venerdì 19 ottobre 2012

Lussi estremi ultimo capitolo: il Futuro.






Al finire di questo percorso, come un fantasma dickinsoniano voglio ricondurvi lì dove tutto è iniziato, in un luogo chiamato mondo in cui abbiamo formato società più o meno civili, e nel quale sono nati, credo dal bisogno di sopravvivere, i valori fondanti delle relazioni umane: famiglia, paese, società, e regole civili. Intanto che formavamo tutto questo i ritmi biologici, le necessità emotive, e la transizione chiamata vita continuava il suo corso parallelamente a noi, ma ferrea nello scandire lento e veloce del “suo” tempo.
Dopo aver esplorato con voi angoli bui del  modo di piegare la vita ai nostri desideri, e aver sorriso delle distorsioni create al fine di dirsi riusciti, non avete anche voi la sensazione che qualcosa sia andato irrimediabilmente perduto?
Ora che possiamo concederci il senso di perdita fino allo spasimo, il diritto ad una vita apparentemente eterna, fatta di amicizie a “progetto”(ognuno il proprio), e che possiamo dirci liberi di amarci a tutte le età e in modo trasversale ai sessi, ora che i sessi non sono più definiti e la riproduzione può essere rimandata a piacere o inseguita all'ultim'ora, ora che l'amore vissuto con ingordigia e palpiti è disponibile a oltranza, perché non ci sentiamo in Paradiso?
Da piccolo avevo un libro che si intitolava “ Dal paradiso perduto al Paradiso Restaurato”, con una copertina rosa con le figure in delicato rilievo, dove si narrava di un giardino  che un uomo e una donna perfetti avevano perduto, in favore di una vita complicata e futile al solo scopo di sentirsi liberi, e di come poi il resto dell'umanità da questi generata, avrebbe desiderato invece di riconquistare il diritto a vivere per sempre in quello stesso giardino!
Un libro quello tratto dalla Bibbia di cui non sto a discutere l'origine più o meno divina, ma che sempre più mi convinco sia un interessante racconto sulla natura umana.
Io stesso come molti di voi sono uscito dal mio presunto Eden, in cerca di libertà, di una giustizia più umana, di una morale meno ortodossa cercando tra spine e triboli di trovare la mia etica con onestà e oggi a quarantadue anni nonostante il mio “giardinetto” si possa dire completo, mi trovo a uscirne  come  un uomo esce di casa sua ,raddrizzando un quadretto insolitamente “storto”, stupido e stupito per ciò che trova fuori dalla porta della sua casa perfetta. Il vuoto la distruzione tutto intorno.
No, non osate incoraggiarmi con le minchiate sul pensiero positivo! Sono ben cosciente che tramite quello ognuno può crearsi il suo “nuovo ordine”, ma anche che questo non sia sufficiente ad ignorare che forse proprio a causa di quell'ordine in cui bene o male tutti tentiamo di tornare, ci siamo occupati solo di noi stessi!
