Fila alla Mensa dei Poveri, discutere perchè la zuppa d'orzo non si abbina col tailleur,  Anna dello Russo cercare di barattare uno dei suoi cappelli scultura in cambio di un paio di scarponi,  e Donatela Versace con la crescita fino alle orecchie tentare di decolorarsi con l'acetone, usando le sue vetrine come specchio? Non credo proprio, ma di certo, se ci penso sorrido, forse, perché la presunzione con cui alcune persone sono finite a credersi superiori alle altre sarebbe ciò che vorrei che la crisi si prendesse, insieme alla mia prima casa, se così dev'essere. Rigore ed equità il nuovo slogan-purga che i governi ci propinano diventerebbe  semplicemente rigore e squallore, o equità, chi si salva, chi lo sa?
Io non ci sto, l'ho già detto, non mi farò prendere tutto senza riderci sopra,  e se tutto ciò si rivelerà una bufala o la punta dell'Iceberg, io come la Winslet aprirò le braccia e canterò che "senza grandi disturbi qualcuno sparirà, saranno forse i troppo furbi o cretini di ogni età"!




martedì 22 novembre 2011

la Fiducia è una cosa seria?

Fiducia, è la parola che ricorre più volte in tutto ciò che leggo ascolto e vedo intorno a me in questo periodo, una fiducia che se una volta era una cosa seria, oggi pare persino irraggiungibile, la cercano i governi nei mercati, ma ancor prima la cercavano i genitori nei figli, la implorano i giovani talentuosi, la pretendono gli anziani nel sistema sanitario, la tradiscono le coppie, la rinnovano i neonati venendo al mondo. Eppure, se da un lato si chiede fiducia, dall'altro non ci si chiede: ma quando l'abbiamo persa? Facendo cosa non ne siamo più degni?
Quand'ero un ragazzo e trasgredivo alle regole, quando gestivo impropriamente la mia libertà, quando anteponevo il diritto, al dovere che avevo, ecco, lì incassavo la sfiducia dall'agenzia materna, o dal datore di lavoro, dunque, che sia la convenienza il punto? Convenienza e fiducia che rapporto hanno tra loro?
Quando i mercati offrivano inimmaginabili guadagni con misteriosi strumenti, tutte le nazioni globalizzarono un metodo, e lo considerarono meritevole di fiducia dati i guadagni che consentiva, finendo poi a rimanere vittime dello stesso sistema, che oggi fattosi forte, decide di considerare i suoi utilizzatori degni o meno della sua fiducia. Lungi da me, la pretesa di  un discorso economico che non sono in grado di sostenere ma  intendo però dire che, questa storia della fiducia, dai governi alle persone, è diventata pretesa di garanzie assurde e irreali quanto lo erano i presunti guadagni e convenienze.
Oggi in amore pretendiamo un per sempre in anticipo, e una via d'uscita appena le cose si fanno grigie, sul lavoro chiediamo un diritto ma lesiniamo sul dovere, in amicizia la convenienza genera relazioni che si basano sul guadagno, sull'opportunità che quella data cerchia di persone, ci favorisca in qualche modo, salvo ritornare all'irreprensibile onestà idealistica, una volta sfumato il nostro interesse personale.
Il risultato è che nessuno ha più il vero senso di fiducia e cioè che l'altro sia esso governo o persona o consulente o professionista, agirà in base ad una scala dove il massimo valore sia quello dell'impegno preso, della parola data, del sentimento provato, del bene comune in ultima analisi. Di certo oggi molte persone hanno maggiori quantità di beni personali, o benefici, ma come stanno?
Certi ormai che la mano che li nutre, li fregherà alla prima occasione, agiscono d'anticipo, considerando gli altri persone da fregare, nella vana speranza di appartenere alla categoria di furbetti, che ci avranno guadagnato comunque, ignari però, delle forze maggiori che  un sistema cannibalistico  può creare.
Imprenditori di esperienza, esimi maestri artigiani, e gente comune, sono tutti d'accordo sul fatto che gli anni novanta non torneranno più ma non certi che questo sfacelo della fiducia generale non favorisca invece l'avvento di dittature che per ora sono solo finanziarie, ma che come la storia insegna, prima o poi verranno impersonate da quell'uno "politico, che alla massa di sfiduciati cannibali prometterà una nuova appartenenza, nuove risorse da depredare a questa o quella etnia, e un pò di quell'ordine, tanto caro all'umanità.
L'effetto di questa situazione mondiale, genera una tale preoccupazione, che seppure c'era già poco da ridere, oggi di ridere non se ne parla proprio, i tecnocrati della fiducia si presentano seri, serissimi, solenni direi, salvo farsi una risata a qualche convegno internazionale, sul doppio senso della frase "andare a fondo", a fronte della serenità che 25000 euro di vitalizio mensile, percepiti  in quanto senatore della repubblica, gli concede,  le loro first lady sfoggiano splendidi piumini acquistati all'outlet, e tentano di proporsi come donne econome e concrete, mentre gli abiti della prima alla Scala, e i gioielli  sono dismessi, o destinati all'utilizzo in serate privatissime lontano dal pubblico sguardo. 

Eppure a questi potenti deve andare tutta la nostra fiducia e alla svelta, altrimenti sono guai, guai che alla fine dovremo affrontare comunque, guai che chiamerei logiche conseguenze di un atteggiamento di totale mancanza di senso civico ad ogni livello, a loro, la nostra fiducia e al nostro prossimo, al nostro vicino, cliente, amico, marito, che cosa? Solo  rabbia, diffidenza e pretesa? 
Proprio ieri il mio dentista, dopo essersi accordato con me per un metodo di pagamento, e dopo avermi fatto firmare un preventivo, mi ha comunicato che non si ricorda di aver pattuito quelle condizioni, pensate che alla prima visita fu la cosa che anticipai per prima e mi fu accordata la fiducia, ma ahimé la fiducia non è una cosa seria, e nonostante io non abbia mai sgarrato il mio rating mensile, sono stato sfiduciato perché lui appartenente ad una ben nota casta che  con l'innalzamento del prezzo dell'oro, ha solo visto diminuire il suo ricarico sul cliente finale, mi dice in ultimo che, poverino, non può permettersi il lusso di clienti rateali. Ecco come anche lui è passato da essere un dentista, a essere un agenzia di rating.

venerdì 28 ottobre 2011

Fulmicodonne: quando il cotone non serve solo a struccarsi!








