martedì 6 agosto 2013

Tacchi e Rintocchi capitolo 12: l'amico è...

“L'amico è qualche cosa che più ce n'è meglio è, un silenzio che può diventare musica da cantare insieme io e te”. Queste sono le parole di una canzone che credo scalò la classifica attestandosi come tormentone di quella stagione estiva.
Se l'amico è qualche cosa,  Ahia aveva ragione nel dire che potevo essermi  rotto? Era questo che era successo?
Oppure se ero musica, dato che Secondo Te   metteva al massimo il mio volume, avrebbe prima o poi anche lei preferito che fossi silenzio?
Assolutamente avrebbe cantato insieme a me, o se non volendo la mia voce avesse superato la sua?

Certo l'amicizia è materia assai difficile, e nel mio desiderio di mostrarla anche io esageravo ora nel dire ciò che pensavo di loro, ora nel provvedergli,  ora nel rimostrare al loro egoismo che  intanto nutrivo. Che genere di amico ero? Senz'altro ero presente, ma in silenzio, in musica, o in frastuono? Io pensavo che “insieme” contenesse già il senso dell'amicizia ma dovetti riflettere sul fatto che io e loro  non eravamo cresciuti “insieme”, ed è molto più difficile fondersi ad una certa età! Ognuno di noi aveva collezionato successi e fallimenti elaborandoli o meno a seconda delle contingenze ed era molto probabile che il nostro primo incontro non fosse stato proprio un colpo di fulmine amicale, anzi, probabilmente era stato per alcune di loro una concessione a me o a se, per altre una faccia nuova che avevano avuto voglia di rivedere. Per me  erano un riconoscimento.
Ci sono persone che si vantano di avere un sacco di amici e di non aver mai litigato con nessuno di questi e io mi chiedo se gli amici sono musica, e tu ne hai un coro, possibile che nessuno stoni? O forse questi hanno il coro delle voci mute di Bucarest?
Indubbiamente è possibile che talvolta la parola amico sia abusata, specialmente da quando per dire di averne uno basta un click, o che ci si dica amici soltanto per giustificare la nostra curiosità per uno/a sconosciuto/a, o che sembri brutto parlare di semplici conoscenze.
Altri sostengono che l'amicizia non debba mai approfondirsi troppo, che non debba mai essere tanto intima da non potervi rinunciare.
Ma l'amico è musica da cantare insieme e di sicuro per cantare un lungo e piacevole concerto non si può improvvisare. Perciò ero solito cercare di essere il tipo di amico che avrei voluto avere! Intenzione lodevole se non per il fatto che tiene conto di un solo punto di vista il mio, ma neanche potevo essere il tipo di amico che ognuna di loro avrebbe voluto a dispetto della mia identità. Quindi?
Credo che come spesso accade ci si trovi a relazionarsi con delle persone ma ci si comporti e ci si aspetti da loro quello che meglio si adatta ai nostri desideri, perciò si sia in relazione davvero solo con quest'ultimi. Il rischio di essere in relazione coi nostri desideri “personificati” è quello di un brusco risveglio, forse, di un frastuono che non è affatto musica. L'infrangersi sordo dei nostri desideri con la dura realtà che l'altro non è in dovere di realizzarli tutti! O altrimenti possiamo con lo stesso sistema credere di andare d'amore e d'accordo con qualcuno che non ci ascolta e che non ascoltiamo in un dialogo che sembra perfetto solo a  volume spento.
Le mie intenzioni  erano di imparare da loro le mille cose in cui le vedevo eccellere e di essere per loro oggi silenzio, domani musica, dopodomani uno e il giorno seguente come mille, ma i miei desideri erano di vedere riconosciuto un valore che non avrei saputo darmi da solo, di essere coccolato con mille attenzioni, di sentirle dire con voce convinta e fiera ad un'altra persona: ti presento il mio amico più caro, davvero non so come avrei fatto in certi momenti senza di lui!
Per questo in parte siamo sempre colpevoli se una amicizia finisce, perché mai possiamo essere troppo certi che sia accaduto tra me e te piuttosto che tra me e ciò che volevo da te!

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