Valori come l'amore altruistico, la giustizia, la morale onesta e l'etica sono davvero sepolti fuori dalle città, in una landa desolata dalla quale affiorano i simboli storici di una democrazia, sepolta anch'essa dal profitto. Basterebbe quello stupore a farmi capire che pur non volendo anche io ci sono cascato, anche io mi sono occupato di me e del mio paradiso, ma poi mi ricordo che tra una fondamenta e una trave, ho dedicato un po' di tempo ai curiosi che mi passavano intorno, a coloro che non avevano ancora trovato il loro terreno edificabile, e li ho invitati ad entrare in quella che ancora non poteva dirsi casa, ma che vivevo già come lo fosse. A questi ho porto una cassa come sedia e ho offerto il mio ascolto e un po' d'acqua dal momento che molti di loro camminavano da tempo nel suolo della vita, e così se anche la mia costruzione ha tardato a completarsi, poteva dirsi già accogliente. Tutt'ora vi scrivo di continuo in una sorta di apostolato virtuale nel quale se è vero che vi mostro la mia stessa miseria, cerco anche però di offrirvi una visuale di solidarietà che non può che passare per l'imperfezione che ci accomuna.
La connessione tra noi, è ciò che abbiamo barattato e perso per chiuderci nelle nostre belle case interiori, dove per essere  connessi ci basta un click, ma senza coinvolgerci davvero col cuore. Al sentire parlare di corruzione con sdegno, io rido, non già perché consideri lo sdegno inappropriato, quanto perché inappropriato è l'uso che abbiamo fatto della nostra libertà. Da sessant'anni in Europa non ci sono guerre e quelli della mia generazione rammolita, sono cresciuti con la convinzione che niente di brutto li avrebbe sfiorati, nessuna privazione, nessuna ingiustizia, nessuna immoralità più condannabile, e infatti oggi non siamo vittime di ciò che la crisi mondiale ha creato, ma di averla favorita scavando la fossa al senso di responsabilità, alla gratitudine, al sincero interesse personale per il bene comune.
Oh, ci sono persone che si preoccupano per i lussi che non potranno più concedersi, o inventano sistemi per non smettere di farlo, ma mi chiedo: non abbiamo forse vissuto di lussi estremi?
Non sarà l'antipolitica o l'anticlericalismo a salvarci, nessun paradiso può essere riconquistato “equamente” con l'odio o con la violenza così come nessuna “stabilità” raggiunta tramite imposizione o legge può diventare senso civico.
Se fossi una radio che sotto frequenze “sicure” sussurra libertà, questo è il messaggio che diffonderei: siate pronti a lasciare il vostro paradiso, pronti a perderlo per riconquistare il senso del “vostro prossimo”, approcciatevi al lusso più estremo che nessun denaro può comprare, o fatalità corrompere, riconquistate il mondo, senza urlare o sfasciare. Uscite dai vostri rifugi, senza cercare perdono o salvezza dal Cielo cercatevi e affidatevi all'unica “rivoluzione” possibile, quella da sempre è  appartenuta alla Terra, e al suo moto perpetuo e inesorabile.
La Terra è già un paradiso, ma potremo riconquistarlo solo facendo risorgere da “noi” giustizia, onestà morale, e  un etica che nessun io singolo può ottenere. Recuperiamo dall'estremo a cui siamo giunti, un lusso che chiamo: futuro!
Ringrazio a riprova di ciò che sostengo il mio amico Tiziano, per il  provvidenziale quanto inconsapevole aiuto, che ha reso possibile la stesura di questo ultimo post, che ammetto non sarebbe stato tanto accorato senza l'immagine da lui costruita, che l'ha suscitato ! Come vedete non siamo mai soli.


