martedì 22 settembre 2015

La banda del 52 cap14: barattoli


Tutto il pudore che avevo e il timore di essere "scoperto" andavano a farsi benedire con la presenza del Principe tapparellista in casa. Lo seguivo ovunque e mi inventavo mille modi di essere utile di dare senso al fatto che gli stessi alle calcagna: prendigli il martello prima che lo chieda, vai in garage a prendere quella vite col cuore in gola e mille altre premure pur di farsi notare. Avrà sete o fame? Vuole una banana? Oddio una banana e' meglio di no!
Il mio "rendermi utile" non era cosa nuova in casa, perché se c'è una cosa che un giovane farà, se avverte di essere "strano" per i suoi famigliari,  sarà quella di trovarsi uno scopo qualsiasi. O di chiudersi come un riccio. Oliver Twist, fece il ladro prima di diventare principe e Cenerentola la sguattera gratis, prima del ballo.
Il debito che sentivo di avere coi miei genitori e  insieme la sensazione di non adempierlo mai abbastanza, mi spingeva a indossare etichette a profusione. Come un barattolo vuoto  cercai di essere ora   "bravo ragazzo", poi " ragazzo "sensibile" o  " tanto intelligente" o "premuroso". Tutte, purché vagamente  positive mi andavano bene, tutte,  pur di non diventare un vuoto a rendere. Mia nonna ripeteva sempre: beata la moglie che sposerai!
Mio fratello, pur avendo lo stesso debito, aveva scelto la modalità del riccio. Sua moglie sarebbe stata meno fortunata. 
Di questo, con la banda del 52 non avevo mai parlato. Con loro non c'era stato bisogno di essere "accettabile", bastava condividere al meglio le nostre risorse senza troppi perché ma con tutti i come possibili. 
In quei giorni non potei proprio scendere in piazza e ai fischi dei compagni mi affacciavo dicendomi occupato, che dovevo aiutare "in casa". 
La mia  foga ormonale non ci mise molto a suscitare le preoccupazioni di mia madre la quale da un pezzo mi "sorvegliava", infatti, mi costrinse   a fare i compiti in cucina o ad un certo punto, prese a  invitare persone noiose, che non so con che autorità,  mi dicevano cosa sarei dovuto diventare, come camminare e altre cazzate del genere. Erano persone che sapevano di naftalina dai modi gentili ma che incutevano timore con quei libri in mano e le facce da Padri e Madri.  Io ce l'avevo un papà, ma in quel tempo sembrava che non andasse più bene. Quelle visite, da sporadiche si fecero settimanali e obbligatorie per me, ma non ebbi mai il coraggio di oppormi perché l'astuto genitore, faceva sempre il budino di biscotti quando venivano, ed io ascoltando i loro sermoni senza senso per me, non pensavo che a quello e al tapparellista. 
Ci vollero un po di giorni perché il 52 avesse le tapparelle  più azzurre mai viste, e venne il giorno che il mio Principe se andò con lo stesso sorriso con cui era venuto. A me invece,  il sorriso, scomparve dal viso per un bel po', soprattutto perché una nuova etichetta stava per essermi appiccicata mio malgrado. 
Non so a quale processo avremo dovuto testimoniare, ma si trattava di questo: ad un certo punto, mia madre decise di essere Testimone di qualcosa o qualcuno e che anche noi figli, lo saremo dovuti essere.  Nonostante mio padre le avesse chiaramente detto che lui di fare il Testimone non ne voleva sapere, non le impedì di fare quello che voleva anche con noi. Così per un qualche fatto avvenuto dopo la morte di mio nonno, lei la nonna e gli zii divennero tutti Testimoni. Chissà in cosa era coinvolto mio nonno? 
Di fatto, sparirono compleanni ed ogni genere di festività e mi trovai coinvolto con una serie di famiglie la domenica pomeriggio in un qualcosa che somigliava alle messe cattoliche ma più semplice.  Nel mio armadio spuntarono orribili cravatte e giacche domenicali  e il mio poster di Boy George fu dichiarato "immorale". 
Vestito come un impiegato,  non fu facile uscire la domenica dietro a mia madre e davanti ai miei amici, i quali mi prendevano in giro dandomi bonariamente del damerino. Da quel giorno la domenica fu il giorno più schifoso della settimana, ma da bravo barattolo, reagii a quella faccenda come a tutte le etichette che avevo già indossato. Mi volevano così e sarei stato così, almeno fino al più possibile. Di ritorno da quelle domeniche, condite di sermoni e strette di mano sconosciute mi spogliavo di gran fretta e andavo coi ragazzi a giocare a rigori. 
I miei calci al pallone erano carichi di tutta la frustrazione accumulata ma mi resero ancora più amato dalla banda. Per loro, se essere un Testimone, migliorava la mia performance calcistica,  che lo fossi pure. Ci avevo provato qualche domenica a sperare che mio padre mi portasse con lui al Parco di Nervi, dove andava mentre noi eravamo a "testimoniarci" per forza ma non me lo chiese mai. 
Venni a sapere che per essere un buon testimone dovevo fare un sacco di cose e convincere altri a diventarlo persino se neppure io sapevo ancora cosa volesse dire, ma soprattutto non dovevo mentire. È sempre la stessa cosa coi grandi, alzano la posta sempre di più fino a trasformarti in quello che gli serve per fare la bella figura o per sentirsi giusti e migliori di altri. Si dividono gli adulti, si combattono, si separano e mentono pur di vincere non so quale premio, e se in questo sei coinvolto, non hai scampo: ti useranno come credono. 