Spread, Bund, differenziali, rating, default, questi i nuovi incubi. Siamo finiti tutti al televoto mondiale dove il pubblico sovrano però, non siamo noi, ma le agenzie di rating e gruppi bancari, che decidono la nostra affidabilità in base alla sanità dei conti nazionali.
Chissenefrega se voi vi fate in quattordici per assolvere ai vostri impegni economici, che siate onesti o meno, verrete declassati comunque. Mi ricordo la mamma, e il suo cassetto delle buste vuote, quello dove ogni voce in uscita aveva la sua busta pronta a contenere il minimo risparmio, per poter far fronte alle bollette, alla scuola, la casa, etc..., e penso che nemmeno allora se la passavano tanto bene, eppure, le donne come lei, con "tedesca" disciplina e rinunce ecumeniche pagate con un cilicio estetico pressoché quotidiano, riuscivano a non cadere dall'allora "scala mobile".
Che faceva mio padre? Lavorava e faceva la spesa all'ingrosso, per il resto viveva il suo esilio in salotto mentre il "generale" moglie, porzionava, tagliava, e spesso ricuciva la spesa pubblica di casa. Come una Merkel de noaltri, la mamma pur avendo eretto un muro tra la cucina e il salotto fatto di preoccupazioni, cercava di tenere in piedi la nostra famiglia, attraverso una serie di acrobazie che oggi l'avrebbero resa una economista pluripremiata.
Oltre ai soldi, quello che le mancava, era il senso dell'autocommiserazione che oggi trasuda dai pori della gente comune ogni qualvolta non possono permettersi qualcosa, teneva la prima inserita la maria luisa, e procedeva a marcia bassa per la salita del suo tempo.
Da sempre le donne, hanno saputo affrontare il dissesto economico con praticità, astuzia, e quella dignità che le rendeva esplosivamente sexy, dalle contrabbandiere partenopee, alle venditrici di sale montane, schiere di femmine, hanno saputo tenere ferma la dorsale italica nei tempi più bui della sua storia.
Oppure altre, portavano da sole( i mariti le avevano mollate fumandosi al gioco i denari di casa) almeno tre figli alla laurea, o avviavano attività domestiche (riparazioni sartoriali in nero) che consentivano loro di comprare un domani la dote alla figlia. Era piena l'Italia di queste donne che tutte riassumo nel fiero volto di Anna Magnani, ma oggi ci sono ancora?
Queste icone domestiche, per tanta parte dimenticate, generarono le figlie del dopoguerra, la generazione femminista e lavoratrice, le quali, a loro volta, tra un divorzio e un voto, hanno generato le figlie della televisione, aspiranti protagoniste che finiscono per "ine" (veline, ollgettine, meteorine, e gieffine), che nella televisione ci vogliono proprio entrare!
Prima della bolla speculativa, nel boom degli anni Ottanta e parte dei Novanta sempre loro, le donne, hanno dato il meglio di se nella carriera secolare come manager di successo o come tutti le ricordano "donne in carriera". Ma decise come solo loro sanno essere vollero non privarsi di una famiglia e dei figli, nutrendo in seguito un folto schieramento di psicologi e farmacisti, a causa del conflitto tra una vita "normale" e un superlavoro.
Mai stato clemente il destino con chi nasce femmina, eppure eccole qui le Giovanne d'Arco tricolore, sempre pronte all'appello dell'ingegno e dello slancio creativo. Sempre prime a rinnovarsi, ridiscutersi ed infine reinventarsi a beneficio di una collettività maschile che le regala i suoi avanzi di democrazia
In seguito però il benessere che si fingeva eterno e le lusinghe del progresso, sembrarono aver complottato contro il fuoco femminino, rammollendo la volontà in favore di più sode e plastiche parti anatomiche, che se anche gratificavano, in realtà, vennero usate per manipolarle ancora! Mi spiego meglio se dico che la prima volta che sentii parlare di chirurgia plastica era circa il 1996, e ad essere nominati erano i nasi di Ivo Pittanguy, e comunque i primi a mettere le mani in pasta furono uomini. Uomini che trasformavano le donne in ciò che meglio credevano, finendo a riprodurre un canone di bellezza alquanto imbarazzante e volgare.
Ma in fondo, invecchiare e rammollirsi non piace a nessuno, e da quel tempo le uniche a rimanere immuni alla lusinga furono forse, le ipocondriache convinte, la trappola scattò e si diffuse come una epidemia, meglio come un sortilegio alla Tolkien del tipo: "Un silicone per domarle tutte!"
Questo, unitamente allo shoping low cost, alle spa benessere e ai coupon, ha funzionato bene fino alla moderna "crisi" poichè ha tenuto occupate le donne tra convalescenze e linfodrenaggi quel tanto che bastava a non farle pensare! Direte che non tutte le donne ci sono cascate, o che si può fare qualche ritocco senza tramutarsi in un "cantiere". Vero. Ma a che cosa non dovevano pensare???
Al fatto che proprio loro in ogni tempo hanno giocato un ruolo fondamentale nei cambiamenti epocali, basti pensare alle regine epiche come Elena o alle moderne figure femminili come la Montessori, che seppero strappare al mondo un ruolo di primo piano in campi fino a quel momento dominati dai maschi.
C'è nel grembo femminile non solo l'accoglienza dell'acqua prenatale, ma anche il fuoco della trasformazione della rinascita, che unitamente alla terra del corpo e alla ampiezza mentale, conferisce alle nostre femmine la completezza ed un potere quasi divino. Ma per realizzare cosa?
Questo è nuovamente da vedersi, poiché mai come ora abbiamo bisogno di "svoltare", e i modelli di potere, guadagno e sviluppo maschile si sono dimostrati per ciò che sono: ingordi, miopi e corrotti. Non auspico un nuovo parto del Signore, da una vergine che taglia la corda in cielo, ma bensì una rinascita di ciò che già c'è. Nessun salvatore ma magari una condottiera.
Se recessione sarà, non saprei, ma di certo il sistema di ascesa economica è in stallo, e stagnano le prospettive, per cui a mio avviso l'animo femminile, unitamente alla fulminante consapevolezza del moderno femminino, è pronto per fare il botto! Non è curioso che sia una donna, per di più, neanche bella, il leader vincente della robusta Germania? Mentre i vanitosi capi di stato italici e francesi, annaspano l'uno nell'indecisione, l'altro nella inutile paternità salvapoltrona, lei la Signora Merkel, crea una politica economica che può addirittura non porsi il problema delle quote rosa, che presta attenzione ai giovani, e impone alle aziende, politiche formative che ne favoriscano l'assunzione e lo sviluppo, invece di facilitarne i licenziamenti.
Se le donne saranno chiamate ad un ruolo più o meno visibile di ammortizzatore sociale, sarà bene che ritornino al più presto a considerarsi "Fulmicodonne", cioè donne fulmine ma con anima, e per meglio bilanciare la miscela esplosiva che solo loro saranno in grado di generare come propellente di una nuova "resistenza" al processo mondiale di recessione, dovranno essere a conoscenza delle storie di donne fulmine, donne, che hanno dovuto svoltare, tirare su le maniche, donne invisibili e inodore come il nitrato ma capaci di energia esplosiva e resistenza a triplo strato!
Forse ragazze, è l'ora, di lasciare lo struccante e sporcarsi le mani, forse il cotone non serve solo per detergere ma anche per scuotere gli animi di un mondo maschile che di fronte all'incertezza è capace di rispondere con la solita inadeguata immaturità! Quindi amiche mie inzuppate il vostro cuore col nitrato della vostra forza antica, e uscite allo scoperto, perchè se la vostra storia non me la raccontate voi, presto non ci sarà più...una storia da studiare! O peggio ancora sarà di nuovo la solita storia!























mercoledì 19 ottobre 2011

ed" io" dissi é molto buono: ultimo capitolo


Le stagioni della vita, levigavano il mio viso, anno dopo anno, consegnandomi alla piena maturità, e lasciando qualche segno, che avrebbe raccontato la magia di un tempo in cui, un ragazzo un po ingenuo, ma interiormente sano, diventava uomo. Ormai determinato a sentirmi parte di quella grande città incoerente e caotica, ma anche gratificante e viva, che era Milano, sentivo spuntare le mie radici nel suolo meneghino, radici, fatte di un amore profondo per l'anonimato leggero che quel luogo mi aveva regalato quando più ne avevo bisogno, ma anche per l'enorme sprone che aveva saputo darmi a fare di più!
La mia professionalità era matura per portare i suoi frutti, il tempo passato a sperare di farcela era finito, e ora potevo dire di esserci riuscito.
Si dice che il successo sia una logica conseguenza dell'incontro tra preparazione e occasione, ma non sempre, questo successo si misura con il metro della ricchezza consolidata o del prestigio della propria posizione, nel mio caso, la sfida era consistita nel riuscire a mantenere la mia indipendenza da una famiglia che non aveva avuto nessuna fiducia in me, che aveva beneficiato della mia lontananza, per ripulirsi la faccia, senza riconoscermi alcun valore nè supporto.

Contrariamente a quanto avevo creduto, non fu lo stare in coppia a darmi tutto ciò, ma il continuare a limare il genere d'uomo che volevo diventare, un uomo che, un solo altro uomo, sarebbe stato fiero di avere come compagno, e per diventarlo avevo dovuto compiere grandi errori, scelte coraggiose, e meditate riflessioni sui limiti da porsi o superare. Molti di noi cercano di ottenere dall'altro, tutto ciò che non sono disposti a fare da soli, spesso attraverso una compensazione materiale, che ostentata, dica a tutti, ecco, valgo più di voi. Personalmente avevo rinunciato a dover essere o avere "più di", mi ero concentrato sulla resistenza, sulla certezza che solo passando attraverso la vita con tutte le sue complessità, avrei potuto comprenderla e comprendermi meglio, avevo smesso di rifiutare il dolore e me l'ero lasciato sgorgare dalla profondità insondabile che avevo scavato nell'anima allo scopo di contenerlo. Mi resi conto, che potevo usare la rabbia come combustibile per il mio motore, e cercare in quel modo di rendermela utile.
Nonostante questa volontà però, quel sentimento fossile, non si poteva esaurire del tutto, e di tanto in tanto, una smisurata reazione ad un fatto di proporzioni esigue, mi segnalava l'esistenza di un focolaio di rabbia, ancora caldo, troppe volte, come un vulcano inerte mi ero ricoperto di vegetazione per poi incenerirla, e dover di nuovo attenderne la crescita, quindi, mi arresi al fatto di non poter guarire del tutto certe ferite e smisi di "cicatrizzarle" con lo stordimento dei divertimenti, del sesso, o del lavoro, ma cominciai ad usare questi mezzi solo per "irrigare" la mia superficie emotiva e favorire così la crescita di una, il quanto più possibile, rigogliosa vegetazione, fatta di persone, cose materiali che mi facessero sentire bene, e relazioni piacevoli, perciò, conquistai una nuova libertà, quella di scegliere quando quegli elementi rendessero migliore l'uomo che ero.

Presi in affitto, un appartamento più grande, e con la mia compagna felina, ormai su d'età ma determinante per il mio benessere, andammo a vivere al quinto piano di un bel caseggiato elegante. Avevo preso accordi con un ragazzo per dividere le spese, e condividere la casa, ma io mi trasferii per primo in modo da sistemare le cose necessarie al suo arrivo. Purtroppo senza un motivo chiaro, ma dopo che io avevo già firmato il contratto, la mia controparte venne meno all'impegno lasciandomi davvero nei guai. Che fare? Invece di far partire la mia inutile eruzione
rabbiosa e pessimista, mi dissi che poteva esserci un vantaggio nell'essere li per primo,infatti, dopo aver lasciato qualche annuncio nei locali, ed aver scartato l'ipotesi di condividerlo con una ragazza, ( non mi andava di sentire performance etero nella stanza accanto) cominciai a fare una selezione dei candidati, e ne trovai uno che fu ben felice di venirci. Questa posizione di forza, mi permetteva di decidere le regole base di casa secondo i miei criteri e poter anche garantire l'incolumità della mia vera convivente, la gatta.
Passarono da noi:
- L'igienista zozzone(che aveva schifo degli spazi comuni ma teneva la discarica in stanza
- la cheerleader tossica( che si depilava, andava in palestra, e si calava le pasticche la sera)
- il fashionista povero( tutto riviste, e distintivi)
- la salutista stinca (che non usa la cucina perchè non mangia carne e le anfetamine si mangiano crude), e per ultimo il gay sudista( si fidanzano al nord e combattono la guerra di indipendenza dove è già finita).