Radiostan vi aspetta alla prossima trasmissione.....se siete in ascolto.

mercoledì 10 ottobre 2012

lussi estremi 5 : le Fatemadri.



Un tema assai scottante da trattare quello della maternità, un vero lusso estremo per me, un lusso per chiunque, in un paese come l'Italia, dominato da un culto della maternità che si ammanta di azzurro nelle confraternite cattoliche, e di nero sui quotidiani.

Eppure, sento di volerne parlare, di poterlo fare. Lo faccio da figlio, perché non posso altrimenti.
C'è nel volere un figlio, qualcosa di apparentemente giusto, come c'è nel sottoporsi a cure per poterlo avere. La mia madre adottiva lo fece negli anni settanta, quando ancora fecondazioni eterologhe o in vitro non erano nemmeno pensabili, e tutto si riduceva alla comprensione e alla ricerca del fattore che inceppava il naturale meccanismo procreativo tra un uomo e una donna.
Lo fece, vincendo il suo elevatissimo pudore, lo fece tra le lacrime e il senso di menomazione che provava di fronte alle altre donne, quelle che tanto facilmente abortivano il dono che lei agognava. Lo fece, mettendo a rischio il suo matrimonio che per lei non poteva dirsi completo senza  dei figli, perché mio padre non era disposto a sottoporsi altrettanto tenacemente a quelle visite.
Alla fine, decisero per l'adozione, e credettero di diventare genitori.
Dico credettero, perché da sempre sono convinto che la presenza fisica di un bambino non sia il modo in cui ci si rende genitori davvero. Questa ne è semmai  l'evidenza sociale, il marchio di approvazione visibile che placa la sensazione di normalità che le donne sterili sentono di aver perso, o da alle donne fertili la pacificazione biologica.
Ma quali sentimenti sono davvero in gioco in questi casi? Quelli della madre o del bambino?
Più consapevoli e meno schiave di questo rito sociale, le donne moderne hanno cominciato a sentirsi meno a disagio sia nel non desiderare figli, che nel desiderarne ad ogni costo, e  queste ultime hanno chiesto alla scienza, più che alla fede o ad un marito,( la fede e i mariti richiedono rassegnazione, la scienza no), di garantirgli non solo questo diritto, ma anche un tempo più ampio e gestibile per farlo.
Le gravidanze si pianificano oggi in base a molti criteri, alcuni dei quali assolutamente discutibili, ma che sono assolutamente parte di un “diritto” della donna stessa ad autodeterminarsi, come madre. Quindi abbiamo madri che congelano ovociti, banche del seme per donne single, e cliniche per la fecondazione che si occupano di perfezionare il “concepimento”, laddove la natura  si sia dimostrata ostile e capricciosa, come anche di farlo oltre un tempo una volta considerato utile e calcoli cartesiani in grado di farle partorire senza accumuli adiposi(circa all'ottavo mese, per impedirne la crescita esponenziale dell'ultimo periodo)
Il tempo per diventare madri come quello per essere fidanzate e mogli si è messo a disposizione delle persone come se la loro vita si fosse prolungata di una cinquantina d'anni e  anche se in realtà la vita media si è allungata davvero, si vive sempre una media di ottanta anni nei quali fare tutto è davvero complesso ma non più impossibile. Per questa possibilità fatata, magia di un progresso lussuoso ed estremo, abbiamo le Fatemadri.
Non intendo neanche lontanamente giudicare la nuova generazione di donne  over che dai quarantacinque ai cinquanta intendono diventare madri ad ogni costo, ma vorrei osservare questo “diritto” da un altro punto di vista, quello di un lusso che può essere estremo. Certo, definirlo lusso e aggiungere estremo è quanto di più simile ad un giudizio, io possa concepire, tuttavia nessun gioco è davvero “senza frontiere” e non mi va di accodarmi al coro di coloro che giustificano tutto ciò che materialmente è possibile fare, come “da farsi”.
Mi ricordo di quando nell'ambito delle amicizie di famiglia, una conoscente  con già tre figli grandi rimase incinta a quarantacinque anni,(forse per uno sballo ormonale) ed essendo assai religiosa decise di tenerlo. Io e la Maria Luisa eravamo già madre e figlio da diversi anni, sulla carta, e agli occhi di tutti, ma in realtà diffidavamo l'uno dell'altro, io, perché cercavo di capire se mi amava prima di fare ciò che chiedeva, lei, perché non capiva come mai non facessi quello che voleva dal momento che era mia madre e  quindi il suo bene per me, non era in discussione.
Comunque, tutta la comunità di cui facevamo parte, lodava pubblicamente l'attempata gestante, ma privatamente il suo stato era diventato davvero interessante, come le telefonate tra la Maria Luisa e le sue amiche, in cui l'atteggiamento da Madonna in attesa del Cristo, di cui l'attempata gestante si beava alle funzioni domenicali, veniva liquidato come deficienza, insieme ai discutibili completini premaman che la facevano sembrare ancora più vecchia. Perché la Maria Luisa non comprendeva la gioia di quella donna?