Quelle persone avevano bei modi, vestiti nuovi e curati e si chiamavano tutti fratello e sorella ma per me erano un po troppo vecchi per esserlo tutti  davvero. . Ero un ragazzo mite e facevo in modo che mia madre fosse fiera di me, persino quando ad ascoltare certe voci e certe cose, mi venivano sonno o una ansia incontenibili. Il mondo che avevo scoperto con i miei amici era malvagio e doveva finire, secondo loro, da un giorno o l'altro. Che razza di sfortuna avevo? Proprio ora? Potevo smettere di andare a scuola? 
Certe volte questo mi riempiva di rabbia talmente tanto che invece che salvarmi e rimanere con quelli, avrei preferito morire con i miei amici e la bocca sporca di Nutella.  Con le loro figlie in crinoline che mi guardavano maliziose  tanto quanto le ragazze a scuola...e le madri che mi stringevano la mano come fossi un avvocato, mi sentivo più scomodo che in piedi su chiodi.   Povera mamma, si era creduta che il nonno sarebbe tornato dai morti se ci fossimo tutti "testimoniati", che lo avrebbe rivisto e che sarebbero vissuti per sempre in un giardino. Eppure in campeggio con papà si era tanto lamentata della natura e di quanto fosse scomoda. 
Lo sapeva Dio che la mamma era bugiarda? Che si leggeva gli Sturmtruppen?
Inutile dire, che quel contesto che separava i giovani di sesso opposto per questioni morali mi mise in contatto con uomini adulti con cui potevo passare del tempo, e per quello i permessi si sprecavano. Per la maggior parte erano vecchi noiosi, ma alcuni uomini catturarono la mia "attenzione" o io la loro. 
Nella bontà di chi è conforme si annidano più ombre che altrove. Le famiglie che vedevo avevano lo stesso aspetto di quelle che uscivano dalla chiesa di quartiere: quadretti composti e decorati in cornici di odio e menzogna. Come facevo a saperlo? Bastava leggere le facce degli adulti per accorgersi della forzatura di quei sorrisi, o vedere come le madri stringevano le mani dei propri figli scalmanati fino a ficcargli le unghie nella carne per la paura che tutti vedessero il fallimento della loro "educazione". 
Per me, che in quella finzione ci ero cresciuto,  era  così evidente la sceneggiata, da incontrare e riconoscere  facilmente lo sguardo rassegnato o rabbioso di altri "prigionieri" come me, con la differenza che io avevo già imparato il prezzo della ribellione e perciò imparato a mimetizzarmi in modo opportuno. Ma del resto lo dicevano che i figli dovevano ubbidire ai propri genitori e questi a Dio. 
Dio però non viveva in casa coi nostri genitori e non ci risparmiava nessuna delle loro prevaricazioni. Mi fu chiarito in fretta, data la mia età che per testimoniare come si deve bisognava avere una moglie e dei figli e che gli "uomini che giacciono con altri uomini" erano peccatori degni di una severa punizione. Ecco bello e pronto un Nuovo Mondo dove, come quello che secondo loro doveva finire, ero l'unico della mia "specie". Una specie non gradita neanche a Dio che ci aveva fatti a "sua immagine e somiglianza" ma che si vede che nel mio caso si era distratto. Invece che sbagliato cominciai a sentirmi sporco. 
La verità vi renderà liberi diceva la Bibbia, ma la verità, era l'unica cosa che non potevo testimoniare onestamente e visto il comportamento degli adulti cominciai a pensare che nemmeno loro volessero farlo,  perciò mi sentii meno in colpa. Ci mancava anche la Bibbia a far casino dopo il libro di scienze e naturalmente quello di matematica di gran lunga più incomprensibile degli altri due. 
Solo Alessandro, Giuseppe, Alex e la signora gattara con la barba, costituivano la mia "oasi" dall'asfissiante sensazione di bugia che mi circondava, dalla sgradevole possibilità di essere stato  fatto con gli avanzi di una ricetta "perfetta". Con loro potevo ridere, camminare come potevo e sentirmi qualche ora al giorno davvero felice e trasparente. La felicità al tempo divenne un attimo di dimenticanza della verità che si faceva largo non più solo dentro di me,  ma anche fuori. Una verità che anche io speravo mi rendesse libero prima possibile ma che anche temevo. 
Paradossalmente crescere stava diventando un problema senza sbocco. All'improvviso,  sarei diventato qualcosa, ma di certo con conseguenze che non lasciavano presagire niente di buono: sbagliato o sporco che fossi comunque non avrei potuto nascondermi più da nessuna parte, ora che anche Dio si era accorto di me.  
Dai barattoli di conserva, mia madre staccava le etichette con l'acqua fredda, perché se avesse usato quella calda la colla che le appiccicava al vetro, avrebbe reso il tutto assai più difficile e il barattolo, non sarebbe mai stato del tutto trasparente in quel punto. Si era messa a fare i peperoni sott'olio perché da quando era Testimone non aveva più tempo per fare da mangiare, ma tanto non le era mai piaciuto farne. Naturalmente le ero "utile" in queste faccende. 
"Mamma ma se anche rimane opaco fuori dentro e' pulito. Non va bene lo stesso?"chiesi stanco di fregare. 
"Certo che no, che sciocchezze vai dicendo, l'alone farebbe sembrare guasto il contenuto e poi niente può dirsi pulito se lo è solo a metà"
La somma delle etichette che mi ero lasciato appiccicare, comincio' a pesarmi davvero, ora che sapevo come la pensava al riguardo. Quella sera, mi venne una gran voglia di una doccia fredda e di fregarmi un bel po'. Nel mio letto,  tra una fine del mondo e l'inizio di un altro, non avevo idea di dove piazzare la nostra casetta nell'orto e la mia banda di amici. 


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