Stavo così bene, che l'idea di fidanzarmi non mi passava neanche per la testa, e il mio rapporto con gli uomini, era più rilassante e selettivo, privo finalmente dell'inutile tragedia a base di aspettative e pretese, quindi, andavo a cena con le amiche, al cinema, a teatro, e avevo deciso che se proprio dovevo incontrare l'uomo giusto, probabilmente ci avrei inciampato sopra per sbaglio, e avevo proprio ragione! Una sera, mi concessi un ritorno in discoteca, dove mancavo da un pezzo, e mi si attaccò uno dei soliti marpioni, ma dal momento che un ritorno va sempre festeggiato gli concessi "un autografo", dopo una serata fatta di un pressing erotico insistente, lo invitai a salire da me per un drink. In casa ero solo, il mio coinquilino era in visita dalla famiglia, e la mercy si era trasferita nell'altra stanza( fare sesso di fronte al tuo gatto è disdicevole se ti scappa un miagolìo, si rischia di farlo in tre, o di non farlo più), quindi avviai le grandi manovre fatte di luci soffuse, musica e preliminari, ma sul più bello, questo, alza la testa e scorge il boa di piume fucsia, che avevo appeso a un quadro, capite, proprio mentre eravamo li tra una scarpa e una scarpetta gli si ammoscia l'antenna, e il drago ritorna uovo!
"Sai, io certe cose in un uomo non le posso vedere" mi disse "perché volevi trattarmi come u uomo"? replicai debolmente "no, è che a me piacciono i maschi" continuò "no dico, ma mi vedi? credimi ho il kit completo, e quello è un regalo idiota che mi hanno fatto per provocazione, dai dov'eravamo rimasti...?
Il testosterone é come la maionese? Non so, ma mi incazzai talmente tanto che riuscii a sgattaiolare dal letto, presi i suoi vestiti, e glieli gettai dalla tromba delle scale, dopodiché gli dissi: ok maschione, se vuoi incontrare dei veri uomini, hai cinque piani di scale per farlo già bello e pronto! E chiusi la porta alle spalle di un uomo nudo!
Finii la serata, con un film strappalacrime e l'immancabile barattolo di spalmabile al cioccolato, e quando la mercy arrivò in camera con la coda dritta e tremante le dissi, beh, che hai da guardare con quell'aria soddisfatta, guarda che la gatta che scotta finisce sul tetto, e non sul letto!

Quella vicenda però mi bruciava parecchio, e non avevo voglia di raccontarla agli amici, ma con qualcuno dovevo pur parlarne, mi ricordai di aver il numero di telefono di un ragazzo che una sera in discoteca avevo avvicinato e ci pensai un po su! Quella sera, credo di averlo fissato troppo, perché, in mezzo a tutta la carne di quel locale, lui, si distingueva e rapì la mia attenzione, ma quando venne a conoscermi, la mia stupidità traboccò senza fatica, e io, dopo aver saputo che anche lui faceva il parrucchiere, me ne uscii con una frase infelice tipo, beh sei carino, con la tua camicina stirata, gli occhialini neri e il profumo che da il mal di testa, ma queste maniglie qua però proprio no, dissi toccandogli il fianco, lui, mi salutò, forse fin troppo educatamente, e si allontanò.
Com'è, che allora, ne avevo il numero di telefono?
Ah già, ero stato a teatro insieme alla mia amica intellettuale, a vedere un monologo della Marchesini dal titolo "Elogio del massaggio", quando tra la platea scorsi di nuovo il suo viso, i suoi occhiali neri del tutto simili a milioni di altri occhiali neri, ma che però su di lui brillavano per eleganza, e dissi alla mia amica: lo vedi quel ragazzo là, non posso crederci di averlo di nuovo notato tra la folla!- Beh, mi sembra un dettaglio non trascurabile- ribatté lei, aggiungendo- vai a salutarlo no? Mi alzai, e mi diressi verso di lui, e quando la visuale mi fu chiara, notai quanto fosse cambiato, era più magro, e la sua eleganza mi parve diventata fascino. Sparai le solite frasi di circostanza, ignorando completamente il suo accompagnatore, e con una scusa goffissima, gli chiesi il numero. L'abbassarsi delle luci, mi salvò dal vistoso imbarazzo e tornai al mio posto, con quel biglietto da visita, e dello spettacolo, a quel punto, non vidi più nulla.

Decisi nei giorni seguenti, di raccontare proprio a lui la vicenda imbarazzante del mio "boa ammosciante" e durante la telefonata, che francamente era penosa, finimmo col dirci che, se il nostro ambiente era fatto di superficiali accoppiati, e persone invece più sensate che restavano sole, potevamo organizzare una cena tra questi ultimi, per vedere di farli incontrare!
Beh, devo dire che forse, sei meno superficiale, di quanto ricordassi- mi disse salutandomi, touché, pensai, e anche se in quella conversazione, non ci fu traccia di un appuntamento futuro, la sensazione di benessere che provai ad ascoltarlo, mi bastò.
Avevo deciso che non avrei incontrato il mio uomo, nei soliti ambienti, e avevo affidato all'Universo il dove e anche il chi, infatti, l'Universo che è benevolo, stava già lavorando per me, perché in ben due occasioni, in cui ero in giro per fatti miei, mi capitò di incontrare ancora lui. Poteva dirsi una coincidenza, ma diamine, non lo era ciò che provavo ogni volta che succedeva, niente farfalle o cretinate del genere e sotto la cintura nessun sussulto, io mi sentivo felice di vederlo e basta! La sua gentilezza, e l'educazione con cui mi offrì un aperitivo, e di seguito un passaggio verso il cinema in cui dovevo incontrare la stessa amica del teatro, mi convinsero che non poteva essere un caso. C'era tra noi, una strana tensione, e quando aprii lo sportello della macchina, stavo per baciarlo, ma non lo feci perché, lui mi confidò di non essere ancora libero, e chiusi lo sportello rimanendo lì, in piedi, con niente da dire. La mia amica arrivò e le raccontai l'accaduto, quasi fiero di me, dicendole, "non farò di certo nulla, prima che si liberi" quando mi disse, con vezzoso compiacimento"Ti ho mai detto che quando io e mio marito cominciammo a flirtare, lui aveva una certa silvia"-" No cara, e tu che hai fatto? risposi.
"Tesoro, se vuoi davvero qualcuno, non crederai mica di trovarlo li che ti aspetta no? Diciamo, che una spallata risolve certe situazioni traballanti, e dimostra chi ci tiene davvero".

L'Universo può fare scelte, o può solo mettercele davanti, e modificare il suo andamento in base alle nostre azioni? Avevo davvero voglia di un amore, ma questo significava anche rimettere in discussione la stabilità appena raggiunta, in fondo, era da meno di un anno, che mi sentivo perfettamente bene, ero davvero pronto a rischiare? Feci passare alcuni giorni, senza cercarlo, dopodiché mi accorsi che il suono delle sue parole mi mancava, che nessuna giornata poteva dirsi perfetta senza vederlo o sentirlo e cominciai a dare, per primo a me stesso, la famosa "spallata". Un anno dopo, Paolo, mi offrì di lasciare il mio appartamento e andare a vivere con lui e il suo gatto Spyro, e formare la nostra Famiglia!

Niente di ciò che avevo letto o udito sull'amore, trovava conferma nella nostra vita insieme, ma in fondo tutte le storie finiscono li dove i due cominciano a confrontarsi davvero. Perché? Forse, a causa del fatto, che l'amore, non è ciò che c'è all'inizio della storia che due persone si scrivono reciprocamente sulla pelle, ma piuttosto, ciò che resta dal cozzo di due realtà, apparentemente inconciliabili, come avevo letto da qualche parte.
Chiusi nel novembre del 2003, il mio "diario quasi sconcio di una parrucchiera per bene"e otto anni dopo, scrissi nell'ultima pagina, le seguenti parole dirette al mio attuale compagno Paolo:

ti amo ora, che non sei minimamente simile al giorno che ti incontrai, ora che, se non fossi come ti vedo, quando il sole, si insinua tra le fessure della finestra accostata, deformando il tuo volto addormentato, non ti riconoscerei, ora che proprio tu, mi conosci davvero!














lunedì 17 ottobre 2011

modalità affettive: Il forgiatore di cuori!


L'avvento degli anni duemila aveva creato una risonanza melodrammatica, infatti, si prevedeva che i contatori di tutto il mondo si sarebbero inceppati creando una sorte di grosso buco nero nel quale, ma anche dal quale, tutto sarebbe sparito o riapparso chissà dove. Soldi, dati personali, pettegolezzi, informazioni top secret, ma anche, energia, petrolio e codici di sicurezza.
Si immaginavano ospedali in black out carceri sguarnite o missili che partivano senza un perché verso un qualsiasi obbiettivo, e per quanto mi è possibile ricordare, fu la prima volta che si cominciarono a coniare delle terminologie mediatiche descrittive, questo casino mondiale lo chiamarono Millenium Bug, beh duemila anni peserebbero a chiunque, tranne alle sequoie e a certe specie di tartarughe che li portavano, come Joan Collins portava i suoi, cioè già da tempo!
Saremo ritornati improvvisamente all'età del ferro?
In tutto questo clima di incertezze ci si mettevano anche i soliti predicatori apocalittici con il loro mille non più mille, giudizi universali, diluvii e avvento dei marziani, ma la verità fu, che come al solito, non successe un granché, infatti io ero in bolletta anche nel nuovo millenio, e lavoravo come parrucchiera futurista e precaria presso un salone del centro che lasciai poco dopo, per un altro negozio che più che del salone aveva dell'ingresso, venticinque metri quadri di eleganza sopraffina due lava teste e quattro poltrone, in cui però, il titolare Massimo, mi offriva sicurezza stabilità e una grande attenzione, non nel senso che credete, ma nel considerarmi capace e affidabile.