Le uniche a godere di una certa protezione da ciò sono le celebrità, ma le persone comuni, pur avendo gli stessi “diritti” e potendoli esercitare, si trovano in condizioni assai più difficili nel portare avanti la loro scelta “normale”. Perché?
Sembra che, le donne  mature che esercitano il loro “diritto” ad essere madri, si espongano oggi allo stesso scenario di quand'ero bambino, in quanto, c'è chi ne plaude la libertà e chi ne discute la sensatezza. Ma il vero lusso sta nel poterselo permettere, poiché i costi di tale libertà spaziano dall'economia alla salute mentale, e non tutti possiedono entrambe le cose, o l'una potrebbe escludere l'altra.
In ogni caso, finiti i canonici nove mesi, tutte  le signore diventano madri esattamente come tutte le donne, che siano giovani, vecchie, psicopatiche, mentalmente stabili, grasse o liposucchiate,  ricche o povere.
E qui sta “l'estremità” del nuovo lusso, cioè che dura per tutte lo stesso tempo! Hanno tutte nove mesi in cui essere vezzeggiate, criticate, indaffarate o allettate, serene o nevrotiche, al lavoro o in malattia, ma finiti i quali possono contare solo su un paio di mesi prima che chiunque torni ad ignorarle. Eccezion fatta per le over, le quali, se non altro, non verranno mai ignorate davanti al nido dalle madri più giovani, come succede vicino a casa mia, dove  si creano due fazioni di madri che si assemblano in attesa dei propri “miracoli”, di cui è evidente la separazione anagrafica a causa della cilindrata dei propri Suv.
Nove mesi per saziare la propria soddisfazione filiale, dopodiché comincia il lavoro vero, quello che nessuno ti riconosce ogni volta, quello che a nessuno importa come lo svolgerai.  Tuo figlio sarà nato, e ora dovrai conoscerlo, e sperare che questo sia un piacere reciproco. E' contro te stessa che dovrai lottare perché sia così, perché non crederai mica che averlo messo al mondo sia stato il dono che gli hai fatto vero? Sarà il mondo quel dono in serbo per lui, il mondo che tu dovrai lasciargli senza pretendere nessun rimborso per averglielo mostrato. Come potrai farlo con amore, se per "averlo" sei stata disposta a tutto?
-l'altro giorno un amichetto ha detto a sua madre: mamma, perché Edoardo viene sempre con sua nonna?-  così, una amica che rimase incinta a quarantasette anni commentò con me le sue gioie di madre, mentre le coprivo la ricrescita. No, non intendo fare nessuna differenza tra quelle che restano incinte naturalmente a quel tempo, e coloro che lo fanno per scelta con l'aiuto della scienza, magari dopo aver inseguito una brillante carriera. Ci pensano già gli altri. Single o sposate, conviventi o meno, naturali o adottive, tutte affrontano lo stesso percorso una volta che hanno ciò che volevano. Ma che dire di loro, dei figli?
Intendo invece trasportarvi nel tempo di un ventennio, quando a sessantacinque anni il vostro figliolo ragione della vostra vita, o vita in ragione vostra che sia, vi chiederà comunque di andare a ballare fino alle tre del mattino, o vorrà farsi il piercing al labbro, o il tatuaggio, o qualunque altra diavoleria i suoi vent'anni reali lo spingeranno a desiderare, e vi chiedo: ce l'avrete la forza di dirgli che alla sua età voi neanche ve lo sognavate? E ancora di più di sentire la risposta, tipo: ma se quando tu avevi vent'anni c'era ancora  internet wi-fii!
O che ne dite di doverla andare a prendere a 1500 km da casa, alla vostra età perché dopo l'ennesima lite tra voi, vostra figlia è salita su un treno per il sud senza biglietto ed è stata arrestata dalla polizia ferroviaria e trattenuta con prostitute nigeriane e spacciatori?
Quanto saranno lontani i tempi in cui gli sorridevate con le zampe di gallina e il biberon, o con la fronte spianata dal botox cercavate invano di fargli le faccette buffe?
Beh,  direte, ma ci sarà suo padre per questo, mica l'ho fatta con uno più giovane per niente no?
Può darsi, come può darsi che un figlio sia ciò che di più normale si possa desiderare, anche a cinquant'anni, ma può anche darsi che sia l'uno che l'altro vi considerino, col tempo esattamente nello stesso modo, un po' troppo vecchie per loro!
Certo potrete raccontare di cosa non avete passato per dare ad uno un figlio, e all'altro una madre, di come entrambi siano stati  ingrati con voi, di come volevate soltanto una vita normale, una famiglia, o forse vi sorgerà un dubbio: un limite deve essere stabilito alla licenza di egoistica soddisfazione filiale?
Io e la  Maria Luisa ce lo siamo domandati per anni, senza parlarcene mai. Io sono giunto alla conclusione che un figlio viene al mondo come può, ma una madre non può diventarlo come vuole. Lei è ancora lì che racconta strane storie su desideri normali,  che dato ciò che chiedono poi in cambio,  a me paiono dei lussi estremi ,che lei come altre, non avrebbero potuto  permettersi. A chi resterà il vuoto di cui queste Fatemadri si sono liberate?  leggete un pò qui sotto.

