Non diedi mai per scontata l'assunzione, ma mi impegnai affinchè non avessero scelta e mi assumessero. Intanto Claudio aveva finito la scuola di trucco ed effetti speciali, e pur preparandosi per l'esame, si cercò un lavoro.
Al contrario di me, lui si sentiva fiero di lavorare per uno dei Jean francesi che invadevano Milano, parole come “ovalage”, ed “effilage” divennero subito parte del suo nuovo vocbolario, e forse soddisfò così il suo bisogno di elitè.
Ci rendemmo conto che la condizione di stabilità raggiunta con il lavoro, ci imponeva di non approfittare più dell'appoggio della Mari, e della sua casa, quindi, decidemmo di cercarci un appartamento in città e nonostante la casa della mari, fosse già arredata, era molto comoda e grande e mi dispiaque molto lasciarla.
Avevo sparso la voce tra le clienti, e una di loro ci propose un suo appartamento, che sebbene fosse impegnativo a livello economico, ci convinse.
Se a Novara, i vicini erano schivi e sospettosi, a Milano, ne incontrammo subito una di tutt'altra pasta. Lei, abitava sotto il nostro appartamento, e una sera, mentre ero lì a pulire suonò alla porta!
- chi è?- chiesi, - Sono la Teresa rispose. La voce non era giovane, ed appariva enorme vista dallo spioncino. Aprii la porta ma non del tutto, e la signora teneva in mano un piatto di pasta, ed era proprio come l'avevo vista!
- Hai mangiato?- disse, intronducendo la testa in casa, e aggiunse, - Guarda che sono pulita- .
Non potei impedirle di entrare, data la gentilezza, e compresi che aveva una gran voglia di vedere la casa.
-Sto pulendo, prima di traslocare, e non ho molto da offrirle, ma prego si accomodi!-.
Teresa non era di milano, non più di me diciamo, e in un quarto d'ora mi aggiornò su molte cose che non avrei dovuto sapere sui proprietari, inoltre mi chiese della mia “ragazza”, - Si chiama Claudio, e lo conoscerà presto- annunciai convinto di vederla saltare dalla sedia in cerca dell'uscita, macchè! La Teresa mi confessò che quelli come me, gli uomini-sessuali, lei li aveva già conosciuti in calabria, e che a parte le malattie non aveva “pregiudizi”.
Quali malattie?
- Ai miei tempi, ci si chiaffava su la spirina(spirale), ma oggi c'è quella malattia, come si chiama? Ah sì l'AGS!-.
- Ah, capisco”, le dissi, “L'AIDS, beh! Diciamo che mi basta l'influenza di tanto in tanto-, e lei versai il secondo bicchiere di rosso, bella rubiconda e felice mi lasciò ai miei pensieri.
Era chiaro, che avrebbe tenuto un diario dei nostri orari, della posta ricevuta, e probabilmente della nostra attività sessuale, e data la rumorosità di Claudio, avrei dovuto informarlo o mettergli un silenziatore, comunque, la scelta di quella casa era giusta, e lo capii dagli avvenimenti che si susseguirono. La mia assunzione fu confermata, e alcune clienti cominciarono a chiedere di me!
Claudio, trasformò la nostra camera in un officina, il bagno in un laboratorio, e il soggiorno in uno studio fotografico, per affrontare l'esame, mentre io ero di nuovo alle prese con le tende da cambiare, la teresa, cominciò a farci visita con “regolarità” e decisi che data l'ora che sceglieva, era arrivato il momento di passare dal rosso alla grappa.
- Dobbiamo fare qualcosa amore, questa non molla, e io ho paura che un giorno dormiremo in tre!- osservai col mio fidanzato, - In effetti, una notte a tre, potrebbe starci- disse lui.
- Non puoi scherzare su tutto Claudio, quello che ci vuole è darle un compito, qualcosa che la tenga occupata, ma cosa?-
- Perché non proviamo a fare un figlio.....così farà la nonna!- sussurrò avvicinandosi.
Il sesso, e le manie di grandezza, completavano l'orizzonte del mio uomo, e mi chiedevo se quello, non fosse un cielo troppo piccolo per volare davvero, certo, data la stabilità raggiunta, avremmo dovuto considerare completo il quadretto che avevamo sognato sotto la vigna di casa sua in Liguria, eppure ora io ero “a Milano”, non vicino, ma proprio lì, e questo quadretto mi andava già stretto. Mi resi conto, ad esempio, che non avevamo amici, e che era l'ora di farsene alcuni. “Farsi “nuovi amici nel mondo gay non è difficile, e non per la nostra disposizione all'amicizia. Ma io cercavo amici con cui fare una cena, vedere un film, o andare a ballare, e Claudio non sembrava averne bisogno. Considerai questa differenza tra noi, un'impurità virile nella sua attitudine gay, ma non volli darci peso, certo potevo invitare le colleghe, ma erano tutte fidanzate, come me, cosa potevamo scambiarci, le ricette?
Decisi, quindi di fare volontariato. Mi dissi “Se trovo un associazione che mi piace troverò persone con cui fare delle cose, e da cosa nasce cosa”,e quando annuciai al mio compagno, la mia decisione di attività sociale, speravo ne fosse entusiasta, ma invece si rabbuiò. Avevo imparato da lui la tecnica della decisione imposta, e quindi ero convinto che avrebbe capito. Quella sera non fu carino con me, per la prima volta, e anche a questo non diedi peso.
In associazione si parlava di cose serie, come sieropositività, terapie, sensibilizzazione dell'opinione pubblica, e prospettive di vita, sebbene la mia preparazione in materia fosse pressoché nulla, le ragazze e i ragazzi presenti, seppero mettermi a mio agio, e la prima sorpresa, fu comprendere che le persone sieropositive erano come le altre. Alte, magre o basse non avevano segni visibili della propria condizione, e invece di mettermi ansietà, questo fatto, mi rassicurò. Non ero preoccupato di averci a che fare, come lo erano in molti, solo mi preoccupavo di avere una faccia stupida, pietosa, o comnque inadeguata, nel caso ne avessi incontrato una persona malata. Collaborai da subito con una ragazza decisamente sovrappeso, che era responsabile dei banchetti informativi, con la quale fu facile diventare amici, e una sera, durante un aperitivo mi disse:
- il tuo impegno in associazione è molto incoraggiante, parli con tutti, stringi le nostre mani, e ci hai abbracciato in silenzio, quando alcuni di noi se ne sono andati, voglio dirti grazie-.
Rimasi sbalordito e piangendo compresi che il momento tanto temuto, il confronto al quale, non mi sentivo pronto, era già accaduto, ed era stato facile come un abbraccio. Quella ragazza nonostante il suo aspetto florido, morì l'inverno dopo di polmonite. La stessa polmonite che io avevo superato tante volte.
Ero felice, di conoscere nuove persone, e di avere un lavoro ed un compagno, ma non sono mai stato bravo con l'equilibrio. In questa cosa ci avevo messo tutto me stesso, e spesso le sere c'erano da fare i banchetti informativi, e ora che lei non c'era più, la responsabilità fu affidata a me, quindi spesso non tornavo per cena, ma una volta a casa, ero allegro, e con molte cose da raccontare, ad un uomo che invece, diventava ogni giorno più triste...
Il cielo della mia relazione, si annuvolava.
To be continued