Quell'incontro, fu tra i due più importanti della mia vita, perché Massimo era un uomo fuori dall'ordinario in quanto a ironia, intelligenza, amore per il suo lavoro, e capacità di collaborazione autentica. Nella mia ricerca di stabilità e definizione professionale, lui funzionò senza che lo sapessi, da traghettatore tra me e i miei desideri, poiché per primo mi accordò una stima personale, e un rispetto mai avuto prima, e nonostante la sua completa ignoranza del mondo "gao" come lo chiamava lui,( sosteneva che essendo maschio, io dovevo essere un gay con la O), egli, sapeva ascoltare senza pregiudizio, e nel contempo accettava le mie esuberanze in negozio, limitandole con delicati " calma con" questo o quello, in cambio della qualità che cercavo di raggiungere.
Di solito i parrucchieri si dividono i due grandi famiglie, quelli che si trombano le clienti, e quelli che gli ruberebbero gli accessori, e di rado le due tipologie convivono serenamente nello stesso ambiente di lavoro. Noi, in questo, avevamo una miscela altamente "a rischio", se non fosse stato per quell'ingrediente che tra noi neutralizzava la detonazione professionale. Io lo chiamerei senso dell'umorismo rispettoso, una sorta di fair-play della terminologia canzonatoria necessaria a smussare talvolta la sua introversione, tal altra la mia gaia invadenza. Lui di fatto, non apparteneva però a nessuna delle due grandi fazioni suddette, faceva tipo a se, lui era un amante delle donne, ma il suo ego non veniva sollecitato dalla quantità di conquiste, quanto dalla perizia necessaria alla conquista stessa, intimo e signorile, non rendeva il suo corteggiamento evidente, ma la diretta interessata veniva attratta proprio per questo! Sapeva probabilmente comunicare a livello non verbale il suo interesse senza "illusionismi plateali", ma facendo sentire quella unica donna davvero speciale, con la sua filosofia dei cinquanta giorni da orsacchiotto.


Il negozio, era situato al preciso confine tra gli antipodi sociali della zona, di qua la parte popolare, di la quella più esclusiva e benestante, e come tutti i negozi selezionava il suo target attraverso l'immagine e il prezzo pur non operando discriminazione alcuna sulla singola persona. Lo spessore etico di Massimo, era frutto anche della sua educazione familiare, la madre infatti, lavorava col pubblico da molti anni e sapeva distinguersi per la sua capacità di far sentire ogni donna "una vera signora", continuando però a vivere la vita con la lungimiranza di una donna attenta al proprio obbiettivo. Molte persone ritenevano che avesse un influenza limitante per lo sviluppo del figlio single impenitente, ma sbagliavano di grosso, perché la sua presenza e la sua storia, dicevano a gran voce: fai quello in cui credi, continuando a crederci con tutto te stesso, accogli ogni differenza senza perdere il passo e vincerai, e questo non può considerarsi un principio limitante. Lei, aveva una boutique di abbigliamento e quando la rilevò le taglie andavano dalla 38 alla 42-44, ricordo ancora il suo pensiero strategico in queste parole, quando mi disse: fabrizio, quante donne che possono spendere, ci sono, con quelle misure? Decise quindi di offrire il piacere di un abito di gran qualità, anche a donne che superavano di gran lunga la taglia considerata normale, creando per loro un luogo dove smettere di "coprirsi" e iniziare a "vestirsi", senza doversi vergognare.
La sua premura nei miei confronti mi stupiva e mi conquistava, ed io fui grandemente onorato del suo affetto. A tutt'oggi conservo con cura maniacale una stupenda casetta carrillon dei babbi natali completamente arredata che mi regalò in occasione di un Natale! Aveva compreso il mio lato bambino pur considerandomi degno del rispetto di un uomo.

Superare quel momento di angoscia generale vicino a loro, fu più semplice per me. Come possono accadere certi miracoli ancora non so spiegarmelo, e per l'ennesima volta dovetti essere grato alla vita per avermi messo sulla loro strada. Ci sono esseri umani, che dal cumulo delle proprie imperfezioni, dal basso della nostra comune mortalità, sanno elevarsi senza schiacciare il proprio prossimo, soltanto attraverso il limpido cammino della rettitudine, e nel loro cammino accolgono pellegrini disorientati come lo ero io, invitandoli a seguire il sentiero della verità morale, di quell'unica morale possibile che chiamerei bontà, accettando il rischio di incontrare l'ingratitudine umana. In questo senso, non dovettero aspettare molto, perché, sebbene io non fossi ingrato di natura, un giorno mi feci solleticare dalla lusinga di un uomo molto abile nell'inganno, il quale mi propose di fare un'esperienza professionale di più alto livello e me lo propose facendomi intendere di stare sprecando il mio potenziale in una realtà troppo piccola.
Il serpente era tentatore, ma se io non fossi stato una "Eva in bigodini" non ci sarei cascato, invece, mi sentii come spinto su un trampolino dal mio desiderio di ascesa, e siccome nella vita non ero mai tornato indietro, andai avanti.

Lasciare il mio mentore era già abbastanza doloroso, ma dover pure ignorare la difficoltà in cui lo lasciai, fu anche peggio, ero abituato ad essere odiato per le mie scelte e anche a farne di istintive, quindi sentivo di aver vanificato anche tutto il bene di quel percorso, me ne andai sentendomi un generale ma, le difficoltà inaspettate di quel presunto salto di qualità furono tali e tante da farmi sentire più che altro di nuovo ramingo, e cominciai a pensare di essere come la lama di una spada.
Forse, il millennium bug aveva catapultato solo me nell'età del ferro? Ero stato sgrezzato martellato e sagomato dal più bravo e garbato costruttore di lame, e ora venivo forgiato col fuoco più implacabile per completare il mio percorso, ma sarei diventato uno strumento di qualche utilità? Il filo della mia lama sarebbe stato usato, per il bene o per il male? Al ritorno da quell'avventura estrema, mi resi conto che ero pronto per tornare dal mio "maestro" a rendergli il dovuto omaggio. Non sapevo cosa aspettarmi, quando prima di entrare nel suo laboratorio, tirai un sospiro, dicendomi: accetta il rischio che non gli faccia alcun piacere!

Il suono del campanello arrivò dopo che lui mi vide e prima di un mio incerto sorriso, la serratura scattò, il mio passo incerto sentì il suolo delle mie origini professionali, tra le increspature della resina spatolata del pavimento, e prima che il fiato riempisse i miei polmoni mi ritrovai abbracciato come "un figliol prodigo", tra le sue sgraziate ma sincere braccia. Come poteva da solo, aver superato la naturale irritazione che si prova quando qualcuno è ingrato con noi? Tramite quale valore, poteva averla trasformata in quel gesto di guarigione di cui mi sentivo immeritevole? Dopo essersi lasciato andare il tanto che serviva, fu sincero come lo era sempre stato, nel raccontarmi non già le sue difficoltà, quanto il beneficio che ne aveva tratto, e come aveva proseguito il suo cammino, mantenendo per me un posto nella sua sfera di affetti.
Non avevo modo, di ricambiarlo in quel preciso istante, e nemmeno aveva una grande importanza, perché due uomini e nient'altro, erano solo felici di potersi ritrovare, entrambi trasformati.

Mentre tornavo a casa, non potevo fare a meno di chiedermi: ma come può un uomo del genere essere ancora eterosessuale? A parte gli scherzi, mi fu chiaro che quella con lui, sarebbe rimasta una delle amicizie fondamentali da mantenere, in quanto non c'è miglior dialogo, di quello che puoi avere con l'uomo che vorresti diventare, uno di questi giorni, un giorno come un'altro, un giorno per me, ancora da venire!






mercoledì 12 ottobre 2011

social bug o extraterrestre?


Avevo focalizzato un problema insistente, una specie di loop, uno scambio difettoso, un interruttore sovraccaricabile nel mio pormi in relazione col prossimo, se da un lato mi lasciavo avvicinare senza pregiudizi, dall'altro, una pentola d'olio bollente verbale, era sempre pronta a versarsi sui malcapitati dall'alto della mia torre. Tanto per cominciare, com'è che ero finito in cima a una torre? Sei una principessa, mi chiesi, no non lo sei, e allora chi altri può abitare in una torre? Un condannato, uno stregone malvagio, o un contadino fifone, le ipotesi più accreditate!

In realtà, come tutti, ero nato in terra, ma col passare del tempo, mattoni fatti di diffidenza, giudizio e pericolo, cementati uno ad uno, intorno a me dalla famiglia, (nella migliore delle ipotesi per proteggermi, nella peggiore per nascondermi), mi avevano limitato la visuale, ma siccome già da piccoletto, ero deciso a sopravvivere, credo di aver cominciato a sedermici sopra. Il tempo passava e ad ogni fila di mattoni aggiunta io salivo di un pochetto, aumentando la distanza tra me e i miei genitori, e cominciando a scorgere orizzonti più ampi, da quel cumulo di pregiudizi e paure. Se da un lato, ero riuscito a non rimanere chiuso dentro, dall'altro l'altezza raggiunta mi aveva allontanato dal livello degli altri, lasciandomi lì a osservare tutti coloro che si avvicinavano senza poterli raggiungere. Vista così, la situazione, spiegherebbe anche il bisogno che sentivo, di essere "salvato", perché quel cumulo, una scala non ce l'aveva, e io non sapevo di poter volare.