martedì 2 ottobre 2012

Lussi estremi4: le Amorescenti.


Gli amanti, quando finalmente si scoprono, diventano eterni.
Il tempo gioca sempre a separarli e loro sorridono, anche se amaramente, perché sanno che riusciranno sempre a ritrovarsi.
Malgrado ciò, ogni volta si salutano come se fosse l’ultima, cercando d’imprimere dentro di se tutto ciò che appartiene all'altro: l’ultimo tocco, l’ultimo sguardo ed infine l’eterna promessa di rinascere per ritrovarsi.
Forse non basterà una vita, forse nemmeno cento. questo non basta a scoraggiare la loro speranza. Il loro esistere coincide con il loro ritrovarsi.
Il resto rimane privo di senso fino a quando non si ricongiungono.
E allora sia! La vita, il sogno di ritrovarsi”.Di (Marilena Parrinello)

 Mi ha colpito sulla pagina di una amica di Facebook. questa poetica illustrazione dell'essenza dell'amore romantico, e mi si consenta “clandestino”, sulla quale nulla ho da eccepire in quanto poesia, ma che, (spero non me ne voglia l'autrice), mi suggerisce alcune  irresistibili riflessioni.
Non avete notato anche voi una impennata dell'immaginazione, nelle persone?
Figli dei reality show, inseguono i propri sogni(stranamente sempre inerenti al tema del palinsesto), mentre i genitori, invece più pratici, i sogni non li inseguono più! Li grattano sperando di vincerli.
Ma succede anche che dopo anni di ufficio alcuni trovino le risorse materiali e spirituali per restaurare quella vigna dismessa lasciatagli dai nonni, o per prendere un aereo e aprire  il chiringuito dei loro sogni in Giamaica. Insomma, italiani un popolo di  viaggiatori e sognatori!
In tempi di guerra mia madre e le sue zie andavano al cinematografo, a sognare un guardaroba hollywoodiano, e un uomo come Clark Gable che le guardasse come se fossero state le Ava Garner del momento, quindi non trovo strano che in tempi di crisi la fantasia voli lontano, trasportandoci in scenari più rosei e talvolta pieni di quella serenità così difficile da conquistare nel quotidiano, ma mi chiedo: siamo sicuri che a sognare oggi, ci si svegli?
Ai tempi di mia madre, potevi esser certo di svegliarti grazie alla sirena che annunciava i bombardamenti imminenti, ma oggi bombardati come siamo da tutta questa fantasia, chi la suona la sirena? Inoltre, mia madre e le sue zie al cinematografo ci andavano con la riga nera segnata nelle gambe con la matita del trucco(condivisa), mentre oggi le più grandi sognatrici vestono Prada e calzano almeno Ferragamo, senza contare il fatto che una volta tornate a casa, le nostre ave poco garner, si sobbarcavano tutte le faccende, non il costo della domestica!
Comunque, il tema preferito di un sogno resta sempre l'amore, sia che tu abbia le mani arrossate dal bucato a mano in acqua fredda, che da un costosissimo peeling in una nota nail spa del centro.
Sognano amore le donne, ma anche gli uomini sebbene con sfumature che si possono contare sulle dita di una mano salvata da un tornio!
Ma cosa sappiamo davvero dell'amore? Di questo sentimento cosa sogniamo?
Le righe poetiche sopracitate ben descrivono ciò che più ci tormenta, rosicchia e divora di quel cincillà chiamato amore. La sua scoperta dentro di noi,  il tormento, la separazione, e il ricongiungimento. Si,  va bene, ma la pasta chi la scola prima che si incolli? 
