venerdì 12 luglio 2013

Tacchi e Rintocchi capitolo 4: chimere

L'abitudine a dare sopranomi mi era venuta dal ramo paterno della famiglia. Il nonno paterno che non avevo conosciuto ce l'aveva anche lui dal momento che moglie e figlia erano state chiamate Cicci e Diddi nonostante avessero bellissimi nomi come Francesca e Angela.
Quand'ero bambino andare dalla zia Cicci era un evento e il fatto che la chiamassimo così mi piaceva moltissimo.
Forse  per questo anche le mie amiche erano registrate sul mio telefono con nomignoli. Dato che due di loro avevano lo stesso nome feci così: una era “Ahia(“ come il male ovunque, per la sua ipocondria) l'altra era “Secondo te”,( per l'abuso che faceva di questa domanda durante le sue pene d'amore) e l'ultima era “Assolutamente”( perché, date le sue origini straniere, parlava l'italiano all'imperativo presente).
In fondo avere amiche donne era abbastanza scontato, nonostante  ambissi ad avere  un amico gay come me, col quale assaporare i piaceri della vita che restavano, una volta escluso il sesso tra noi( cosa rarissima e più facile  invece a verificarsi dopo averci fatto sesso inutilmente).
 In un certo senso se avessi dovuto darmi un soprannome da solo, io sarei stato Erba Voglio, volevo tutto ciò che non avevo come tanti forse, ma con la peculiarità di volere anche l'esatto contrario con la stessa intensità.
Lo stesso che provai  quando Ahia non volle far pace con me, lasciandomi con un paio di scarpe favolose che non potevo  mettere: avrei voluto che l'accettasse come anche che potessi metterle al suo posto. I desideri che inseguivamo facendoci coraggio l'un l'altro ben si adeguavano alla descrizione della Chimera mitologica. Una creatura polimorfa dalle fattezze incerte e pericolosa che fu uccisa in un modo stupidissimo.
Erano cosi anche i nostri desideri? Confusi polimorfi e destinati ad una fine idiota?
Qualche volta ho creduto di si. Ho creduto che i nostri desideri fossero come le ultime mode, sempre nuovi e sempre ultimi:  il recupero del rapporto con mia madre, il figlio di Ahia, il sentirsi finalmente bella di Secondo te, il senso di appartenere ad un uomo solo di Assolutamente. Queste erano le nostre chimere, metà noi metà sogno ma sempre come la moda destinate a non essere mai per sempre. Seduti all'ennesima cena a discutere su quanto ci eravamo andati vicino, se non fosse stato per questo o quello o a rinnovarci la fiducia, sembravamo  governi amici che rifacevano  patti  identici col proprio destino davanti ad un buon vino, nell'idea di grandi cambiamenti ma senza cambiare davvero. Oppure se uscivamo tutti in tiro potevamo sembrare quelli che la chimera non l'avevano uccisa, ma a addomesticata.
Che bella la sensazione di protezione che provavo in mezzo a tutte loro! Ma non crediate che fosse gratis! Era un gran lavoro stargli vicino, ma non mi pareva mai ingrato.
C'era la sera in cui Ahia telefonava con le ultime dal ginecologo e ti ritrovavi con una pentola di orecchiette al sugo nelle ginocchia  sui mezzi per mangiarle con lei, o c'era la cena nel giardino di Assolutamente che era solita affrontare i suoi momentacci con una trentina di invitati ai quali però  donava il suo più inossidabile sorriso, serviva pietanze esotiche e prelibate e sfoggiava completini audaci come vere armature dietro le quali nascondeva l'amarezza del momento.
Oppure venivo trascinato nell'inevitabile giro di shopping compulsivo di Secondo te, che nei momenti peggiori delle sue relazioni si acuiva e che amabilmente divideva con me, consentendomi di visitare posti nei quali non avrei mai avuto il coraggio di entrare da solo. In quei frangenti, dopo aver collezionato pacchetti,  mangiavamo un mini panino al tonno  comodamente seduti ai tavolini di un bar storico del centro rivolti verso il passaggio umano, constatando il diffondersi della piaga  che amavamo definire il “pret-gina-a porter”! .
Desiderio e illusione formavano un cocktail assai più micidiale di quelli che eravamo soliti bere, in quanto era fatto di non uno, ma ben due veleni per la mente. Il terzo si produceva dal conflitto dei primi due ed era la rabbia: quella che ti veniva sia  quando scoprivi che quell'uomo col quale ti eri lasciata andare ti aveva lasciato e basta come anche quando non riuscivi proprio a lasciarti andare con l'altro che aveva tutto ciò che volevi ma non ti piaceva. Tre teste aveva la chimera Desiderio, Illusione e Rabbia. Ma Ahia, Secondo Te e Assolutamente, così come anche io prima di loro continuavamo a credere che doveva esserci quella "creatura mitologica" chiamata Fidanzato ideale, e che se esisteva non poteva non avere in sè quell'antidoto ai nostri veleni, chiamato amore incondizionato. Se fossimo stati più onesti forse avremo potuto capire che date le condizioni che ponevamo alla realtà di quell'incontro, la chimera classica sarebbe stata di gran lunga meno difficile da incontrare e addomesticare.
Che ci avessero cresciuti come regine o come orfanelle le nostre madri  ci avevano però in qualche modo instillato le stesse stronzate circa gli uomini. Il resto lo doveva aver prodotto una qualche stratificazione mentale formatasi in un tempo imprecisato tra la fanciullezza e la vecchiaia, dove l'una non voleva cedere il passo all'altra. Tic tac.....e il tempo passa e le chimere sfuggono.





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