Ogni tanto qualche pellegrino, riusciva a sconfiggere i potenti incantesimi che circondavano quel luogo, e con la sua scaletta cercava di raggiungermi, ma quando era a portata di sguardo, invece di trovare un fanciullo con le braccia tese, trovava un rompicapo da sciogliere.
Eccomi quindi adulto, seduto ad un tavolo del bar, osservare con lucidità, il motivo per cui se qualcuno voleva scambiare due chiacchiere con me, finiva per essere schiacciato da una serie di "indovinelli" senza senso, che di solito finivano per scoraggiare qualunque altra iniziativa, se non per provocare un bel "scusa ma chi ti credi di essere"?

La profonda differenza tra le mie intenzioni, e i risultati che ottenevo mi costrinsero ad ammettere, che ero sulla difensiva da troppo tempo, e che senza ormai accorgermene stavo solo rispedendo al mittente le lettere di buon auspicio che il destino poteva avermi mandato sotto forma di persone. Che fare dunque? La demolizione della mia torre, avrebbe richiesto troppo tempo, e allora decisi di ammorbidire un po il grado dell'interrogatorio e di avviarlo verso una semplice conversazione, decisi che considerati i risultati, il mio metodo non era nemmeno tanto efficiente e che potevo rinunciarvi. Le prime volte, le conversazioni private del mio talento indagatore, finivano per distrarmi, ma notai che le persone meno pressate si rilassavano e avendo meno fretta di spiegarmi, lasciavo spazio magari ad un successivo appuntamento, di conseguenza, la mia vita sociale si ampliò e mi ritrovai finalmente al pian terreno della torre di complessità, chiedendomi come avessi fatto a passarci tanto tempo in cima.

Nei cambiamenti, occorre gradualità perché si consolidino come autentici, ed io, ancora troppo ansioso di riuscita, avevo forse virato troppo in fretta la prua, tant'è vero che, ero arrivato al punto di far parte di una sorta di circo, più che di una nuova e variegata umanità. Ti fai le canne? eh va bene, non ti giudico,ma magari intanto che torni dal viaggio mi leggo un libro, vuoi andare nel bar alternativo e bere vino come geppetto, va bene, ma se ti addormenti sul tavolo torno indietro da solo, sei una modella cocainomane e pensi che il fashion sia una favola, va bene ma io ho fame! Tutte queste persone mi trovavano adorabile, perché non li giudicavo e non guardavo alle loro abitudini con disprezzo, che bello, ma cazzo, si facevano la loro vita con me al seguito che ne raccattavo uno e ne curavo un'altra, senza mai chiedersi se la cosa avesse un senso, quindi stufo di quella giostra scesi regalando ad ognuno di loro i miei gettoni avanzati e di nuovo da solo per la strada, come un pinocchio qualsiasi mi riempivo di nuovi interrogativi.

Ma, dopo aver saputo tutto quel che c'era da sapere su come accettarsi, che diavolo me ne facevo di una autostima mondiale? Non ci verrà mai a prendere un caffè con te, la tua autostima del picchio, ma se per avere compagnia bisogna accettare tutto, in compagnia di chi si è realmente?
Il balzo, da "Non mi fiderò mai" a "Ma allora vale tutto" , non c'è da sorprendersi che non avesse funzionato, diranno alcuni, ma la via di mezzo, l'equilibrio tra negazione e abnegazione come si chiama? Si chiama convenienza per la maggior parte delle persone, cioè se mi conviene mi fido per un po, ma appena la convenienza viene meno, nemmeno ti conosco. E' affascinante come le persone fingano così bene di condividere delle realtà di cui non gli importa proprio nulla, o di avere una amicizia che va "oltre" senza muoversi di casa, o di non litigare mai con nessuno perché di nessuno hanno a cuore il bene. Esporsi non va bene, giudicare un atteggiamento è dittatura, limitare il linguaggio improprio è bavaglio, avere dei valori è pesantezza, essere semplici è da sfigati, essere avanti è da raccomandati, avere talento è sognare ad occhi aperti, ma come diavolo può essere tanto complicato dirsi ciao, come stai, ti va di fare due passi insieme?
Molti anni più tardi,fui felicissimo di non aver demolito la mia torre, perché avere un attico divenne una cosa molto chic, e presi in considerazione di ristrutturarla mentalmente, e di tornare ad abitarci. Il rumore assordante prodotto dal vuoto di un umanità sfiancata da una libertà di cui non sa far uso, ma per la quale è ancora disposta a farti morire di noia, o a calpestarti senza raggiungere nessuna meta, è di gran lunga più sopportabile se, di notte quando le voci tacciono e le libertà si esprimono col favore delle tenebre, tu puoi alzare la testa verso le stelle e cantare in santa pace "extraterrestre portami via, voglio un pianeta su cui ricominciare"!










mercoledì 5 ottobre 2011

modalità affettive: il Pifferaio del piffero e la "Topa apatica".


Amami alfredo, ma se proprio non sei Alfredo, amami lo stesso no? Cosa ti costa? Questa voglia di essere amato era più voglia di sapere come l'amore avrebbe cambiato la mia vita, e quindi dato che quando li aspetti, certi cambiamenti se la prendono anche comoda, si passano dei periodi in cui il cuore e anche il basso ventre servono solo per la circolazione, e l'assimilazione ed espulsione di scorie.Ma le scorie emotive, da quale organo vengono smaltite?
Ci vorrebbe un "fegato sentimentale" che scomponesse, le tossine amorose, e una bile "romantica" che ne limitasse i danni, ma di fatto così un po intossicato la capacità di scelta si appanna, e spesso accettare una storia, dopo una frattura, è sensato quanto tenere una conferenza dopo una sbornia, infatti, certe storie, che d'amore han poco ma di fermento fin troppo, io le vivevo come autentiche sbornie emotive.
Le amiche, sempre prodighe di buoni consigli, volevano che in quei momenti io affogassi delusioni e amarezze, con il chiodo che schiaccia chiodo, ma io non mi sentivo proprio scattante come una sparapunti, e finivo in una sorta di bolla apatica, che a mia insaputa mi rendeva alquanto sexy, infatti, è notorio che il disinteresse attira le avventure e fu così che mi imbattei nel "Pifferaio del piffero".

Il pifferaio è uno che se la suona e se la canta, di quei tipi alquanto affascinanti che negli anni novanta portavano i capelli leggermente ondulati col ciuffo lungo, è alto e dinoccolato, e ride con facilità mentre ti racconta che ha vissuto otto anni in Brasile gestendo un ristorante, e di solito possiede una Bentley ancora in scatola di montaggio in un qualche garage. La vittima "apatica" ci casca perché, nella sua inerzia, non ha la forza di ascoltare davvero, e trova pace nel rumore di fondo della voce del pifferaio, il quale è l'unico tipo d'uomo a cui non deve cavare le parole di bocca, molto sensuale, il pifferaio incanta la" topa apatica" con un corteggiamento simile alla marcatura "a uomo" del calcio, ma nella manovra di appiccico è più simile ad una mangusta, in quanto ti tocca e si ritrae fino a che non puoi più eludere la sua stretta finale!
Ma proprio dal Brasile doveva arrivare fino ai navigli per fare di me un sol boccone? Il pifferaio, è uno che fa chilometri, miglia, leghe sopra e sotto i mari per diffondere la sua musichetta, o tali sono le distanze che gli metteresti dopo averlo conosciuto? Comunque, ormai abbindolato dalla sua insistenza, mi lasciai credere che potevo anche divertirmi, e cominciai a frequentarlo.

L'appetito del pifferaio, dato che cammina molto, è insaziabile sia a tavola che a letto, e sulle sue arti amatorie non c'è discussione, lui, vi farà stridere come corde di violino, inchioderà i vostri fianchi da viola mammola tra le sue cosce e vi accorderà la cassa armonica senza leggere le istruzioni, ma che dico, di più, vi attizzerà come un camino, vi gonfierà come un pallone con l'elio dei suoi baci incessanti, per poi riprendere a sfiorare il filo del vostro calice con la leggerezza di un suonatore di cristalli, e a nulla varranno i cambi di posizione (quelli per spezzare un attimo), perché lui plasma il suo corpo come un panetto di Das, con la velocità di un mastro vasaio, e non ha tempi di recupero, né neri pubblicitari, ma un solo TASSATIVO, il vostro piacere, naturalmente anche il suo piffero, non è un piffero qualsiasi, non uno di quelli come ce ne sono tanti, di qui infatti, la sua premura nel rendervi maestre di solfeggio con tanto di note mai be-molli!
Ed ecco che ormai ammansito come un topolino, cominciai a seguire la sua musichetta ogni volta che la sentivo, ad essere pronto quando arrivava, a scusarlo se non c'era, a desiderarlo senza trattenerlo, non immaginando che un chiodo schiaccia sì, un altro chiodo, ma tutti sti chiodi si devono pur conficcare in un pezzo di legno, e nessuno ti dice che quel legno sei proprio tu, inoltre per la modestia che mi contraddistingueva, non potevo credere di essere l'unico topastro del mio pifferaio, e mi chiedevo ogni volta che usciva da casa, lasciando i miei sensi in disordine, come potesse avere con tutti una simile energia, infatti trovandolo impossibile ognuno di noi topi avrà creduto di essere l'unico.