Le nonne dicevano: sposalo che l'amor vien dopo, ma forse si riferivano al sesso. Certo è, che l'età dell'innocenza, del primo amore, della prima volta, si è spostata di un ventennio almeno, quindi, oggi più fantasiose che mai, non solo le adolescenti ma tutte le donne sognano di riprovare quelle sensazioni, alcune giurano di riuscirci, altre spergiurano di provarle nei loro matrimoni. 
I social network, che ahimé, non sono frequentati in maggioranza da adolescenti, sono colmi di pagine intitolate: “cucciola romantica”, o: “camminare sul cuore coi tacchi a spillo”, in cui fioriscono link prefabbricati che incitano alla fuitina, all'annullamento di tutto il resto nei suoi occhi, al ricongiungimento con l'amato/a che il destino virtuale promette di renderci più raggiungibile e così ti capita di trovarti ad un aperitivo con donne più che mature, che parlano esattamente di questo.
Io che di amore non ne so quasi niente, le ascolto incantato mentre dicono: a me la barba  in un uomo, non piace, a meno che non sei un gran fico...con un bel fisico, e magari a quel punto chiedo alla quarantacinquenne (almeno) : tu sei fidanzata?
Hanno tutte un “compagno”, ( l'indipendenza detesta la solitudine)  e come se fosse una sorta di Herpes, spesso se lo passano l'una con l'altra, ma non lo chiamano fidanzato. Perché? 
Perché un fidanzato non lo sogni lo sposi, e molte di loro lo hanno già fatto almeno una volta. E per questo sognano un amore, che le riporti a quelle sensazioni struggenti che hanno preceduto il fidanzamento. Le senti oggi raccontarti eccitate delle carambole fatte per incontrarlo, domani quelle fatte per consolarlo, e dopodomani quelle fatte per sopravvivergli una volta che questi o ritorna con la “fidanzata” o semplicemente se le lascia alle spalle, magari sposandosi e diventando padri.
 Di una magrezza che si sforza  disperatamente di riprodurre un corpo acerbo, e tutte agghindate le “amorescenti”, si presentano come un regalo perfetto a cui non c'è nulla da poter aggiungere, e ciò nonostante detestano essere “scartate”. Si producono in code di cavallo, e gridolini scambiando il riso lesso per un lauto pranzo, ammazzandosi di attività fisica, e nascondendo abilmente le cinquanta sfumature di grigio delle proprie ricrescite, con un colore fai da te( che conferma l'indipendenza), e hanno sempre un biglietto pronto per Formentera. Sono tutte bravissime a cucinare, ma non hanno voglia di sporcare la cucina, mentre altre ne pulirebbero volentieri tre o quattro pur di non cucinare!
Direte che sono il solito stronzetto misogino, che  in fondo l'anagrafe del cuore è  molto più flessibile di me, e forse avete ragione, ma c'era un tempo in cui anche io ero avido di sensazioni forti, e a dirla tutta ero anche più coraggioso. Non mi ritenevo mai sazio di conferme circa il piacere che ero in grado di suscitare con il mio corpo( al buio le gatte si assomigliano tutte), e anche io venivo lasciato alle spalle, proprio dove il meglio era già accaduto! Malgrado ciò, ogni volta si salutano come se fosse l’ultima
Ricordo ancora il tormento in attesa di una chiamata che non arriva, i  penosi tentativi di suscitarla,e il senso di rinascita nel veder tornare l'amante per “ricongiungersi”, ma altrettanto chiaramente oggi mi accorgo del fatto che quel momento è passato. Le amorescenti,  si rifiutano di accettarlo?
