Urlando questa frase, il professore del racconto di Mary Shelley, non solo dava vita all'inerme corpo rattoppato di Frankestein ma anche affermava di poter scardinare la morte, sfidare l'immobilità che essa reca e infondere ad un corpo l'energia che ne contraddistingue l'esistenza!
Sono certo che anche voi condividete che la vita in sé, non sempre è associata alla vitalità, tant'è vero che, quando stringete la mano a qualcuno che pur è vivo, potete sentirne la vitalità o altrettanto immediatamente, la sua apparente quanto inspiegabile mancanza! Avete presente quelle mani flaccide che nemmeno se le stringete sembrano ricevere la vostra scossa? Che vi viene voglia di urlarglielo il titolo di questo brano!
Mi sono chiesto spesso quale ragione, quale casualità, quale ingiustizia si celi nella impari distribuzione della vitalità che sembra aver avuto luogo nella razza umana e per farlo, ho dovuto partire da me come cavia zero. Io ero vitale, e se lo ero, cosa lo rendeva evidente?
Innanzitutto, suppongo che il principio fondamentale sia non solo che essere vivi sia una forma di “moto a luogo” per cui necessiti di vitalità ma che esserlo “a tempo determinato”, come per la mortale creazione, sia ancor più che uno stimolo una vera e propria pedata nel culo, un conto alla rovescia che non preveda lo spreco nemmeno di uno, di quei preziosi quanto sconosciuti nel numero disponibile a ciascuno, minuti di vita. Io ad esempio ero un bambino silenzioso, apparentemente apatico, ma nella mia testolina frullavano mille domande e il mio silenzio, forse una forma di sfiducia nei miei interlocutori, si ruppe non appena in grado di interfacciarmi con altri e la domanda divenne il mio incessante, sfinente, imbarazzante modo di urlare continuamente, fino ad oggi : si può fare!
Eppure, pare che nel volto stesso di alcuni ancorché nella stretta di mano tale urgenza non si ravveda, da non confondersi con la serenità zen di altri né che se anche immobili, vivono intensamente in qualche dimensione interiore!
Nonostante anche questi “morti viventi” emettano il primo vagito sotto forma di pianto, che potendo sarei certo si risparmierebbero anche quello, il loro sviluppo sembra essere solo temporale, cioè, crescono maturano e invecchiano con quella stessa insopportabile piattezza non rispondendo con stupore alla domanda si può fare né ponendosela come necessaria!
Queste persone vivono, come mia madre, una vita “normale”e attraversano gli eventi con apparente forza, perché devi credere che siano tali, se di fronte ad una notizia infausta, quanto alla più grande gioia, non leggi nessun picco nel tracciato piatto della loro esistenza, ma in realtà è proprio la forza quello che manca, la vitale risposta alla domanda che ogni evento pone: ce la posso fare?
Per essere del tutto onesti nemmeno bisogna intendere la vitalità come quella forma di esaltazione che prende alcuni da quando nascono a quando muoiono. Avete presenti quelli che lavorano, vanno a correre nelle pause che alle sei di mattina hanno già fatto yoga, colazione, beneficenza, spesa on line, depilazione e forse anche risolto il debito coniugale? Ecco.
Queste persone anch'esse venute al mondo con un pianto, non hanno più smesso di proclamare la loro urgenza vitale ma non per questo sono meno irritanti dei mollaccioni di cui sopra, anzi, a ben guardare, essi rappresentano l'iperbole opposta in quanto alla domanda si può fare, rispondono: già fatto! A questo punto, vi starete dicendo che l'argomento stagna nella palude delle differenze, nel brodo organico delle eccezioni che si risolve con: ognuno è diverso e chissene!
Torniamo per un momento alla domanda: si puo fareeee? Che cosa andrebbe fatto per dare una risposta vitale? Nel caso del povero Frankenstein fu sufficiente muoversi per rispondere si, mentre poi gli eventi che lo videro rapportarsi agli altri, avrebbero giustificato meglio la domanda: farlo era proprio necessario? Il giovane Frankenstein, in fondo, con tutta la sua mostruosa e goffa vitalità e nonostante una risposta sociale pessima, non perse mai di vista che essere vivo non era sufficiente, che per sentirsi vivo, doveva essere amato per quello che era da qualcun altro.