Un giorno però, dopo un paio di mesi di "riabilitazione erotica", mi ero ripreso a tal punto da cominciare ad avvertire qualche stonatura nella melodia, per esempio, quella volta in cui al ristornate finita una cena deliziosa, io andai in bagno al momento del conto, per consentirgli di fare l'uomo fino in fondo, senza imbarazzarlo, e al mio ritorno mi disse col foglio in mano:
- scusa, hai degli spiccioli?- sì, certo, dissi pensando si riferisse alla mancia, e proseguii dicendo - quanto ti serve? Settantacinquemila lire, guardai il conto quasi strappandoglielo dalle mani, ed il totale era di cento quarantamila, mi sedetti, lo fissai e gli dissi: facciamo una bella cosa, aspettami fuori! Pagai il conto, e ringraziai con un sorriso, prima di togliermelo per affrontare il pifferaio.
Ma dico, potevi almeno portarti una maniglia della bentley del cazzo e non fare una figura di merda del genere no? Che in Brasile hai dimenticato il bancomat? dissi furente non tanto per aver pagato, quanto per averlo fatto dopo che ero stato invitato da lui, con opzione di scelta del ristorante, lui disse qualcosa circa il fatto che,essendo ritornato in italia da poco, aveva qualche difficoltà, e cercò di placarmi con una delle sue manovre avvolgenti ma io ormai ero diventato sordo a quella musica e da quel giorno interruppi, con gioia delle mie mucose la nostra relazione.

Negli anni che venirono, lui riapparve e sparì, molte volte dalla mia vita, e non vi nego che seppur immune ormai dal suo incantesimo, non riuscivo proprio a resistergli del tutto, soltanto ero determinato a non credere ad una sola parola che uscisse dalla sua bocca, parole tra le quali non ci fu proprio mai un "mettiamoci insieme", si fidanzò senza un perché con un ragazzo, e col tempo il suono della sua musica divenne sempre più lontano.
Passata la rabbia, di lui mi rimase solo la gioia di sapere, che per quanto io fossi uno strumento primitivo, qualcuno aveva saputo suonarmi a dovere senza spartito, cosa che tenni ben presente nei miei futuri incontri,ma anche la certezza che certe capacità non portano ad una sensata relazione duratura.

Davvero per avere una relazione amorosa duratura, bisogna abbassare il volume della passione? Le passioni così intense, ci trasformano in topi ammaestrati in punta di piedi e tutù, solo per consegnarci nelle fauci del solito gatto ? Volevo sapere come l'amore avrebbe cambiato la mia vita, ma prima di saperlo, avrei dovuto imparare a riconoscerne il suono, lo strumento che lo produce, e tra le tante melodie, riconoscere quella autentica, forse più simile ad una preghiera sussurrata a bassa voce, una di quelle che non senti da lontano, che non vengono di certo dal Brasile, e che non incantano tutti, ma solo te!











martedì 4 ottobre 2011

funambolismo economico o esercizi sul filo del...cashmere?


In una grande città come Milano, il denaro in quegli anni, girava ancora, ricordo giornate di lavoro titaniche, che non avrei più visto negli anni a seguire, eravamo ancora lontani dall'avvento del terrorismo globale, e dalla schiacciante morsa della crisi economica, i domestici delle mie clienti erano per la maggior parte filippini, e i cinesi sembravano solo turisti da prendere in giro per la loro curiosa abitudine di girare in gruppetti, per le vie del centro.
Pagare un affitto, era comunque oneroso anche allora, e per niente facile da ottenere, e quindi gran parte del mio guadagno era già destinato alla sola uscita, di giorno non sentivo altro che parlare di acquisti griffati, di vacanze, o della nuova casa al mare di questa o quella, ma la cosa che mi incuriosiva, era la naturalezza con cui queste persone ne parlavano,mentre io con una naturalezza simile, parlavo solo di brufoli e bollette, la sera invece, la passavo a far quadrare i conti, la mia prima televisione, mi fu regalata usata, da amici per un mio compleanno, ed io ne fui comunque entusiasta.

Avere denaro, non faceva parte dell'educazione che avevo ricevuto, mia madre infatti associava alla ricchezza qualità come l'avidità, l'egoismo, la presunzione e forse anche alcune malattie come il colesterolo, la gotta e l'alluce valgo, quindi mi ero fatto l'idea che fare soldi, portasse sfortuna, e a guardare le facce delle mie clienti, c'era da crederci, dietro i loro costosi rossetti e la settimanale manicure impeccabile, gli occhi erano quelli di una moglie tradita, di una vedova distrutta dai conflitti patrimoniali con i parenti, o di una ragazza senza niente da sognare, ma devo riconoscere, che lo stesso sguardo velato, ce l'avevo anch'io ogni volta che aprivo l'armadio.
La cosa veramente orribile, era l'armadio di uno che soldi non ne ha, perché quella maglietta o quel giubbotto urlava Fai cagare, ogni volta che vedeva la luce del sole.
Un immagine modesta, era ciò che le nostre clienti si aspettavano, in quanto parrucchiere e portinaie erano considerate gemelle diverse, ma di ugual sorte, e in fondo, chi vuole vedere una parrucchiera rionale competere con le sue clienti? Nessuno, infatti per questo, le parrucchiere portavano i capelli raccolti con le pinze e quegli orrendi completi da lavoro, e non di rado alcune clienti oltre a riciclare i regali sgraditi in negozio, portavano alle mie colleghe gli scarti dei loro armadi, che pur essendo qualitativamente alti, erano di almeno dieci anni prima, la fortuna di essere uomo, mi risparmiò l'orrenda novena dei ringraziamenti fasulli, ma il problema restava, e mi chiedevo: le mie clienti avrebbero mai saputo di essere tanto ricche se noi non fossimo stati tanto raffazzonati?

Nonostante l'equilibrismo economico, riuscivo ad avere il mio pantalone nero con la riga in sintetico, ed una maglia sempre pulita con cui lavorare, e lucidavo solo le scarpe che tenevo in negozio perché pur rischiando l'esplosione ogni volta che accendevo una sigaretta, ero riuscito ad evitare gli zoccoletti bucherellati e la cappettina bianca, e in centro ci andavo a camminare, con la mia prima borsa( anticipai di una ventina d'anni, l'ingresso degli accessori nella moda uomo) in plastica similpelle, che ti faceva sudare le mani, anche d'inverno, e vedevo i commessi della Rinascente, farsi prestare un terzo sopracciglio da alzare con disgusto, al mio passaggio, ma credo che molti di loro all'uscita sul retro, non avessero più allegria di me, ciò nonostante non riuscivo proprio a sentirmi invidioso di nessuno, certo, non ero serenissimo come Venezia, ma neanche dimesso come Genova!

Il mio sogno di ascesa sociale, prevedeva la ricchezza? Diciamo che la contemplava, ma sempre troppo da lontano, avevo per esempio dei clienti gay molto benestanti, ma nessuno mi prendeva in considerazione, perché avrebbero rischiato la reputazione nel quartiere, ma di solito in qualche locale al buio, erano meno schizzinosi, perché come cantava Milva "le gatte al buio si assomigliano", quindi compresi che per quel tipo di treno, io non avevo il biglietto, eppure immaginavo che ci fosse un qualche rapporto tra ricchezza e fantasia, immaginavo cioè che se le persone ricche si vedono in mille posti diversi e in mille modi, e finiscono per farlo, forse se io potevo immaginare scenari più ampi, almeno avrei potuto inciampare e guarda caso, finire proprio dentro a uno di quegli scenari. Comprai alcuni libri new age che descrivevano il potere della visualizzazione mentale con semplici esercizi da fare anche sul tram, per il quale il biglietto non mi mancava: immagina, fabrizio, immagina, non così un po più in la, più grande quella casa, più bello quel pantalone, più pregiata quella borsa, sentine l'odore, la consistenza senti come scivola il satin sulla gamba...ma finivo per addormentarmi in posizioni ambigue svegliandomi ai capolinea più remoti della città.