No, temo che lo sappiano benissimo, ma che più dell'amore ne possa il desiderio di essere vive. Vive come solo il dolore ci rende coscienti di essere,  e capaci di carcerarlo dietro un sorriso smagliante come solo un adulto sa fare! Il tempo gioca sempre a separarli e loro sorridono, 
L'amorescenza di queste donne, ha creato nei maschi il desiderio di possederle interamente, togliendogli il gusto/bisogno di aggiungere qualcosa a quel quadretto! Esse infatti oltreché capaci di mantenersi ampiamente, sono anche ferree nell'esigere che le proprie abitudini non vengano assolutamente modificate dalla presenza di un uomo. Che avrebbe quindi da fare questo, se non l'unica cosa che le “amorescenti” non sono in grado di fare da sole? Cos'altro se non ricoprirle di lusinghe e promesse lowcost? L’ultimo sguardo ed infine l’eterna promessa di rinascere per ritrovarsi.  Talvolta però accade che l'uomo in questione, riesca a farle innamorare, e qui le “amorescenti” non possono far altro che  gettarsi a capofitto nel “diritto alla favola” facendo in modo che  Il resto rimane privo di senso fino a quando non si ricongiungono.
Al posto del diario, a cui le adolescenti confidavano le proprie pene amorose, le “amorescenti” twittano o postano, o bevono calici di Falanghina post spinning! L'ostinazione per il “lieto fine” non è tuttavia da considerarsi una stupidità ma anzi una coerente quanto ferrea disciplina imposta dalla favola ad oltranza che si propongono di vivere.
 L'unico effetto collaterale di questo lusso estremo, sta nella rigidità con cui queste principesse metalliche rimangono imprigionate, che le porta a chiedere quando scoprono che sei nato nella loro stessa città: come mai? Come se tu che hai appena detto che da dieci anni convivi con la stessa persona, fossi un intruso. Oppure a offendersi a morte per una botta di stronza data in un momento in cui non ti andava proprio di sentire l'ennesima critica al tuo fidanzato decennale ( insomma i fossili vanno maneggiati con cura no?), e dopo aver preteso le tue scuse, rifiutarle, come facevo io da bambino quando mia madre cercava di togliermi il broncio con una tazza di latte e biscotti. Tazza che avevo agognato per un paio d'ore e che ero capace di negarmi per la paura che non fosse vera!
Ma una fanciulla non ha forse il diritto ad essere completamente felice? E allora sia! La vita, il sogno di ritrovarsi”. 
Magari canticchiando: “eravamo quattro amiche al bar, destinate a qualche cosa in più che ad un uomo o un impiego in banca, si parlava in tutta onestà di individui e solidarietà, tra un bicchier di vino ed un caffé...!

Ci vorrebbe un artamico

"Ci sono cose che vorrei saper fare ma che ho scoperto essere fatte meglio da altri. Quando chiesi a Tiziano se voleva illustrare i miei post mi dicevo: sei matto, con tutto quel che ha da fare! Chi ti credi di essere ?
Invece con mia immensa gioia ha accettato. Lo dico poiché l'originalità di queste immagini non sembri di mia proprietà, e per il piacere di farvi conoscere uno straordinario "punto di vista". Grazie a Tiziano Noselli  impareggiabile "artamico"