Ecco perché il caso di coloro la cui vitalità sembra esaurirsi con la velocità di un giro di corda al carrillon, è di gran lunga più curioso di coloro la cui vitalità li rende impossibili da ignorare, perché i primi non facendo quasi nulla ottengono quella conferma della propria esistenza, che chiamiamo amore, proprio dai loro opposti vitali. Quindi una morta di sonno si sposa un iperattivo o un lesso viene circuito da una manza tutta pepe. Perché? Perché nel risparmio energetico di queste persone, nella totale opacità dei loro intenti, nel vuoto perso dei loro occhi c'è posto per l'altrui immaginazione! Si può cioè, come fece mio padre, immaginare che quel vuoto, che ancora oggi io vedo nello sguardo di mia madre, nella foto che li ritrae al loro matrimonio, sia trasognato sentimento e quindi la totale mancanza di una emozione “riconoscibile”, ispira la fantasia del più vitale dei due che pensa: si può fare!
La punta più alta di vitalità di mia madre non furono i propri figli né la paura per la Guerra del Golfo, né la mistica figura di Dio e neanche la serie di malattie che avrebbero potuto sopraffarla, ma piuttosto la tardiva coscienza che mio padre, ormai morto, avesse sempre avuto ragione!
Dopo aver passato con lui una quarantina d'anni scarsa limitandone lo slancio vitale in ogni dove possibile, dal talamo al catasto, ed averci convinto del pericolo mortale che il mondo rappresentava(per lei), mia madre ebbe un sussultino ma piccolo piccolo eh, uno di quei “colpetti” che riuscirono a farla smettere di dondolarsi sulla sedia(non a dondolo) come era solita fare, cosa che le dava l'aria pensosa e profonda di una saggia sciamana ma che in realtà era un inutile moto perpetuo fine a se stesso. Piuttosto ligia però, avresti potuto prenderla con tutta la sedia e mettendola dentro un pendolo ottenere l'ora esatta il giorno dopo o anche usarla come metronomo durante una lezione di pianoforte, il tutto ovviamente, senza nessuna risibile differenza emotiva che la toccasse.
Comunque dicevo ebbe un colpetto di fulmine e, di fronte alla possibilità di acquistare settimanalmente i pezzi singoli della “casa delle bambole” de Agostini,(la vedovanza ebbe un effetto regressivo) per completarla forse qualche mese dopo assemblandola da sola, dovette dirsi: si può fare! Telefonò, individuando anche il numero nella confezione, alla casa editrice ottenendo con un lieve sovrapprezzo dell'ammontare della reversibilità di un mese del caro estinto, di avere la casa delle Bambole già bella che montata e finita! Non si può dire che il sogno immobiliare di mio padre fosse stato ben interpretato, né riscattato ma la Maria Luisa aveva fatto il meglio che poteva, tant'è vero che a quel guizzo seguì una catatonia che dura a tutt'oggi!
Ed ecco il vero senso dell'esistenza di quelli che chiamerei “apatici secolari”. Essi esistono affinchè la domanda, si puo fare, ottenga una risposta e siccome l'universo è benevolo non è da questi che la si pretende bensì da coloro che, per un istinto simile a quello che muove la coda agli spermatozoi, sentono l'urgenza vitale di immaginare un futuro, di trovare in quel vuoto, fatto a persona, un contenitore adatto all'eccedenza del proprio spirito. Una sorta di teoria dei vasi comunicanti a livello genetico che soddisfi il bisogno dei mortali di sfidare il proprio limite esistenziale, riproducendosi per poter in qualche modo fregare la morte prima di consegnarsi ad essa...morte che invece giungerà più tardi per gli apatici secolari, in quanto anche La Nera Signora, non è una tipa a cui manchi la determinazione perciò troverebbe di gran lunga noiosa la compagnia prematura dei morti viventi, che a tempo debito, accoglieranno la sua visita con il disappunto di un peto muto che ti sfugge senza che nessuno se ne accorga!
Se il compianto Dottor Frankenstein avesse incontrato la Maria Luisa anziché Frau Blucher avrebbe di certo risparmiato fatica nell'assemblare la sua Creatura, trovandosi una morta già bella che finita (come la sua casa delle bambole) e probabilmente si sarebbe posto una domanda più sensata di quella se si può fare, come ad esempio: chi me lo fa fare?
Senza contare che, una volta animata, la Creatura si trovò come dote soltanto un enorme Swanzstucker che alla Maria Luisa non avrebbe fatto nessun effetto, e all'urlo potente di Dottor Frankestein, SI PUO' FAREEEEEEEEEEEEEE, al nitrito dei cavalli imbizzarriti da Frau Blucher, allo Stupore di Inga la giuliva
assistente, e temo anche di fronte alla Creatura avrebbe opposto uno dei suoi commenti preferiti di fronte all'irruenza della vita e cioè: si può fare, dite? Non c'ho testa !!!!!!!!!