Provai allora con l'atteggiamento. Come cammina chi non ha nuvole scure sulla testa? come lo chiede quel caffè al bar, come osserva una vetrina? Mi recai nella prestigiosa Via Vincenzo Monti, dove ci sono negozi eleganti, gioiellerie, e curiosissimi caffè, e mi avvicinai ad una vetrina dove due signore distinte discutevano sul capo esposto come segue:
- beh, ha un bel quid, e il taglio svasato lo rende informale, che ne pensi Maria Beatrice?
- mah ti dirò, Benedetta, il due fili è un pò difficile da portare sulla pelle, magari con sotto una canottina in tinta forse, è che il cipria ti costringe a truccarti di più!
Ma, lo comprate o no, sto maglione? Mi chiedevo, alle loro spalle, c'è un solo motivo per non farlo che riguardi il denaro, siete uscite con i soldi contati come me? Si, voltarono come intuendo i miei pensieri, ma in realtà la mia osservazione era stata troppo ravvicinata, e mentre il vento spostava dai loro visi abbronzatissimi qualche mechès di troppo, si presero a braccetto, e aumentarono il passo velocemente. Insomma, ma a che serve avere possibilità, se invece della gioia di poter fare, si instaura l'apatia?
Aggiunsi l'indifferenza alla lista di cose nocive che mia madre aveva messo in relazione con la ricchezza, e per consolarmi entrai in un bar, dove dovevano essere tutti avvocati, perché il barista continuava a dire: un caffè all'avvocato, avvocato cosa desidera, un caffè macchiato in tazza grande con del latte freddo a parte e lo zucchero di canna tiepido in cubetti da due per due, per l'avvocato, e come sotto un incantesimo, alla domanda,cosa desidera?
Risposi sfinito, Un Avvocato per favore!


giovedì 29 settembre 2011

La Nave Scuola


Mi ero sempre sentito attratto da uomini più grandi me, forse, per colpa della mia prima cotta "omo", quando avevo circa vent'anni o poco più, e lui ne aveva già quarantadue, eppure io non riuscivo a considerare questo gap come insormontabile, perchè la mia natura introspettiva, oltre che il mio passato tragicomico, mi aveva tolto i tratti superficiali del ragazzo, focalizzando la mia attenzione su un livello differente. Se i ragazzi della mia età amavano sfottersi, io preferivo ascoltare con attenzione, se loro si misuravano fisicamente, io lo facevo con le parole, di conseguenza, una persona matura, mi affascinava per la sua stabilità, per la quiete con cui sapeva godere di una passeggiata, del cibo, e della compagnia. Del tutto diversi dai diciottenni di oggi, noi non godevamo di una libertà così ampia, per cui, ciò che desideravi fare, dovevi per forza, farlo di nascosto. Ricordo ancora, l'emozione di percorrere, la collina dietro casa, dicendo che andavo a giocare, per raggiungere un punto dal quale potevo osservare il terrazzo di casa di "Lui", senza esser visto, la precisione con cui sapevo quando sarebbe uscito per bagnare le piante, o fare qualche lavoretto. Dal mio nascondiglio, balzavano i battiti del cuore ad intervalli irregolari, mentre l'attesa era croce e delizia al tempo stesso, fino a quando lo vedevo e sentivo il sangue scendere come piombo alle caviglie, impedendomi ogni passo!
Cosa mi spingeva a rischiare tanto? E se qualcun'altro mi avesse visto appollaiato sull'albero come un condor?
L'innamoramento giovanile, è un istinto sordo che non accetta moderazione di sorta, per me, il mondo in quel momento era fatto solo per noi due, e da noi, unicamente abitato, pur essendo tanto spavaldo però, non riuscivo a fare un passo verso di lui, sapevo che non l'avrei mai fatto, e che quel privilegiato momento era perfetto così com'era. Lo so, che molti pensano al povero ragazzo senza una figura paterna, che cerca un modello d'uomo a cui ispirarsi, ma vi sbagliate, io un padre ce l'avevo, e anche adeguato, che cosa dunque mi spingeva verso quell'uomo invece che verso un coetaneo?
Con i miei amici di piazzetta, ci andavamo a guardare i giornaletti porno, sotto una grande quercia, ma dopo le prime volte, non ci provai più nessun gusto, in quei giornali, le figure maschili erano sempre di sfondo o di spalle, e non mi andava di fare tanta fatica con la vista, inoltre sebbene si dica che le prime esperienze pseudo sessuali si abbiano fra amici, io dovevo aver scelto i più ritardati tra loro.
Quell'uomo non aveva attirato la mia attenzione per caso, diciamo che era una sorta di amico di famiglia, i miei lo conoscevano e si salutavano cordialmente di tanto in tanto, comunque, dopo un certo periodo, quell'emozione svanì, insieme a qualche grado della mia vista ormai consumata, ma non smisi però di sentire come un languore alla bocca dello stomaco, per uomini del suo genere, chiamiamolo "inprinting". Senza saperlo avevo fatto un'istantanea mentale, associata ad una sensazione che pur non essendo proprio di benessere, sapeva motivarmi quanto la fame o la sete. Degli uomini più grandi, ammiravo l'autonomia, il loro stare al mondo apparentemente senza paura, e forse alcuni tra loro, che non mi trattavano come un ragazzino, provavano tenerezza per la mia evidente seppur apparente fragilità.
Pur avendo creduto di avere le gambe instabili come un cerbiatto appena nato, nei confronti della vita, io sviluppavo a mia insaputa, una forza incredibile, una tenacia simile allo spirito di sopravvivenza, perché sapevo bene, quanto strano e preoccupante fossi ritenuto dai miei genitori, e sentivo sibilare il gelo con il quale cominciavano anche a ritenermi "pericoloso".
Erano i miei genitori, e ben sapevano che gli ormoni, preparavano la loro miscela esplosiva dentro di me, ed avevano anche ben capito l'orientamento verso il quale l'ordigno si muoveva, come vedete, il kamikaze non era una novità neanche allora, infatti, penso che mi vedessero proprio così, armato di una cintura ormonale, che prima o poi sarebbe esplosa con le logiche conseguenze del caso. Da bravi artificieri, cercarono di neutralizzare il mio "innesco", di contenere il "danno", mentre studiavano come rendermi inoffensivo! Ne seguì una lunga quanto inutile novena di ragazzine che i miei mi infilavano tra i piedi, fino a quando veramente stufo lasciai che mia madre trovasse una lettera, verosimilmente da inviare ad un fermoposta, in cui rispondevo ad un annuncio erotico gay! Il resto ve lo lascio immaginare, ma tornando a noi, molti anni più tardi, di anni ne avevo quasi trenta, e vivevo già a Milano, e cominciai a notare che aumentava il numero dei ragazzi di almeno dieci anni più giovani, che cercavano di sedurmi.
Non la presi benissimo, nei locali io puntavo sempre verso i dieci sopra e per riuscire a concludere qualcosa, dovevo spostare a manate, questi insopportabili canarini che mi cinguettavano intorno, tranne una volta in cui il canto di uno di loro finì per incantarmi.
Lo conobbi, grazie ad una ragazza, che vedevo di tanto in tanto, lui arrivava dalla Calabria, e il suo accento aspirato, mi faceva ridere, non molto alto e moro il fringuello aveva peli e voglie di un cinquantenne, non so come, ma la spontanea ingenuità con cui approcciava chiunque, mi spinse a salvarlo da una fine certa, e in qualche modo a prenderlo sotto l'ala. Mi domandai se avrei sopportato di vederlo farsi male senza muovere in dito, e data la fatica che avevo fatto io a individuare i pericoli di una libertà troppo a lungo negata, scelsi di istruirlo un pochino, anche perché, il led della sua "cintura ormonale", lampeggiava di rosso, quindi era necessario agire tempestivamente, e cominciai perciò ad accompagnare il mio "mozzo" tra i mari della vita gay, dei locali, discoteche, parchi pubblici, e quant'altro un piccolo calabrese voglioso, avrebbe deciso di vedere per placarsi. Nei suoi profondissimi occhi neri, c'era una luce di vita accecante, ma molte di quelle luci si erano spente in quegli anni, troppo rapidamente a causa della mancanza di prevenzione e informazione, e anche a causa di detestabili untori, che pur sapendo di essere malati, non prendevano deliberatamente alcuna precauzione!
Diventai perciò la sua "Nave scuola" un posto sicuro dove migliorare le proprie capacità di percezione, pur godendo della sua piena libertà, cercai di insegnargli che per portare la nave in porto, occorre prima diventare abili in alcune manovre, e che la fretta, non avrebbe migliorato le sue qualità, che il mare dell'umanità è mutevole, e cambia improvvisamente, che rasentare gli scogli, è possibile ma non senza una carena rinforzata, e non da ultimo, che non si esplora una nuova fetta di mare senza una mappa!
Seduti al bar, gli chiedevo che cosa notasse nelle persone da cui si sentiva attratto, e a parte qualche ovvia localizzazione inferiore, cominciò a capire quanto fosse più eccitante alzare la mira del cannone verso l'alto. Cosa vedi nel suo viso? Ti sta invitando o vuole essere invitato?
La sua irruenza e il calore del suo Sud, lo rendevano adatto a prendere l'iniziativa e così comprese che avrebbe avuto maggiore soddisfazione nel conquistare un ragazzo che si lasciava scegliere, invece di ingaggiare una inutile sfida con un pirata suo pari.
In discoteca, gli mostrai che per appartarsi, con qualcuno c'erano luoghi più dignitosi del cesso, e che soprattutto ballare era come gettare le reti, un semplice preliminare da non esaurire in loco, tuttavia la sua curiosità, era anche rivolta alle vere e proprie manovre di abbordaggio, e a come poter possedere il vascello altrui, quindi mi trovai ad un bivio imbarazzante. Non avevo nessuna pulsione nei suoi confronti, quindi non volevo oltrepassare un certo limite, ma mi rendevo anche conto, che non volevo pensasse al sesso in maniera troppo distaccata dal sentimento di unicità di quel fare con l'altro. Come insegnargli a non "usare" un corpo ma a solcarlo, circumnavigarlo, ed infine raggiungerlo, senza violare in qualche modo il mio principio di tutela? Ripensai all'ipocrisia dei tutori greci che si facevano i ragazzi con la scusa di favorire propedeuticamente il loro ingresso nella società adulta, e mi decisi al varo di quest'Amerigo Vespucci che ormai avevo accettato di essere, lasciando che lui si facesse strada nel mio mare calmo.
La grossolana avidità tipica della gioventù, costrinse il ponte della mia nave ad inarcarsi come sotto una secchiata d'acqua gelida, ma solo un istante dopo, il mio "mozzo calabrese" dimostrò di saper aver cura del legname pregiato di cui ero fatto, e finirono nello scarico della doccia, tutti i miei sensi di colpa e le sue paure, lo abbracciai ma mi sentii abbracciato, e guardandoci privi di ogni malizia, i suoi denti bianchi si mostrarono in un sorriso fiero e riconoscente.
Il passo successivo fu quello di non creare con lui nessun legame tranne quello che le nostre anime avevano intrecciato reciprocamente, perché non c'è persona con la quale la mia pelle si sia unita, che non mi sia rimasta addosso in qualche modo, un mese più tardi, mentre io mi dedicavo alle pratiche di carenaggio del mio vecchio scafo, mi arrivò una cartolina con l'immagine di un galeone, in verità me ne arrivò una ogni mese, fino a quando lui non fu talmente lontano e sicuro al timone di se stesso, che ormai i gabbiani che la portavano non avrebbero più potuto tornare indietro.
Sì non si può diventare grandi da soli, e ogni tanto sentire che, sia che si tratti di amore, di conoscenza intellettuale, che di ogni ricchezza di sapienza che la vita ha donato all'umana natura, noi essendone fruitori e non possessori, possiamo attingere a nuove ricchezze solo facendone dono a nostra volta, senza chiedere nulla in cambio, mi pare cosa buona e giusta. Forse, solo con questo spirito, nessuno depreda, nessuno trafuga, nessuno estorce per egoistico piacere, ma tutti contribuiamo alla circolazione di un energia vitale, che sospingerà lievemente, anche le vele del nostro ultimo viaggio... un giorno o l'altro.











