martedì 28 settembre 2010

"la mia casa dov'è?" Ge-Mi storia banale di un gay speciale cap 20



Il mio fidanzato, frequentava la scuola di trucco ormai da mesi, ed io nell'ordine mi ero trasformato in:

  1. l'uomo di Atlantide (applicazioni di protesi in lattice)

  2. uomo di 120 chili (ingrassamento del viso con le polveri)

  3. una donna

  4. la regina delle Aracni.


Ma il colmo lo raggiungemmo quando per l'esame di fine anno mi chiese di sottopormi al calco completo del viso! Non è che il mio fosse talmente bello da immortalarlo su gesso, gliene serviva uno e il mio era gratis, esattamente come altre mie parti anatomiche!

Nei locali della scuola mi spiegarono che sarei stato ricoperto di alginato dentistico fino ai margini delle attaccature, naso, occhi e bocca compresi. Io sospettai di dover respirare col fondo schiena, e obbiettai che non mi ero ancora esercitato a sufficienza, ma l'insegnante mi disse che due simpatiche cannucce avrebbero raggiunto le mie narici consentendomi di respirare per il tempo necessario al materiale di indurirsi. “ Nel tuo caso, non ci vorrà molto” aggiunse Claudio, per mettermi a mio agio. Lo fulminai con lo sguardo, e negoziai la prestazione, come quando da bambino, mia madre mi chiese di farle un favore in pubblico, e io volli 10 pacchetti di figurine!

Mentre mi sdraiavo sul lettino, feci pensieri “ariosi” per vincere l'ansia. L'alginato era gelido e appiccicoso, e mano mano il freddo mi invadeva i lineamenti, mentre sceglievo a cosa pensare nel tempo di posa. E' buio ora, e le labbra sono chiuse, non posso parlare, né vedere, posso solo vedere con la mente! Mi vedevo all'altare, pelata col velo bianco, la mari con i baffi (mica posticci), mi consegnava al futuro marito, e per l'emozione gli viene una bollata(gli scappa la pipì), Claudio vestito di Nero e Cobalto, ha i capelli raccolti e le scarpe col tacco. Ci sono tutti al matrimonio cafone, la mia parte ha due sedie, quella di Claudio, ne ha sessanta per tutti i clienti della Cage, e per i suoi! Suo padre saluta gli invitati che si congratulano, e lui gli dice “speriamo che duri” e gli invitati lo rassicurano, dicendo “ non ci ha mai delusi”. La mia mamma ha i capelli gonfi e una smorfia sul viso, mia nonna invece, è commossa dietro al ventaglio! Procedo sulla navata con i mei rollerblade di pizzo, al suono di “Dancing Queen” degli Abba , mentre mi sembra di conoscerlo, il prete, Roberto La betty, mi consegna il bouquet, un mazzo di carciofi e rovi, mi giro piano verso il mio futuro moglio e lui mi guarda dicendomi “ vorrei darti di più” - “di così?” dico io comprensivo.

Il prete ha la faccia dell'Ingegner Maggi e comincia la formula....io sto per dire “LO VOGLIO “

(che non era proprio una novità) quando sento un urlo “Staccategli la faccia!”

Due mani si insinuano ai lati del mio viso ed una luce abbagliante mi invade, “Sono morta?” - “No, mi dice l'insegnante di Claudio con la mia faccia in mano!

“sai che stavo per sposarti?” dico al mio fidanzato togliendomi i residui di materiale dal viso.

“Sei l'unico che dormiva, mi hai fatto fare una figuraccia” mi rimproverò.

Quel pomeriggio, io Claudio e la mia faccia di lattice, girammo per la zona dei navigli, e notai per la prima volta che a nessuno per strada poteva fregargliene di meno di noi! Fu una sensazione magnifica, perché non aveva a che fare con l'indifferenza, ma con la “normalità”. Tutte quelle facce non vedevano in noi, nient'altro che i soliti “alternativi”, gli stessi già visti altrove!

Il Naviglio era brutto come il Bisagno, ma l'aveva fatto Leonardo! Il Bisagno poveretto, la strada se l'era fatta da solo, e i genovesi ci avevano costruito intorno, inoltre, dal Naviglio arrivarono i marmi del Duomo, mentre dal Bisagno arrivavano solo i sacchi della “rumenta” (spazzatura).

Sul naviglio c'erano le “case di ringhiera”, grandi edifici con ballatoi esterni al posto dei pianerottoli esterni, sul Bisagno c'erano solo le ringhiere abbandonate senza casa! Insomma ogni due case ne sceglievo una dove avrei vissuto, e Claudio rideva divertito! Mi sentivo ispirato, innamorato e nel posto giusto al momento giusto, lì riuscivo ad immaginarmi un futuro, e in quel futuro c'era posto per noi due!

In fondo è questo che significa sentirsi “ a casa”, e poco importa se le fondamenta della propria sono affondate in una città o nell'altra, perché ci sono milioni di fondamenta che aspettano di ospitare la “tua” casa, e tu puoi scegliere dove quel cemento sia più sopportabile!

Comprammo un giornale, per verificare la possibilità di trovare lavoro, e scoprii che molti negozi cercavano personale, e anche questo era incoraggiante!

Bere il caffè alla Pusterla nel quartiere Ticinese, poteva essere esaltante, così come la Rinascente, con i suoi truccatori snob col sopracciglio ad ala di gabbiano e le barbe scolpite con l'aerografo, ti facevano sentire una diva in visita. I giardini segreti di austeri palazzi del centro ospitavano fenicotteri rosa, mentre ricche signore ricevevano proposte da giovani uomini prezzolati, in eleganti caffetterie. Questa Milano, scintillante ospitava anche gente comune, nella via Buenos Aires, gente come noi, a cui offriva un corso dove coltivare le proprie illusioni, ma tutti sapevano di essere in un posto unico, non eguagliabile all'America, ma altrettanto ricco di fermentosa creatività, un luogo, dove apprendere mestieri prestigiosi o semplici, dove potevi aspettarti di essere avvicinato da un talent scout in cerca proprio della tua faccia, o di vedere personaggi celebri, fingere una quotidianità banale, e banali persone quotidiane, interpretare il proprio “giorno perfetto”. Cartelloni pubblicitari grandi come intere facciate, sembravano gridarti “ Ehi! Ma ti rendi conto di dove sei?”,

vetrine scenografiche, ti invitavano a far parte “della scena”, non senza questo o quel capo addosso. Per questo l'uomo ama la città, mi ricordo di aver letto, perché aumenta a dismisura il senso del possibile, e te lo lascia credere alla tua portata. Potete pensare che mi illudessi, e fareste bene, perché l'illusione e il desiderio, erano ciò che cercavo! Pagare gli onerosi affitti di una città come quella, mi pareva poca cosa, quasi un privilegio, per poter respirare il profumo di un eccellenza che allora sentivi emanarsi da ogni suo angolo!

Forse, fu proprio quel giorno che compresi che lasciare Genova, era la cosa giusta da fare, anche se non mi potevo accorgere, che quella scelta avrebbe avuto un prezzo molto alto!

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