venerdì 19 novembre 2010

"il bersaglio mancato" ge-Mi storia banale di un gay speciale cap 28


Faceva una strana impressione udire il rumore dei miei passi echeggiare per casa, ma non mi faceva sentire triste. In passato, avevo imparato ad abbassare il volume con cui le mie paure, cantavano i loro ritornelli.

Le voci di un dialogo interiore che mi dicevano, non vali niente, o non sarai mai felice, non potevo ancora zittirle, ma ne potevo ridurre i toni, fino ad avvertirle come un brusio, e riuscivo persino a canticchiarci sopra.

Ci sono avvenimenti che terrorizzano alcune persone, ne lasciano indifferenti altre, o sconvolgono irrimediabilmente altri ancora. Possiamo davvero scegliere l'effetto che queste cose ci faranno? Non lo so, ma ricordo bene, che in quanto a sopravvivenza, io avevo un primato.

Riflettevo su questo mentre mi vestivo per andare a lavorare, e ancora su questo continuavo a riflettere, notando le reazioni delle mie amiche e colleghe, una volta raccontato loro l'accaduto.

-quanto mi dispiace!- dicevano, più o meno sinceramente, oppure, - che stronzo in fondo tu non l'avevi tradito, se glielo avessi detto magari- e non finivano la frase. Sì è vero che non l'avevo fatto, ma mi riferivo a me quando gli dissi, che avevo un altro, a quel me che fino a quel giorno era abituato a considerarsi “fortunato”, se qualcuno lo trovava amabile.

Nell'accettare che quella storia finisse, avevo fatto un passo avanti verso una maggiore consapevolezza, quella cioé che la prima persona di cui avrei dovuto innamorarmi fossi proprio io!

Mi regalarono in quei giorni molti libri sull'autostima o sul guarire ma io non ero ammalato, quello che era accaduto, era solo una logica conseguenza di una impreparazione, seppure questo non diminuiva il peso derivante dalla responsabilità di un fallimento.

Mia madre e gran parte del mondo da cui provenivo mi consideravano un “peccatore”, perciò decisi di imprimere a quella parola, che dopo altri epiteti meno virtuosi, molto spesso viene appiccicata a noi omosessuali, un significato costruttivo.

Mi ricordai che peccare significa mancare un bersaglio, ed io il bersaglio dell'unione durevole l'avevo mancato eccome, sia con gli uomini che con l'unica donna che avevo avuto, e dato che i generi disponibili con cui provarci ancora finivano lì, cercai la maniera di migliorare la mira.

Per prima cosa, misi “il mio velo da sposa” in un cassetto del mio cuore e lo chiusi con un lucchetto, poi decisi che il fatto che una persona fosse carina con me, non includesse per forza il sesso, ed in ultimo ogni mattina mi mettevo uno spruzzo di profumo.

-Sai che non sei niente male oggi- mi dicevo a voce alta, mentre mi lavavo i denti, e continuavo con ,-posso offriti un caffè?, Certo, ma non farti strane idee.

Dopo circa un paio di settimane, le voci denigranti del mio dialogo interiore, non trovavano più, lo stesso me ad aspettarle, e non potendo unirsi al coro benevolo, sparirono dalla mia mente.

Nonostante le mie contraddizioni, un'altra cosa in cui avevo successo, erano le relazioni con le persone molto più grandi di me, le quali, erano spesso bendisposte nei miei confronti, a tal punto che dovetti far attenzione a non precisare troppo i miei bisogni, perché venivo inondato di generosità.

Niente male per un peccatore non credete? Scoprii così, che la mancare il bersaglio, e saperlo ammettere, rendeva le persone più disposte ad aiutarti, mentre nel mondo da cui venivo, l'aiuto oltre che condizionato dall'aderenza alle regole, veniva comunque offerto allo scopo di “sentirsi giusti”.

Ricevetti aiuto materiale e morale da madri che non avevano potuto avere un figlio, o da quelle che l'avrebbero voluto come me, da anziane signore con tre giri perle e un passato non sempre irreprensibile, da uomini che forse potevano desiderarmi ma che mi aiutavano proprio dopo che declinavo l'invito, da bambini che mi disegnavano magro, sorridente, e con le forbici in mano!

Si dice che i milanesi hanno il cuore in mano e potei constatarlo di persona.

Uno degli aiuti più importanti che ricevetti fu l'indirizzo di un luogo dove poter seguire un corso di dizione. Lo so che con la crescita personale non sembri averci molto a che fare, né mi ero messo in testa di recitare, ma compresi che la cantilena genovese, non mi rendeva idoneo al futuro che volevo. Il mio desiderio era quello di acquistare la maggior credibilità professionale possibile, e dal momento che la nostra clientela era tutta di altisssimo profilo, ci voleva una vocalità neutra.

Questo percorso mi fece capire che potevo controllare più cose di quante non credessi, e che potevo farlo senza snaturarmi, che nessun destino era impresso nelle mie corde vocali, e mi rese chiaro che il diaframma non era solo un metodo anticoncezionale.

C'è solo un modo per provare a non ripetere gli stessi errori, e cioé, farne di nuovi!

La corsa verso il sentirsi a posto, o peggio ancora verso il considerarsi vittime della malvagità di qualcuno, sono due atti di irresponsabilità, che portano spesso le persone a voler dimenticare chi siano state, o con chi abbiano avuto la banalità di incontrarsi, piacersi ed unirsi infruttuosamente.

Se quelle storie non finissero per mano di uno dei due o degli eventi, quelle stesse persone probabilmente mentirebbero a sé stesse, o accetterebbero menzogne dall'altro, pur di non rimetterci, pur di non vedere sul volto degli altri pena o riprovazione. Ma l'impostura che si crea quando la realtà viene negata in favore di una accettabile "apparenza" non può durare a lungo e si giunge così a rifarsi una vita comunque, odiando tutti coloro che ne abbiano fatto parte, inclusi noi stessi. Alcuni scelgono di "lavare le proprie vesti", tramite conversioni, pentimenti, o sostituzioni dei personaggi ma non della partitura, e per questo passano il tempo, nel timore che gli “aloni”di ciò che erano, ritornino visibili.

Personalmente, pur avendo cambiato città, per favorire il mio cambiamento, e lasciare le ombre passate non dimenticai mai ciò che ero stato, nè custodii gelosamente qualche segreto. Non feci fatica a raccontare chi ero e da dove venivo alle persone che me lo chiedevano, perché la mia "veste" non era bianca per forza, piuttosto era patchwork, ma se non sbaglio, non fu dopo il primo mancato bersaglio della storia dell'uomo, dopo il primo “peccato” che le persone, al di fuori ormai della protezione delle regole, si scoprirono umane, e dovettero cominciare a perdonare e a perdonarsi?



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