martedì 27 settembre 2011

modalità affettive: la suocera a progetto


L'ostilità delle famiglie, alle relazioni gay dei propri figli e figlie, si manifesta in un caleidoscopio abbastanza vario di possibili comportamenti, poiché si sa che non si muove foglia che Dio non voglia, ma l'educazione religiosa del paese italico impedisce di considerare che la foglia di fico in movimento, sia di due Adami, o Eve. Per tali ragioni, le famiglie quasi mai del tutto inconsapevoli della natura dei propri figli, si trovano di fronte ad alcune decisioni importanti, nel momento in cui "l'amico/a" , comincia ad essere un pò troppo presente nella vita dei propri pargoli.
Molti per evitare Tsunami famigliari, arrivano fino ai 50 anni, non facendo outing, ma questo di solito, rende le loro relazioni, quasi mai durevoli. I segreti hanno l'abitudine come le bugie di velare la realtà, e se da un lato impediscono al parentado di ficcare il naso, dall'altro impediranno al naso del bugiardo, di scorgere il muro che ha di fronte.
L'amore materno ha modi di esprimersi, più bizzarri di un carro del Gay pride, di conseguenza i casi si riducono a due: la madre chioccia, piuttosto che rimetterci il pulcino, si cova anche il brutto anatroccolo, la madre cigno caccia il pulcino gay, per paura che gli rubi le scarpe, ma entrambe prima o poi diventeranno suocere e dovranno scegliere come rapportarsi anche con l'altro/a metà del letto dei propri figli/e.
Dal mio punto di vista, esse restano in entrambi i casi, delle suocere "a progetto".
La natura precaria della loro figura, non nasce per una qualche mancanza nel rapporto di coppia tra due simili, piuttosto si concretizza nell'adattamento più o meno forzato, con cui la madre, si misura, in quanto, sia la madre che accoglie, che quella che nega, cercano di ottenere il controllo sull'andamento della vita di qualcun'altro, per non modificare la propria.
Ricordo la madre di un mio amico, che per contrapporsi al rifiuto del marito di accettare la gaiezza del figlio, si trasformò in una sventurata specie di suffragetta gay, che riempiva tutti di vistoso imbarazzo. Quando il figlio, si fidanzò con un ragazzo e andarono a vivere insieme, essa si incaricò di pensare a tutto ciò che occorreva loro. Direte che non sono mai contento, che in fondo, era premurosa, e che cercava solo di aiutare, ma mentre lo dite, pensate a quanto molte di voi, abbiano gradito l'intromissione seppur a fin di bene, della propria suocera.
Mia madre, che divenne suocera più volte, la maggior parte delle quali a sua insaputa, mi disse chiaramente, quando le portai a casa l'uomo col quale sto tutt'ora, "non crederai mica che mi possa comprare con le sue buone maniere?" - "No, mamma l'acquisto non è nei suoi programmi tanto quanto non lo è nei miei, siamo qui solo per rovinarti un pomeriggio!"
Il "progetto" della suocera precaria, è sempre quello di veder naufragare il vostro rapporto, o per riavervi, o per dimostrarvi che non è normale, quindi la riconoscerete perché sia la sua presenza che l'assenza avranno il potere di fare della vostra relazione un "triangolo senza bermuda"!
Sarete in tre in cucina, mentre fate la fricassea con la sua ricetta, o quando vi sentirete in colpa per non averne voglia, sarete in tre in salotto sia che vi venga a salutare che se quella sedia sia sempre vuota, ma soprattutto sarete in tre a letto!
Ebbene si, credete davvero che la suocera a progetto non si sia informata circa le vostre geometrie sessuali??? Vi consiglierà il lubrificante migliore, o sterilizzerà amorevolmente i vostri Toys, oppure non arriverà mai oltre la porta per terrore di vedervi fare quelle porcate che vi piacciono tanto, ma state pur certi che anche se incomprensibilmente, esse pensano a voi che fate sesso! Non so per quale beneficio, io non ho mai pensato alla sessualità di mia madre, eppure con estasi o disgusto loro ci pensano e dato che nonostante la vostra somma gioia, non produrrete una realtà materiale chiamata figli, esse potrebbero persino provare gelosia nei confronti di un piacere tanto illimitato quanto "infruttuoso" . Una gelosia inconsapevole, ovviamente, ma altrettanto motivante. Ricordo una splendida Virna Lisi, interpretare il ruolo di una madre, che si trova una sera delle tante passate da sola, ad indulgere alla vista di un film porno, lo sguardo che dapprima era di riprovazione, comincia a lasciare il posto ad uno stupore infantile per una donna di quell'età, fino a quando la figlia che era entrata in casa a sorpresa e non si era fatta udire, le tuona alle spalle, "Mamma, che fai?", Lei si gira con uno scatto e sente di doversi giustificare, dicendole di averlo appena visto girando il telecomando, ma quando la figlia le palesa il motivo della visita, annunciandole di avere un'amante, lei sente di dirgli "Non so, voi volete tutto, la passione, i figli, il lavoro...io non credevo comunque, che un uomo e una donna potessero perdersi così tanto uno dentro l'altro, senza vergognarsi, e comunque tuo padre, quelle cose, non le avrebbe mai fatte con sua moglie"!
Un altro caposaldo della suocera a progetto di tipo più sano, di quello menzionato fin qui, è che essa è suocera per la durata del progetto stesso, ma sarà in grado di avere con voi un rapporto dopo la vostra rottura col proprio figlio/a? Vi riconoscerà ancora tutto il bene che avete fatto, o ricorderà solo l'ultima parte che vi vede scegliere di lasciare?
Se, e ripeto se, come credo nel caso delle coppie gay, le suocere sono disposte a considerarci per il "bene" che portiamo alla vita del figlio/a finché lo garantiamo, con ogni sacrificio possibile, i loro gesti di generosità sono davvero sinceramente rivolti a noi, o al mantenimento del nostro ruolo?
Personalmente, le mie suocere passate, non hanno mai continuato ad avere un rapporto con me, nè io con loro, ecco perché credo che in fondo siano sempre state solo madri, e per questo non le giudico, ma di certo, ne rivaluto la necessità, la reale utilità di compiacerle, il bisogno dei loro figli che io o voi gli piacciate, e vi invito a depennare dalla lista dei motivi per non lasciare il vostro/a compagno/a, tutto quello che hanno fatto per voi, in quanto spesso non sarete indispensabili ma utili, e del tutto passeggeri. Il vostro viaggio di coppia, non deve per forza includerle nè escluderle del tutto, diciamo che sarebbe onesto che gli pagaste i "contributi" in termini di rispetto, ed educazione, ma non fate l'errore di "sentirvi" parte di una famiglia, nemmeno durante il pranzo domenicale, piuttosto "partecipate" se potete alla famiglia del vostro compagno, o smettete di imporvi se non vi gradiscono, e ricordate se siete maschi, che la collana di perle col fermaglio a cameo, che vi fà impazzire, non ve la daranno mai!
il giorno che avrete deciso che la vostra relazione è finita scrivete come segue:


Gentile suocera,
La informo, che decaduti i termini del "progetto" tra me e suo figlio/A, nonostante gli innumerevoli arrosti e ravioli da lei prodotti nell'esecuzione del suo mandato, ( o grazie alla sua completa inutilità nella figura di conciliatore dello stesso) io sottoscritto/a genero/a nuora/, le comunico il mancato rinnovo della mia pazienza,(o del mio entusiasmo)all'interno del "progetto" che la vedeva inclusa più o meno suo malgrado, e la informo, che a decorrenza da ora lei può ritenersi di nuovo madre di figlio/a single.
Le verranno riconosciute le mensilità previste dalla Legge, che non ci riconosce come coppie, per un importo pari ad una fredda stretta di mano.
Per quanto riguarda la suddivisione dei beni, non ne riscontro alcuno da salvare, e per inteso nemmeno gli odiosi completini per colazione all'americana, riciclati in tutti i Natali passati.
distinti saluti
la direzione del proprio Io e dell' annesso apparato genitale!